string(14) "sidebar attiva"
Irpef - Ires
Scritto da:
26 Aprile 2024
5 Minuti di lettura

Contributi previdenziali complementari, il calcolo per l’ulteriore sgravio fiscale

Scarica il pdf

L’attuazione della normativa presuppone che il lavoratore al suo primo impiego risieda in Italia al momento in cui effettua i pagamenti dei contributi soggetti a deduzione.
Il supplementare tetto di deducibilità per i contributi previdenziali complementari, accordato ai lavoratori al primo impiego, va determinato considerando i primi cinque anni di partecipazione al piano pensionistico integrativo che ammette la detrazione dal reddito complessivo dei contributi versati. È quanto precisato nella risposta n. 30 del 7 febbraio 2024, fornita dall’Agenzia in risposta a una richiesta di interpello.

Caso specifico di un lavoratore italiano all’estero

Il caso riguarda un individuo che nel 2013 ha stipulato un contratto di lavoro in Italia per soli 3 settimane, durante le quali ha versato contributi previdenziali obbligatori all’INPS senza aderire a nessun piano previdenziale complementare.

Dal 2013 al 2018 non ha lavorato, mentre dal 2018 al 2023 ha lavorato in Austria per 5 anni, iscrivendosi all’AIRE. Versando contributi previdenziali obbligatori e aderendo a un piano previdenziale complementare austriaco. Infine, a partire dal 1° giugno 2023, ha ripreso a lavorare in Italia come dipendente, aderendo a un piano previdenziale complementare italiano.

La questione riguarda l’applicazione della normativa favorevole che consente di superare il limite di 5.164,57 euro. Per la deducibilità dei contributi versati per i piani previdenziali complementari. Fino a un massimo di 7.746,86 euro all’anno, per i lavoratori al primo impiego dopo il 1° gennaio 2007.

Deducibilità del reddito complessivo

L’articolo 10, comma 1, lettera e-bis) del TUIR stabilisce la deducibilità dal reddito complessivo, fino a concorrenza dello stesso, dei “contributi versati ai piani pensionistici complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 8 del medesimo decreto (…)”.

L’articolo 8, comma 4, del decreto n. 252/2005 prevede che i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontariamente sia a causa di contratti o accordi collettivi, anche aziendali, ai piani previdenziali complementari, siano deducibili, ai sensi dell’articolo 10 del TUIR, dal reddito complessivo per un importo non superiore a 5.164,57 euro.

Mentre il comma 6 successivo prevede un superamento temporaneo di questo limite. “Ai lavoratori al primo impiego successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto – riporta la disposizione – e, limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione ai piani pensionistici complementari. È consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali piani, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro. Pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione ai piani pensionistici e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro all’anno”, permettendo quindi una deduzione totale fino a 7.746,86 euro all’anno.

Precedenti casistiche sulla previdenza aggiuntiva

Citando un estratto della circolare n. 70/E del 2007, l’Agenzia spiega che l’intento della disposizione è agevolare i soggetti al primo impiego dopo il 1° gennaio 2007. I quali nei primi cinque anni di partecipazione a un piano previdenziale complementare, hanno versato contributi per un importo inferiore al tetto di 5.164,57 euro, permettendo loro di ottenere una prestazione pensionistica complementare adeguata.

La risoluzione n. 131/E del 2011 ha ulteriormente precisato che in linea di massima i contributi versati ai piani pensionistici complementari oltre il limite di 5.164,57 euro. Non possono essere detratte dal reddito complessivo relativo al periodo d’imposta in cui sono stati versati né utilizzati nei periodi di imposta successivi. Ma che in deroga alla regola generale, il comma 6 dell’articolo 8 del Dlgs n. 252/2005 risponde alla logica di incentivare l’adesione ai piani pensionistici complementari dei lavoratori al primo impiego dopo il 1° gennaio 2007. Permettendo loro, in caso di versamenti di contributi di importo inferiore al limite di 5.164,57 euro nei primi cinque anni di partecipazione, di conservare l’importo non utilizzato delle deduzioni annuali e di utilizzare il tetto accumulato entro i venti anni successivi.

Previdenza aggiuntiva: come si calcola

In pratica, la normativa favorevole istituisce una fase iniziale in cui, in ciascuno dei primi cinque anni di partecipazione a un piano previdenziale complementare. La differenza tra l’importo dei contributi versati e il limite annuale di 5.164,57 euro non viene persa definitivamente, ma contribuisce a formare un ulteriore tetto di deducibilità, da utilizzare nei venti anni successivi. Nella fase successiva, questo tetto accumulato può essere utilizzato, dal sesto anno al venticinquesimo anno successivo. Per dedurre dal proprio reddito complessivo i contributi versati ai piani previdenziali complementari, oltre al limite annuale di 5.164,57 euro, fino a un massimo di 2.582,29 euro all’anno (per un totale massimo di 7.746,86 euro all’anno).

La circolare n. 70/2007 ha definito il concetto di “lavoratori al primo impiego”, indicandoli come coloro che alla data di entrata in vigore del decreto non erano titolari di una posizione contributiva aperta presso un qualsiasi ente di previdenza obbligatoria. La norma riguarda, quindi, i lavoratori che non risultavano titolari di una posizione contributiva aperta presso un ente di previdenza obbligatoria al 31 dicembre 2006. I quali dopo essersi iscritti a un qualsiasi regime previdenziale obbligatorio, partecipano a piani previdenziali complementari, sia collettivi che individuali.

Previdenza aggiuntiva va calcolata sui contributi detraibili versati in Italia

Per quanto riguarda l’applicazione della deducibilità “extra”, l’Agenzia osserva che l’adesione ai piani previdenziali complementari deve riguardare piani che consentono la detrazione dei contributi versati per la determinazione del reddito soggetto a tassazione in Italia: l’applicazione della normativa, infatti, presuppone che il lavoratore sia residente in Italia al momento in cui effettua i pagamenti dei contributi detraibili.
Nel caso in esame, il richiedente è stato assunto come dipendente in Italia per la prima volta nel 2013, iscrivendosi al regime previdenziale obbligatorio presso l’INPS, ma senza aderire a un piano previdenziale complementare. Dopo l’esperienza lavorativa in Austria, a partire dal 1° giugno 2023 ha ripreso a lavorare in Italia come dipendente, aderendo a un piano previdenziale complementare.

Tenendo conto che durante il periodo all’estero il contribuente non era fiscalmente residente in Italia, chiarisce l’Agenzia. L’ulteriore tetto di deducibilità va quindi calcolato considerando i primi cinque anni di partecipazione al piano previdenziale complementare che consente la detrazione dal reddito complessivo dei contributi versati, ovvero, nel caso specifico, a partire dal 2023.

Articoli correlati
3 Maggio 2024
Spese sanitarie, la deducibilità vale sulla cassa

Se un Fondo di assistenza sanitaria integrativa paga direttamente le spese sanitarie per...

3 Maggio 2024
In campo del contenzioso tributario aggiornate le avvertenze

Dopo le modifiche al campo del contenzioso tributario, vengono aggiornate le Avvertenze...

3 Maggio 2024
Scelta di allineamento fiscale, correzione con limiti

L'adesione a un regime consolidato tramite il pagamento dell'imposta sostitutiva non...

Affidati ad un professionista
Richiedi una consulenza con un nostro esperto