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2 Ottobre 2015

L’accertamento basato sulla percentuale di ricarico può riguardare soltanto una parte dei beni

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 19616 del 1° ottobre 2015, si è pronunciata riguardo ad un atto di accertamento che era stato notificato dall’Amministrazione finanziaria ad una società a responsabilità limitata operante nel commercio all’ingrosso di prodotti di maglieria ed altri capi di abbigliamento.

La contribuente contestava che la verifica era stata effettuata senza calcolare correttamente la percentuale di ricarico. Ci si era basati, infatti, soltanto su una parte dei beni commercializzati, senza tener conto né delle vendite promozionali, né delle vendite a stock, né della non omogeneità delle merci.

La contribuente aveva proposto appello verso la sentenza di primo grado a lei sfavorevole, ma anche la Commissione Tributaria Regionale aveva confermato l’atto con il quale erano state accertate una maggiore Iva ed una maggiore Irap a carico della società.

Secondo la CTR, infatti, la verifica era stata compiuta tenendo conto della disomogeneità dei beni e dell’incidenza di ciascuna categoria di essi sul volume degli affari, dei resi e degli sconti commerciali praticati. Inoltre, la ricostruzione del volume d’affari era stata correttamente effettuata in base alla contabilità di magazzino, prendendo in considerazione soltanto i prodotti che, nel corso dell’anno oggetto di accertamento, erano stati acquistati o venduti (escludendo i prodotti che erano stati acquistati nell’anno, ma non venduti, ed i prodotti venduti, ma non acquistati nell’anno).

Il metodo di calcolo non era di per sé sfavorevole per la contribuente e non riguardava una sola parte dei beni, come sostenuto dalla contribuente medesima. Si basava, infatti, sulla completezza della rilevazione, anche se non sulla generalità dei beni. I beni che non erano stati presi in considerazione avevano presumibilmente una scarsa incidenza sul volume d’affari, considerando anche la velocità di commercializzazione nel settore del commercio all’ingrosso nel quale operava la società contribuente.

La Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale. Tra le considerazioni alla base della decisione della Cassazione, vi è quella secondo la quale la CTR ha correttamente riconosciuto la legittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria, considerando che l’accertamento analitico induttivo è giustificato anche da gravi incongruenze tra ricavi e corrispettivi dichiarati e ricavi e corrispettivi fondatamente desumibili dalle circostanze e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta dal contribuente. Alla base dell’accertamento vi può essere, quindi, l’abnormità e l’irragionevolezza della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella desunta dal controllo effettuato tramite acquisizione a campione dei beni più rappresentativi.

La Corte di Cassazione ha, pertanto, respinto il ricorso della contribuente, confermando la legittimità dell’atto di accertamento.

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