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13 Ottobre 2017

Credito d’imposta per ricerca e sviluppo: chiarimenti per il campo delle biotecnologie e non solo

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L’Agenzia delle Entrate, in risposta ad una richiesta di consulenza giuridica, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicazione del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo. Lo ha fatto nella Risoluzione n. 122 del 10 ottobre 2017.

La richiesta di consulenza giuridica è stata presentata da un’associazione che rappresenta le imprese ed i parchi tecnologici e scientifici che operano in Italia nei diversi settori delle scienze della vita, promuovendo lo sviluppo e la tutela delle biotecnologie. I chiarimenti richiesti riguardano, in particolare, la corretta individuazione delle attività di ricerca per le quali può essere riconosciuta l’agevolazione e l’ammissibilità di alcune tipologie di investimenti.

Ricordiamo che l’agevolazione in questione consiste in un credito d’imposta per le imprese che effettuano degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo nella misura pari al 25 % delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media degli stessi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2015.

Con il Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze emanato, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, il 27 maggio 2015, sono state definite le modalità di attuazione dell’agevolazione. Con la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5 del 16 marzo 2016, inoltre, sono stati forniti i primi chiarimenti in materia.

Con la Legge di Bilancio per il 2017 sono state introdotte, poi, alcune modifiche alla disciplina del credito d’imposta. In particolare, è stato prorogato di un anno il periodo durante il quale possono essere effettuati gli investimenti ammissibili ed è stato ampliato l’ambito di applicazione dell’agevolazione, mediante la previsione di un’unica aliquota del credito d’imposta, pari al 50 %, per tutte le tipologie di investimenti effettuati; l’ammissibilità delle spese per tutto il personale impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo e non soltanto per il personale altamente qualificato; l’incremento a 20 milioni di Euro dell’importo massimo annuale del credito d’imposta spettante a ciascun beneficiario.

Anche alla luce di tali recenti novità normative, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti nella Circolare n. 13 del 27 aprile 2017.

Per quanto riguarda le tipologie di attività di ricerca e sviluppo che possono essere oggetto del credito d’imposta, l’Agenzia delle Entrate si è occupata, in particolare, degli studi clinici non interventistici, solo osservazionali, e degli studi clinici di fase IV.

I primi studi clinici sono definiti come gli studi centrati su problemi o patologie nel cui ambito i medicinali sono prescritti in modo consueto secondo le condizioni fissate dall’autorizzazione che ha permesso l’immissione in commercio del medicinale. Secondo quanto precisato dall’istante, anche per questi studi è necessario elaborare un protocollo di ricerca, così come è necessario che l’avvio dello studio osservazionale sia comunicato al comitato etico locale affinché intervenga l’approvazione formale o semplicemente la presa d’atto, a seconda delle tipologia di studio.

Gli studi clinici di fase IV sono gli studi post-registrativi, ossia svolti successivamente all’immissione in commercio di un farmaco. Si tratta di studi che possono essere intrapresi su iniziativa delle case farmaceutiche o possono essere anche richiesti dalle autorità regolatrici.

L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che i primi tipi di studi sono sempre ammissibili in relazione al credito d’imposta per ricerca e sviluppo, mentre i secondi tipi di studi clinici sono riconducibili alle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta limitatamente agli studi di natura medico-scientifica.

Riguardo alla tipologia di investimenti ammissibili, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non è ammissibile la spesa per l’acquisto di semplici materiali o componenti già disponibili sul mercato, anche se impiegati per la realizzazione di prototipi. Sono, invece, ammissibili le quote di ammortamento di tutti i beni materiali ammortizzabili il cui impiego sia indispensabile per la realizzazione del prototipo e, quindi, non soltanto degli strumenti e delle attrezzature di laboratorio in senso stretto.

L’Agenzia delle Entrate, inoltre, ha affermato che i costi per lavorazioni esterne che non siano qualificabili come “ricerca commissionata a terzi” o che non portino ad un risultato o ad un prodotto innovativo, ma che siano strumentali alla realizzazione del prototipo o dei componenti di esso possono ritenersi ammissibili. Qualora questi costi di esternalizzazione riguardino attività di ricerca e sviluppo o portino ad un risultato o ad un prodotto innovativo rientreranno nella ricerca commissionata e, quindi, saranno di per sé ammissibili all’agevolazione.

Per quanto riguarda i contratti di sviluppo sperimentale sui prototipi, essi, secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate, rientrano tra i contratti di ricerca extra-muros ammissibili all’agevolazione. Qualora i costi di esternalizzazione necessari ai fini dell’attività di ricerca e sviluppo non presentino carattere di innovazione, invece, si tratterà di spese rientranti nella categoria prevista dall’articolo 3, comma 6, lettera d).

L’Agenzia delle Entrate ha, altresì, chiarito che i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da personale non altamente qualificato, sia pur dotato di specifiche competenze tecniche, che agisce in totale autonomia di mezzi e di organizzazione, possono essere considerati come ammissibili ai sensi dell’articolo 3, comma 6, lettera d), a meno che non ricorrano i presupposti per qualificare la prestazione svolta come attività di “ricerca commissionata” ai sensi dell’articolo 3, comma 6, lettera c). Dall’inquadramento in una tipologia di costo o in un’altra deriveranno diversi oneri documentali a carico del beneficiario dell’agevolazione.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che il costo per il personale altamente qualificato assunto con contratto di apprendistato, qualora l’apporto fornito da tale personale sia direttamente connesso allo svolgimento dell’attività di ricerca e sviluppo destinataria dell’agevolazione, possa rientrare nell’ambito dei costi ammissibili previsti dall’articolo 3, comma 6, lettera a).

Per quanto riguarda i costi per le consulenze regolatorie (ossia l’insieme delle attività connesse e propedeutiche all’immissione sul mercato di un farmaco e/o alla brevettabilità di quel farmaco e/o di un processo), l’Agenzia delle Entrate ha precisato che devono ritenersi ammissibili le spese per consulenze regolatorie finalizzate alla definizione delle caratteristiche scientifiche e del disegno di uno studio clinico, mentre non possono essere considerate ammissibili al credito d’imposta le spese per attività regolatorie che siano finalizzate alla preparazione della documentazione per l’ottenimento delle autorizzazioni ad eseguire lo studio. Più in generale, non sono ammissibili i costi per attività di natura meramente burocratica o assimilabili a lavori amministrativi e legali necessari per richiedere brevetti e licenze.

Con riferimento ai “fees”, ossia ai corrispettivi richiesti dalle autorità preposte per l’esame della richiesta di commercializzazione di nuovi prodotti o per la prosecuzione della vendita di tali prodotti negli Stati dell’Unione Europea o negli Stati extra-europei, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto come ammissibili i “fees” finalizzati agli studi clinici, ma non ammissibili i “fees” riconducibili ad adempimenti amministrativi.

Per quanto riguarda i costi per ricerca commissionata a terzi, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che non sono ammissibili i costi sostenuti in base a contratti stipulati con società che direttamente o indirettamente controllano l’impresa o che sono controllate da essa o che sono controllate dalla società che controlla l’impresa. La normativa, infatti, fa riferimento all’attività di ricerca commissionata a terzi e non alla ricerca commissionata tra società dello stesso gruppo.

L’Agenzia delle Entrate, infine, ha affermato che non vi è alcun riscontro nella normativa di riferimento riguardo all’ammissibilità dei costi di assicurazione.

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