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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Le immobilizzazioni materiali Le immobilizzazioni materiali Definizione delle stesse ed enunciazione dei principi contabili per la loro rilevazione valutazione e rappresentazione in bilancio | F. Contributi in conto capitale commisurati al costo di immobilizzazioni materiali

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F.I) DEFINIZIONE

Ai fini di questo documento, per contributi in conto capitale si intendono le somme erogate dallo Stato e da altri enti ad imprese per la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, alla riattivazione ed all’ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati al costo delle medesime.

Trattasi di contributi per i quali di solito l’impresa che ne beneficia ha il vincolo a non distogliere dall’uso previsto per un determinato tempo, stabilito dalle leggi che li concedono, le immobilizzazioni materiali cui essi si riferiscono. Nel caso in cui tali contributi fossero soggetti ad altri vincoli, i principi contabili trattati nei paragrafi successivi devono essere adattati per tenerne conto.

F.II) CONTABILIZZAZIONE

F.II.a) I contributi in conto capitale (detti anche a fondo perduto) commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali possono essere iscritti in base a due criteri di valutazione, che hanno a fondamento altrettante teorie. La prima teoria accredita al conto economico il contributo gradatamente sulla vita utile dei cespiti [1]; la seconda considera il contributo parte integrante del patrimonio netto. Il primo criterio di valutazione può essere applicato con due metodi di contabilizzazione, ambedue ritenuti corretti: con il primo metodo i contributi, imputati al conto economico tra gli «Altri ricavi e proventi» (voce A.5), vengono rinviati per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione di risconti passivi; con il secondo metodo i contributi vengono portati a riduzione del costo dei cespiti a cui essi si riferiscono. Con il primo metodo, quindi, sono imputati al conto economico ammortamenti calcolati sul costo lordo dei cespiti ed altri ricavi e proventi per la quota di contributo di competenza dell’esercizio; con il secondo, invece, sono imputati al conto economico solo ammortamenti determinati sul costo netto del cespite. Il primo metodo di contabilizzazione consente una più chiara rappresentazione della situazione patrimoniale e del risultato economico.

Il secondo criterio di valutazione viene attuato iscrivendo il contributo in una riserva ben distinta tra le voci di patrimonio netto. Quest’ ultima impostazione rientra in quella consentita dall’attuale legislazione fiscale al fine di ottenere il beneficio fiscale della sospensione di tassazione del 50 per cento del contributo ricevuto e beneficiare nel contempo dell’ammortamento sul costo pieno del cespite cui il contributo si riferisce.

F.II.b) La prima teoria, che ritiene i predetti contributi una riduzione del costo, si fonda sulle seguenti ragioni:

– i contributi si riferiscono e sono commisurati al costo dei cespiti e, in quanto, tali devono partecipare, direttamente o indirettamente, alla formazione del reddito dell’esercizio nel rispetto del criterio di competenza economica;

– i contributi vengono concessi per sviluppare investimenti in zone di difficoltà operative, difficoltà che solitamente restano presenti per un numero rilevante di anni; pertanto, essi devono restare legati all’impresa per parecchio tempo. Le difficoltà operative si concretizzano per un lungo periodo di tempo in un aggravio di costi a compenso dei quali va rilevato un minor costo di ammortamento;

– i contributi in conto capitale non costituiscono un contributo degli azionisti. Il beneficio del contributo deriverà agli azionisti dall’attività operativa dell’impresa mediante addebito di minori costi al conto economico.

L’iscrizione del contributo tra le passività in un’apposita voce dei risconti passivi, da ridursi ogni periodo con accredito al conto economico, lascia inalterato il costo, ma produce gli stessi effetti sull’utile dell’esercizio e sul patrimonio netto della contabilizzazione come riduzione del costo. Tale metodo di contabilizzazione è da ritenersi il preferito e trova giustificazione nel fatto che il contributo viene assimilato ad un ricavo differito, che va accreditato a conto economico sulla durata della vita utile del cespite cui si riferisce. La seconda teoria, invece, considera i contributi come contributi in conto capitale ricevuti da terzi (sebbene non dagli azionisti) e per i quali non è prevista una successiva restituzione (salvo i casi di inadempimento di eventuali clausole previste nella concessione del contributo). Pertanto, come tali, essi vanno inclusi tra le voci di patrimonio netto, sebbene separatamente in un’apposita riserva.

F.II.c) I contributi in conto capitale sono iscrivibili in bilancio al momento in cui esiste una delibera formale di erogazione da parte dell’ente, ossia dopo che è venuto meno ogni eventuale vincolo alla loro riscossione e l’impresa ne abbia ricevuto comunicazione scritta. La delibera segue normalmente l’accertamento dell’ente stesso dei lavori eseguiti e dell’adempimento di tutte le clausole cui è soggetta l’erogazione.

F.II.d) L’accredito in unica soluzione al conto economico dei contributi in conto capitale è in contrasto con le finalità ed i postulati del bilancio d’esercizio e con le teorie che ne determinano la contabilizzazione (riduzione del costo o voce di patrimonio netto).

F.II.e) Se i contributi vengono trattati come riduzione del costo, l’ammortamento si calcola sui valori netti [2]. Se, viceversa, i contributi vengono trattati come voci di patrimonio netto, l’ammortamento sui cespiti si calcola sul loro valore al lordo dei contributi [3].

Se i contributi in conto capitale vengono considerati voce di patrimonio netto, occorre tener conto delle imposte differite [4]. Infatti, le imposte dell’esercizio non devono essere calcolate sul reddito imponibile, bensì nel rispetto del criterio di competenza economica. Pertanto, tra le voci di patrimonio netto va iscritto l’importo del contributo al netto delle imposte.

F.II.f) Riguardo la sospensione della tassazione dei contributi, come già accennato, la normativa fiscale prevede che essi concorrano a formare il reddito in quote costanti nell’esercizio in cui sono stati incassati e nei successivi, ma non oltre il nono; tuttavia, il loro ammontare, nel limite del 50% e se accantonato in apposita riserva, concorre a formare il reddito nell’esercizio e nella misura in cui la riserva sia utilizzata per scopi diversi dalla copertura di perdite dell’esercizio o i beni ricevuti siano destinati all’uso personale o familiare dell’imprenditore, assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

Nel caso di contributi che hanno la suddetta condizione sospensiva di tassabilità, è accettabile non stanziare le imposte sul 50% del contributo se l’impresa ritiene che la riserva non verrà utilizzata e, pertanto, il pagamento delle imposte verrà differito indefinitamente. In tal caso, tale considerazione deve risultare dalla nota integrativa.

F.III) RAPPRESENTAZIONE IN BILANCIO E NOTA INTEGRATIVA

F.III.a) Se i contributi vengono accreditati al conto economico gradatamente in relazione alla residua possibilità di utilizzazione dei cespiti cui si riferiscono, essi sono esposti in bilancio come minor valore di tali cespiti, ovvero in una voce del passivo tra i risconti. Se, viceversa, i contributi vengono considerati come parte del patrimonio netto, essi devono essere esposti separatamente tra tali conti, distinguendo la quota di contributo in sospensione d’imposta da quella soggetta ad imposizione differita.

F.III.b) Le informazioni da fornire nella nota integrativa sono:

– l’ammontare delle richieste di contributo in corso, se di ammontare significativo;

– i contributi ricevuti ed il metodo di contabilizzazione. Se contabilizzati come riduzione del costo vanno evidenziati il costo lordo ed il contributo;

– le restrizioni o i vincoli al libero uso dei cespiti che tali contributi comportano. Se le clausole di concessione del contributo indicano che l’inosservanza delle clausole che prevedono restrizioni o vincoli comporta la possibilità per l’ente erogatore del richiamo del contributo, tale fatto deve essere chiaramente indicato nella nota integrativa;

– le informazioni sulla metodologia di calcolo delle imposte differite, il loro impatto sul risultato dell’esercizio e sullo stato patrimoniale (passività per imposte differite, iscritte nella voce B.2., «Fondo Imposte»);

– nel caso in cui il contributo venga iscritto direttamente tra le voci di patrimonio netto, è necessario indicare l’importo del contributo corrispondente all’ammontare dei cespiti non ancora ammortizzati alla data di bilancio. Esso rappresenta la quota che non sarebbe ancora stata accreditata al conto economico se l’impresa avesse riconosciuto il contributo gradatamente sulla vita utile del cespite contabilizzandolo a riduzione del costo, ovvero tra le passività nei risconti passivi, da stornarsi con accredito graduale al conto economico. Per differenza tra il contributo totale (al netto delle relative imposte) e il predetto ammontare, si potrà ricavare l’importo che sarebbe già stato accreditato al conto economico tramite il predetto trattamento contabile.

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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