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22 Maggio 2015

La rettifica del reddito è accompagnata da una presunzione di legittimità se il comportamento del contribuente è antieconomico

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 9722 del 13 maggio 2015, si è pronunciata riguardo ad una decisione della Commissione Tributaria Regionale con la quale era stato respinto il ricorso proposto dai contribuenti contro un avviso di accertamento, con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva disposto la rettifica, ai fini Irap ed Iva, del reddito di una società in accomandita semplice e, di conseguenza, del reddito da partecipazione dei soci.

L’accertamento induttivo posto in essere dall’Amministrazione finanziaria era, secondo i Giudici di secondo grado, pienamente giustificato, in quanto risultava inattendibile la percentuale di ricarico applicata dalla società, neppure sufficiente a remunerare il capitale impiegato nell’attività, che era stata in passivo per diverse annualità.

La Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia di secondo grado, dando, quindi, ragione all’Agenzia delle Entrate. In particolare, la Corte ha rilevato che i Giudici d’appello avevano correttamente evidenziato che l’accertamento era fondato su fatti concreti verificatisi nell’anno oggetto di accertamento e negli anni precedenti, come le anomali giacenze di magazzino e la circostanza che la società contribuente aveva riportato costantemente una redditività negativa dal 1999 al 2002.

La Corte di Cassazione ha ricordato che, secondo un proprio orientamento consolidato, l’accertamento induttivo del reddito è consentito, anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilità possa essere considerata complessivamente inattendibile, in quanto confliggente con le regole fondamentali di ragionevolezza.

In particolare, la Cassazione ha rilevato che l’atto di rettifica, che sia stato sufficientemente motivato dall’Amministrazione finanziaria, con la specifica degli indici di inattendibilità dei dati relativi ad alcune poste di bilancio e la dimostrazione della loro astratta idoneità a rappresentare una capacità contributiva non dichiarata, è assistito da una presunzione di legittimità riguardo all’operato di coloro che hanno posto in essere l’accertamento.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto condivisibili i rilievi dell’Amministrazione finanziaria sull’antieconomicità della gestione della società, in particolare sulla base della percentuale di ricarico applicata, che aveva determinato delle perdite o dei guadagni minimi negli anni precedenti a quello oggetto di accertamento ed una minima redditività anche per l’annualità oggetto di accertamento. I Giudici di appello avevano, quindi, ravvisato l’esistenza di quella “grave incongruenza” idonea a fondare l’accertamento induttivo, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare.

La Corte di Cassazione ha, infine, affermato, come già fatto in precedenza, che nel giudizio tributario, una volta contestata dall’erario l’antieconomicità del comportamento posto in essere dal contribuente, incombe su quest’ultimo l’onere di fornire, in merito, le necessarie spiegazioni. In difetto, sarà pienamente legittimo l’accertamento induttivo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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