La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 9068 del 6 maggio 2015, ha affermato che i costi relativi a prestazioni di servizio, sostenuti dalle società, sono di competenza dell’esercizio nel quale le prestazioni medesime sono ultimate, senza che rilevi il momento nel quale viene emessa la relativa fattura o viene effettuato il pagamento.
L’unica eccezione è rappresentata dai contratti di locazione, mutuo, assicurazione o altri contratti dai quali derivino corrispettivi periodici, in relazione ai quali le spese per i corrispettivi sono imputabili all’esercizio di maturazione degli stessi.
E’ anche vero che, secondo quanto sostenuto nella giurisprudenza della Cassazione richiamata dalla Corte medesima, i componenti negativi che concorrono a formare il reddito possono essere imputati all’anno di esercizio nel quale diventa certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, qualora siano privi di tali qualità nel corso dell’esercizio di competenza.
In realtà, secondo quanto precisato dalla Cassazione, anche per le spese ed i componenti negativi dei quali non si abbia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, il legislatore considera come esercizio di competenza quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di tali voci, limitandosi a prevedere una deroga al principio della competenza, rappresentata dalla possibilità di dedurre tali particolari spese e componenti negativi nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza o la determinabilità, in modo obiettivo, del loro ammontare.
La determinabilità dell’ammontare dei costi non deve essere collegata alla mera volontà delle parti riguardo alla scelta dell’esercizio nel quale il costo è imputato, ma deve essere desumibile, oltre che dall’indicazione contrattuale del corrispettivo, da strumenti diversi, come la parametrazione ad altre operazioni simili o al valore di mercato.