La Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 24957 del 10 dicembre 2015, ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che aveva impugnato la pronuncia di secondo grado con la quale era stato confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di una società a responsabilità limitata, per l’Iva e l’Irap, fondato sull’applicazione degli studi di settore.
La Suprema Corte, nella sua decisione, ha espressamente riconosciuto che il provvedimento impositivo dell’Amministrazione finanziaria non aveva rispettato la normativa in materia.
Infatti, se da una parte, era una circostanza non controversa che la società contribuente aveva, in sede di contraddittorio amministrativo, presentato delle giustificazioni specifiche riguardo all’inapplicabilità dello studio di settore, dall’altra, la motivazione dell’avviso di accertamento non poteva limitarsi, come avvenuto nel caso specifico, a sostenere l’inidoneità della documentazione prodotta dalla contribuente.
L’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto fornire la dimostrazione dell’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento, ancor più considerando che la contribuente aveva fornito dei rilievi ed aveva prospettato dei dati in contrasto con i presupposti dell’accertamento.
Secondo la Cassazione, quindi, dal momento che il provvedimento impositivo non aveva rispettato questi principi, i Giudici di secondo grado avevano correttamente ritenuto contraddittoria la motivazione del provvedimento medesimo ed avevano, pertanto, concluso correttamente per l’illegittimità di esso.