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30 Ottobre 2015

Sono irregolari le fatture con indicazione generica dell’oggetto della prestazione

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 21980 del 28 ottobre 2015, ha confermato l’irrogazione delle sanzioni per l’irregolare compilazione di alcune fatture emesse dalla società contribuente nei confronti di altra società.

In particolare, nelle fatture emesse dalla contribuente era stata inserita un’indicazione generica dell’oggetto: “servizi professionali, magazzinaggio, trasporto, tenuta contabile, marketing e promozione vendite”.

In primo e secondo grado veniva data ragione alla società contribuente. Secondo la Commissione Tributaria Regionale, si doveva sì rilevare l’estrema genericità ed ampiezza della casistica relativa alle prestazioni effettuate, ma, trattandosi di una collaborazione che andava avanti da molti anni, la descrizione generica poteva essere accettabile, in quanto poteva effettivamente ricomprendere le diverse prestazioni effettuate.

La Cassazione, come anticipato, ha, invece, ritenuto fondate le contestazioni mosse dall’Agenzia delle Entrate riguardo alla irregolarità delle fatture emesse dalla contribuente.

La Cassazione ha ricordato che le prescrizioni previste dalla legge riguardo al contenuto delle fatture rispondono alla finalità della trasparenza e della conoscibilità, in quanto permettono di espletare le attività di controllo e di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria e consentono l’esatta e precisa identificazione dell’oggetto della prestazione.

Un’indicazione generica dell’operazione fatturata non soddisfa le finalità che la norma intende assicurare. In particolare, nel caso specifico, l’indicazione era estremamente generica, in quanto erano incorporate in un’unica descrizione attività molto diverse l’una dall’altra sotto il profilo del contenuto. Si spaziava, infatti, da attività materiali (trasporto e magazzinaggio) ad attività d’ordine (tenuta contabilità), da attività a più alto contenuto di professionalità (promozione vendite) ad attività del tutto generiche (servizi professionali e marketing).

Il fatto che le parti interessate fossero in relazione d’affari da molti anni non era circostanza rilevante.

La Corte di Cassazione ha, quindi, accolto le ragioni dell’Agenzia delle Entrate ed ha definitivamente respinto il ricorso introduttivo proposto dalla contribuente.

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