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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Introduzione dell Euro quale moneta di conto Adozione dellA a a euro quale moneta di conto e conversione del capitale sociale |

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6. Conversione della lira e delle altre valute aderenti nellâ??euro

La conversione degli importi in euro è disciplinata dagli articoli 4 e 5, Regolamento (CE) n. 1103/97 del 17 giugno 1997 e dagli articoli 3 e 4, comma 1, D. lgs. 213/1998, cit. Tali norme hanno soprattutto lo scopo di disciplinare gli arrotondamenti; esse evitano che nei calcoli intermedi, in cui si utilizzano importi modesti espressi in lire, tali arrotondamenti causino eccessivi scostamenti percentuali. Infatti la necessità di precisione è tanto maggiore quanto più basso è lâ??importo espresso in lire, soprattutto se tale importo non debba essere autonomamente contabilizzato o pagato, bensì utilizzato nellâ??ambito di un processo di calcolo più ampio.

Si ricorda che il tasso fisso ed irreversibile di conversione fra la lira e le altre nove monete e lâ??euro è stato stabilito il 31.12.1998: per la lira è 1936,27. Le altre nove monete sono lâ??escudo portoghese, il fiorino olandese, il franco belga-lussemburghese, il franco francese, il marco finlandese, il marco tedesco, la peseta spagnola, lo scellino austriaco e la sterlina irlandese. Queste monete, più la lira, sono denominate valute aderenti.

Limitatamente ai calcoli intermedi, la conversione dalla lira allâ??euro, per tutti gli strumenti giuridici diversi dalle norme vigenti, si ottiene dividendo lâ??importo in lire per il relativo tasso; la conversione della lira in altra moneta aderente si ottiene moltiplicando il risultato della precedente divisione per il tasso di conversione “altra moneta / euro” (art. 3, D. lgs. 213). Per calcolo intermedio sâ??intende quello al quale deve essere sottoposto un importo prima di essere pagato o contabilizzato.

Nel caso di conversione di valori espressi in unità, decine, centinaia o migliaia di lire, per evitare eccessivi arrotondamenti per eccesso o per difetto, dovranno essere utilizzati – rispettivamente – cinque, quattro, tre e due decimali di euro. Tuttavia, se la conversione deve avvenire da unâ??unità monetaria nazionale (per es. il marco) ad unâ??altra unità monetaria nazionale (per es., la lira), occorre innanzitutto convertire la prima in euro, utilizzando comunque non meno di tre decimali, e quindi convertire lâ??euro nella seconda moneta.

Con riferimento, invece, ad importi destinati ad essere autonomamente pagati o contabilizzati, devono essere utilizzati nelle conversioni non oltre due decimali di euro. Il millesimo di euro, infatti, viene eliminato mediante arrotondamenti al cent più vicino o, se è 5, al cent superiore.

I tassi di conversione moneta nazionale / euro devono essere utilizzati con almeno sei cifre significative senza possibilità di arrotondarle o troncarle.

Non possono essere utilizzati metodi di calcolo alternativi, se non producono gli stessi esatti risultati.

7. Redazione della contabilità e del bilancio in euro

La tenuta della contabilità in euro, anziché in lire, è consentita a partire dallâ??1.1.1999 ed è obbligatoria dallâ??1.1.2002: ciò con effetti civili e tributari. Se unâ??impresa in una qualsiasi data adotta lâ??euro quale moneta di conto, ancorché solo in misura prevalente, a partire da quella data lâ??art. 16, D. lgs. cit., consente a quellâ??impresa di redigere e pubblicare il bilancio soltanto in euro, anche se il bilancio stesso si riferisce allâ??esercizio precedente quando la contabilità era tenuta in lire; la suddetta data deve precedere la delibera del consiglio di amministrazione che approva la bozza di bilancio dellâ??esercizio precedente. Solo se a questa data-limite lâ??impresa utilizzasse in prevalenza la lira quale moneta di conto, essa sarebbe tenuta a redigere e pubblicare il bilancio di quellâ??esercizio ancora in lire.

Il concetto di “prevalenza” nellâ??utilizzo di una moneta per la rilevazione delle operazioni di gestione è insito in quello di “moneta di conto” ed espressamente contenuto nelle definizioni ex art. 1, lett. o), oltre che essere richiamato dalla relazione illustrativa al decreto legislativo sub art. 16.

Le imprese possono comunque pubblicare i loro bilanci sia in lire, sia in euro ai sensi dallâ??art. 2435, co. 2, cod. civ. (modificato dallâ??art. 4, co. 4, D. lgs. cit.). I dati comparativi, originariamente espressi in lire, sono convertiti in euro applicando il tasso fisso di conversione.

Lo stato patrimoniale e il conto economico dei bilanci redatti in euro saranno espressi solo unità di euro, senza frazioni decimali, mentre la nota integrativa può essere redatta in migliaia di euro. Agli intermediari bancari di maggiori dimensioni â?? che presentano cioè un totale di bilancio di almeno 10 miliardi di euro, inclusi garanzie ed impegni â?? la Banca dâ??Italia, con provvedimento del 7.8.1998, ha consentito la redazione della nota integrativa e del bilancio consolidato in milioni di euro. Per le società emittenti strumenti finanziari negoziati sui mercati regolamentati, la Consob, con delibera 20.10.1998, n. 11661, ha ammesso la redazione della nota integrativa in milioni di euro, purché ciò garantisca la significatività, comparabilità e chiarezza del bilancio. Il saldo delle differenze di arrotondamento verrà imputato ad una qualsiasi delle riserve o al conto economico.

Le imprese creditizie e finanziarie, le società di assicurazione e quelle emittenti strumenti finanziari negoziati nei mercati regolamentati italiani, nonché le società da quelle controllate hanno facoltà di redigere i propri bilanci in euro anche se non lo utilizzano quale moneta di conto.

Lâ??amministrazione finanziaria ha dato facoltà agli operatori economici di annotare le operazioni nelle scritture contabili obbligatorie o di emettere le fatture ora in lire, ora in euro o con registrazione degli importi espressi in entrambe le valute, nonché di presentare le dichiarazioni fiscali e di versare le imposte dirette ed indirette (tranne lâ??invim) in lire o in euro (C. M. 23.12.1998, n. 291/E, § 4 e 10).Inoltre è stato stabilito che la moneta di conto, nella quale è stata redatta (in tutto o in parte) la contabilità, non vincola la moneta â?? lira o euro â?? nella quale devono essere redatte le dichiarazioni fiscali (C. M. cit., § 10.1) e che, se il bilancio è redatto solo in euro, a partire dalla data di tale redazione anche tutte le dichiarazioni fiscali devono essere presentate in euro (C. M. cit., § 10.1, lett. a).

8. Conversione in euro del capitale sociale

La materia è disciplinata dallâ??art. 17, D. lgs. 213/1998, cit.

Le società che intendono convertire le proprie azioni e conseguentemente lâ??ammontare del capitale sociale in euro, prima dellâ??1.1.2002 (prima cioè della data in cui la conversione sarà obbligatoria), potranno ricorrere o allâ??ordinaria procedura della delibera presa dallâ??assemblea straordinaria con lâ??intervento di un notaio o ad una procedura automatica e semplificata, in deroga allâ??art. 2365 cod. civ., costituita da una delibera del consiglio di amministrazione o dalla determinazione dellâ??amministratore unico, assunte senza lâ??assistenza di notaio, ma comunque anchâ??esse soggette al deposito e allâ??iscrizione nel registro delle imprese, nonché al deposito nel registro stesso del testo aggiornato nel nuovo statuto sociale (art. 2436 cod. civ.).

La procedura automatica non è consentita se il valore nominale unitario delle azioni da convertire è pari o inferiore a L. 200 o se tali azioni sono privilegiate.

La conversione con la procedura automatica può effettuarsi solo applicando la regola aritmetica indicata negli artt. 4 e 5, Reg. CE, di cui al precedente § 6. Se lâ??arrotondamento avviene per eccesso, si procede allâ??aumento del valore nominale delle azioni e quindi del capitale sociale, addebitando una qualsiasi delle riserve, ma non quella legale se ve ne sono altre disponibili; se avviene per difetto, si effettua la riduzione del capitale sociale e lâ??accredito della riserva legale. Nel caso di aumento, se mancano o sono insufficienti le riserve, invece di arrotondare i millesimi di euro al cent superiore, si procede al loro troncamento, in modo da ottenere un arrotondamento per difetto (riduzione del capitale).

Se il valore nominale delle azioni è di 1.000 lire, lâ??arrotondamento comporterà un aumento del capitale sociale e una corrispondente riduzione delle riserve oppure una riduzione del capitale e un pari aumento della riserva legale, in ambedue i casi non superiori allâ??1%, fermo restando lâ??ammontare complessivo del patrimonio netto; se il valore nominale delle azioni è di L. 10.000, aumento o riduzione non saranno superiori allâ??un per mille.

Lâ??obbligo di annotare sulle azioni la nuova espressione in euro, allorché la conversione sia stata fatta con lâ??anzidetta procedura semplificata, non opera fino a quando non ricorrano altre ragioni di modifica. Lâ??obbligo di indicare il nuovo importo del capitale sociale negli atti e nella corrispondenza (art. 2250 cod. civ.) dovrà essere adempiuto entro il secondo esercizio successivo a quello in cui la variazione è avvenuta. Gli amministratori riferiranno del loro operato allâ??assemblea alla prima occasione.

Le anzidette disposizioni si applicano, in quanto compatibili, alle quote delle s.r.l. e delle cooperative.

A partire dal 1°.1.2002 le società per azioni e le società a responsabilità limitata dovranno costituirsi, rispettivamente, con un capitale minimo di centomila e diecimila euro (art. 4, comma 2, D. lgs. cit.).

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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