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19 Febbraio 2021

Regime agevolato per i “neo residenti”: chiarimenti sui criteri di territorialità

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L’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un’istanza di consulenza giuridica presentata da un’Associazione che rappresenta soggetti che operano in Italia nel settore delprivate banking, ossia in quel settore in cui svolgono la loro attività coloro che si occupano di offrire servizi di investimento finanziari e di consulenza dedicati alla gestione del patrimonio del cliente.

I soggetti che sono rappresentati dall’Associazione istante hanno lamentato l’esistenza di una resistenza da parte dei contribuenti che hanno trasferito la loro residenza in Italia ad affidare in amministrazione o in gestione le attività estere per le quali beneficiano del regime di imposizione sostitutiva previsto per i “neo residenti” dall’articolo 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Questo regime speciale è un regime opzionale che consente a coloro che hanno trasferito la loro residenza in Italia, dopo essere stati residenti all’estero per almeno nove anni negli ultimi dieci periodi d’imposta, di limitare l’imposizione ordinaria ai soli redditi di fonte italiana. Relativamente ai redditi prodotti all’estero, è dovuta un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfettaria nella misura di 100.000 Euro per ciascun periodo d’imposta.

In base a questo particolare regime impositivo, pertanto, è esclusa da imposizione in Italia ogni reddito prodotto all’estero, non trova applicazione l’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all’Estero (IVAFE) e l’Imposta sul Valore degli Immobili detenuti all’Estero (IVIE), non viene applicata l’imposta sulle successioni e le donazioni e si può beneficiare dell’esonero dalla disciplina del monitoraggio fiscale.

I redditi di fonte italiana e le attività esercitate nel nostro territorio, invece, vengono sottoposte alle regole ordinarie e non godono di alcun beneficio.

Secondo l’Associazione istante, questo regime impositivo risulterebbe essere penalizzante per gli intermediari finanziari residenti in Italia o per le stabili organizzazioni italiane di intermediari finanziari non residenti in Italia che intendono offrire servizi di investimento e di intermediazione finanziaria, appunto, a tali i contribuenti “neo residenti”.

Il quesito posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda specificamente i criteri di territorialità da applicare alle imposte sui redditi, all’imposta sulle successioni e donazioni ed all’imposta di bollo, in relazione alle attività finanziarie detenute da persone fisiche che beneficiano di questo regime destinato ai contribuenti “neo residenti”.

In particolare, rispetto a tali criteri di territorialità, l’istante richiede se assuma rilevanza la circostanza che tali attività finanziarie siano oggetto di un contratto di custodia con intermediari finanziari italiani o di un contratto di gestione, amministrazione e consulenza con intermediari italiani, pur essendo depositate all’estero, o di un contratto di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario con compagnie di assicurazioni estere che operano in Italia in regime di libera prestazione di servizi, se la riscossione dei proventi è affidata ad intermediari italiani.

Inoltre, sono stati richiesti chiarimenti all’Agenzia delle Entrate anche riguardo agli obblighi degli intermediari finanziari residenti in Italia ai fini del monitoraggio fiscale e delle comunicazioni all’Anagrafe Tributaria.

L’Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 12 del 18 febbraio 2021, ha, prima di tutto, ricordato il regime previsto all’articolo 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi secondo il quale le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia possono optare per l’imposta sostitutiva dei redditi prodotti all’estero, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia per un tempo di almeno nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione.

L’Agenzia delle Entrate ha, poi, richiamato la disposizione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (articolo 165, comma 2) secondo la quale i redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti per individuare i redditi che si considerano prodotti in Italia, indicati in altra disposizione del TUIR (articolo 23). Quest’ultima disposizione fornisce l’elencazione dei redditi prodotti dai soggetti non residenti in Italia che sono assoggettati a tassazione nel nostro Paese.

In particolare, per quanto riguarda i redditi di capitale ed i redditi diversi di natura finanziaria, si considerano prodotti in Italia e, quindi, sono imponibili nel nostro Paese i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti ed i redditi diversi derivanti da attività svolte in Italia e da beni che si trovano in Italia e le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti in Italia. Però, la disposizione in questione (articolo 23 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) precisa anche che alcune tipologie di redditi di capitale e di redditi diversi di natura finanziaria sono escluse da imposizione anche se prodotte in Italia.

Per i redditi di capitale, l’imponibilità deriva generalmente dalla circostanza che il reddito sia prodotto in Italia, ossia che l’impiego dei capitali dai quali deriva il reddito sia effettuato nel nostro Paese ed è necessario anche che l’effettiva corresponsione dei proventi provenga dallo Stato, da un soggetto residente o da una stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente. Non è sufficiente che tali proventi siano materialmente pagati dai soggetti residenti suddetti, nei casi in cui essi svolgano la funzione di meri incaricati al pagamento.

Dall’altra parte, i redditi di capitale corrisposti da Stati esteri o da soggetti non residenti a soggetti che beneficiano del regime impositivo dei “neo residenti”, previsto all’articolo 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, mantengono la loro natura di redditi di fonte estera. Questi redditi, pertanto, sono soggetti all’imposta sostitutiva sia quando siano riscossi all’estero, sia quando le attività finanziarie estere dalle quali derivano siano oggetto di un contratto di custodia con intermediari italiani o siano oggetto di un contratto di gestione, amministrazione e consulenza con intermediari italiani, pur essendo depositate presso un conto estero, o siano oggetto di un contratto di assicurazione sulla vita a contenuto finanziario stipulato con compagnie di assicurazione estere operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi, anche nel caso in cui la riscossione dei proventi sia affidata ad intermediari italiani.

In riferimento a quest’ultima tipologia contrattuale, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che le imprese di assicurazione estere che operano in regime di libera prestazione di servizi sono tenute al versamento dell’imposta sostitutiva dello 0,45 % sull’ammontare delle riserve matematiche dei rami vita relative a contratti di assicurazione stipulati da soggetti residenti in Italia. L’Agenzia delle Entrate ha precisato che in relazione ai contratti stipulati con i contribuenti “neo residenti” dalle imprese di assicurazione estere che operano in regime di libera prestazione di servizi non è dovuta tale imposta sulle riserve matematiche.

La stessa conclusione vale con riferimento all’imposta sul valore dei contratti assicurativi prevista a carico dei soggetti attraverso i quali sono riscossi i redditi derivanti da contratti di assicurazione esteri e che operano come sostituti d’imposta su incarico del contribuente o della compagnia estera che non si avvale della facoltà di provvedere agli adempimenti di sostituzione tributaria.

Per quanto riguarda i redditi diversi di natura finanziaria, rilevano, come detto, le cessioni di partecipazioni in società residenti in Italia, a prescindere dalla circostanza che i titoli o i diritti rappresentativi della partecipazione si trovino in Italia. Per i titoli rappresentativi di una partecipazione in società non residenti in Italia, invece, per stabilire il regime impositivo, occorre verificare se si trovino nel territorio italiano o meno. Sono, pertanto, rilevanti soltanto le cessioni di partecipazioni in società non residenti in Italia qualora i titoli rappresentativi della partecipazione si trovino nel territorio italiano.

In caso di titoli privi di natura partecipativa, sono imponibili in Italia le plusvalenze derivanti dalla cessione o dal rimborso dei titoli anche se emessi all’estero, se la cessione o il rimborso riguardano titoli che si trovano nel territorio italiano.

Pertanto, i redditi diversi realizzati dai contribuenti “neo residenti” a seguito della cessione di attività finanziarie detenute in Italia sono imponibili in Italia.

La conclusione è che, affinché le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società estere o di titoli non aventi natura partecipativa, da parte di soggetti “neo residenti”, possano rientrare nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, è necessario che queste attività non siano detenute in un conto di deposito presso un intermediario italiano.

La natura di fonte estera non viene meno, invece, ha precisato ulteriormente l’Agenzia delle Entrate, quando vi sia la stipula di un contratto di prestazione di servizi con un intermediario italiano avente ad oggetto la gestione individuale del portafoglio, in cui l’intermediario italiano riceve mandato di gestione discrezionale delle attività finanziarie detenute all’estero, oppure quando vi sia la stipula di un contratto di amministrazione delle attività finanziarie dove l’intermediario italiano amministra le attività depositate all’estero seguendo le indicazioni del cliente e senza alcun potere discrezionale, oppure ancora quando vi sia la stipula di un contratto di consulenza finanziaria dove l’intermediario italiano offre un’attività di consulenza e di monitoraggio degli investimenti senza alcun potere di movimentare direttamente le attività.

Riguardo agli obblighi di monitoraggio fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che la Legge di Bilancio per il 2017 prevede espressamente che i soggetti che esercitano l’opzione per il regime impositivo in questione, per tutti i periodi d’imposta di validità dell’opzione stessa, non sono tenuti agli obblighi di compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi. Restano comunque dovute le comunicazioni da parte degli intermediari in relazione a eventuali trasferimenti e le comunicazioni all’Archivio dei Rapporti Finanziari.

In caso di opzione per il regime destinato ai “neo residenti”, inoltre, è previsto espressamente, sempre nella Legge di Bilancio per il 2017, che le attività detenute all’estero siano esenti dall’IVIE e dall’IVAFE.

L’imposta di bollo trova, invece, applicazione in quanto non è prevista alcuna disposizione di esenzione.

Con riferimento all’imposta sulle donazioni e successioni, la Legge di Bilancio per il 2017 prevede che, per le successioni aperte e le donazioni effettuate nei periodi d’imposta di validità dell’opzione esercitata dal dante causa in base a quanto stabilito all’articolo 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, l’imposta sulle successioni e donazioni è dovuta limitatamente ai beni ed ai diritti esistenti nello Stato italiano al momento della successione o della donazione.

Viene così applicata una deroga alla regola secondo la quale l’imposta sulle successioni e donazioni è dovuta in relazione a tutti i beni ed i diritti trasferiti, anche se esistenti all’estero, se il donante o il de cuius è residente in Italia.

Si considerano in ogni caso esistenti in Italia: le azioni e le quote delle società e le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio italiano la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale; le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti con le caratteristiche suddette; i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato italiano; i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente in Italia; i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato italiano fino a concorrenza del valore degli stessi beni, indipendentemente dalla residenza del debitore.

L’Agenzia delle Entrate ha, in conclusione, affermato che, ai fini dei criteri di territorialità dei diritti oggetto del quesito posto dall’Associazione istante, prevale il criterio speciale e, quindi, non rileva che le attività finanziarie siano oggetto di un contratto di deposito titoli e strumenti finanziari tra il soggetto che ha optato per il regime dei “neo residenti” e l’intermediario finanziario residente in Italia o un intermediario estero con stabile organizzazione in Italia.

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