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10 Aprile 2015

Non deducibili e non detraibili i costi per servizi di contabilità esorbitanti e ampiamente eccedenti i valori di mercato

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 6972 dell’8 aprile 2015, si è pronunciata riguardo alla legittimità di un avviso di accertamento, emesso nei confronti di una società per azioni, ai fini Irpeg, Irap ed Iva, con il quale venivano recuperati a tassazione alcuni costi ritenuti non deducibili.

La Commissione Tributaria Provinciale ha dato ragione alla società contribuente.

L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate è stato, in parte, accolto dalla Commissione Tributaria Regionale. I Giudici di secondo grado, infatti, ritenevano fiscalmente non deducibili ed indetraibili alcuni costi minori, mentre confermavano la deducibilità, ai fini delle imposte dirette, e la detraibilità, ai fini dell’Iva, delle spese per i servizi di contabilità di importo rilevante.

L’Agenzia delle Entrate ha, quindi, impugnato la pronuncia della CTR dinanzi alla Cassazione. In particolare, in sede di impugnazione in Cassazione, l’Agenzia ha sostenuto che la Commissione Tributaria Regionale abbia erroneamente ritenuto deducibili i costi relativi ai servizi di contabilità, nonostante di importo esorbitante ed ampiamente eccedente il valore normale di mercato.

La Corte di Cassazione ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate. La Cassazione ha ricordato che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’onere della prova dei presupposti dei costi ed oneri deducibili, che concorrono alla determinazione del reddito d’impresa, compresa la loro inerenza e la loro diretta imputazione ad attività produttive di ricavi, incombe sul contribuente.

Il contribuente deve anche dimostrare la coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività d’impresa, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti la congruità dei dati relativi ai costi ed ai ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni. In mancanza di tale prova, è legittima la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.

La Cassazione ha messo in evidenza alcune considerazioni alla base dell’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, l’Amministrazione finanziaria aveva rilevato che il costo, per i servizi di contabilità, dedotto dalla società contribuente era del tutto spropositato rispetto ai valori di normali di mercato, ossia ai corrispettivi praticati da un qualsiasi consulente contabile.

Inoltre, il servizio di contabilità risultava, in realtà, svolto dalla stessa società destinataria dell’avviso di accertamento, mediante una propria dipendente, e non dalla società controllante, che aveva emesso fattura. Infine, il contratto di prestazioni di servizi, che sarebbe stato alla base dei costi dedotti in contabilità, risultava avere un oggetto ben diverso dai servizi contabili.

La conclusione espressa dalla Corte di Cassazione è che, quindi, tali elementi inequivocabili e concordanti, offerti dall’Amministrazione finanziaria e non contraddetti da significativi elementi di prova contraria da parte della contribuente, hanno un valore tale da evidenziare che la contribuente medesima ha portato in deduzione un costo oggettivamente inesistente, non inerente all’attività di impresa e non correlato alla produzione del reddito.

L’Agenzia delle Entrate ha anche contestato la circostanza che la Commissione Tributaria Regionale abbia riconosciuto la detraibilità del’Iva relativa ad un’operazione da ritenersi oggettivamente inesistente.

La Cassazione ha, anche sotto questo aspetto, dato ragione all’Agenzia delle Entrate. In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell’Iva non può essere riconosciuto sulla base del solo fatto dell’avvenuto versamento dell’imposta indicata in fattura. E’ necessario, infatti, che l’operazione sia anche inerente all’impresa e, nel caso di pagamento dell’Iva per un’operazione inesistente, il requisito dell’inerenza dell’operazione è sicuramente mancante.

Ancora, il diritto alla detrazione dell’Iva deve essere escluso, se l’Amministrazione finanziaria dimostra l’antieconomicità manifesta e macroscopica dell’operazione. Il diritto alla detrazione dell’Iva non avrebbe dovuto essere riconosciuto, una volta constatato il valore molto elevato e non conforme alle tariffe ufficiali dei consulenti contabili della prestazione di servizi, ed in presenza degli altri elementi presuntivi indicati dall’Amministrazione finanziaria, non smentiti da prova contraria fornita dalla contribuente.

Pertanto, anche tale motivo di impugnazione è stato accolto dalla Corte di Cassazione, che, decidendo anche nel merito, ha rigettato il ricorso introduttivo presentato dalla società contribuente.

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