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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Le immobilizzazioni materiali Le immobilizzazioni materiali nella legislazione civilistica e fiscale | Norme civilistiche

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PARTE GENERALE E CLASSIFICAZIONE

La terminologia qui adottata, con riferimento agli artt. 2424 e 2425 del Codice Civile (CC), è la seguente: classi (poste precedute da lettere maiuscole), sottoclassi (poste precedute da numeri romani), voci (poste precedute da numeri arabi) e sottovoci (poste precedute da lettere minuscole).

Le principali norme civilistiche che riguardano indirettamente e direttamente le immobilizzazioni materiali sono qui di seguito richiamate:

1.a) L’art. 2423 CC dispone che: «Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa.

Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.

Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo.

Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Il bilancio deve essere redatto in Lire».

1.b) L’art. 2423 bis CC stabilisce, fra l’altro, che nella redazione del bilancio:

– la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività;

– si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio;

– si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo;

– i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. Deroghe a questo principio sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.

1.c) Il secondo comma dell’art. 2217 CC stabilisce, fra l’altro, che «l’inventario si chiude con il bilancio, il quale deve dimostrare con evidenza e verità gli utili conseguiti o le perdite subite».

2. La classificazione dei valori di bilancio, da un punto di vista giuridico, è subordinata all’esigenza di chiarezza, cui fa riferimento l’art. 2423 CC richiamato sopra.

3.a) Il primo comma dell’art. 2424 bis CC stabilisce che «gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni».

3.b) L’art. 2424 CC, inerente lo schema dello stato patrimoniale, al punto B.II. così individua le immobilizzazioni materiali:

1) terreni e fabbricati;

2) impianti e macchinario;

3) attrezzature industriali e commerciali;

4) altri beni;

5) immobilizzazioni in corso e acconti.

4.a) Le immobilizzazioni materiali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, devono essere sistematicamente ammortizzate in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Gli ammortamenti così calcolati devono essere iscritti nel conto economico (art. 2425 CC) alla voce B.10.b. «ammortamento delle immobilizzazioni materiali».

Gli ammontari complessivi degli ammortamenti vanno dedotti direttamente dai valori originari dei beni, a cui gli ammortamenti si riferiscono, ed esplicitati nella nota integrativa.

4.b) Le svalutazioni delle immobilizzazioni materiali di cui al punto 3 dell’art. 2426 CC devono essere iscritte nel conto economico alla voce B.10.c e riportate nello stato patrimoniale, come per gli ammortamenti, a diretta diminuzione del valore delle immobilizzazioni.

Non sono consentiti accantonamenti a fondi rischi in vista di svalutazioni al mero fine di costituire vere e proprie riserve contrarie al principio generale della chiarezza e della rappresentazione veritiera e corretta.

5. L’art. 2425 CC contempla nel conto economico, ai rispettivi numeri, le sotto elencate voci:

– nella classe A, definita «Valore della produzione»:

4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;

5) altri ricavi e proventi;

– nella classe B, definita «Costi della produzione»:

10b) ammortamenti delle immobilizzazioni materiali [1];

10c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni [2];

14) oneri diversi di gestione;

– nella parte E, definita «Proventi e oneri straordinari»:

20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5 [3];

21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14 [4];

6. L’art. 2427 CC stabilisce che la nota integrativa deve, fra l’altro, indicare:

– «i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello Stato»;

– «i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti nell’esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell’esercizio; il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell’esercizio»;

– «l’ammontare degli oneri finanziari imputati nell’esercizio ai valori iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale, distintamente per ogni voce».

7. L’art. 2426 punto 2 CC richiede che «eventuali modifiche dei criteri di ammortamento e dei coefficienti applicati devono essere motivate nella nota integrativa».

VALUTAZIONE

1. In tema di valutazione delle immobilizzazioni materiali, l’art. 2426 CC stabilisce che:

(a) le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi;

(b) il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione;

(c) l’immobilizzazione che, alla data della chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i due punti precedenti, deve essere iscritta a tale minor valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata.

2. La Relazione Ministeriale di commento all’art. 2426 CC in merito al punto 1 precisa:

«Quanto al costo di produzione, si stabilisce che oltre ai costi direttamente imputabili al prodotto esso può comprendere anche costi cc.dd. di indiretta imputazione, per la quota che ragionevolmente possa essere imputata al prodotto: deve trattarsi naturalmente di costi di competenza del periodo di fabbricazione, il quale deve essere considerato concluso dal momento in cui il bene è oggettivamente utilizzabile (ciò ad evitare che vengano capitalizzate anche quote di costi generali relativi a tempi successivi, con la giustificazione che il prodotto, di fatto, non è stato ancora utilizzato). La formula può comprendere non intende attribuire ai redattori del bilancio una facoltà di scelta arbitraria, ma si riferisce alla ragionevole applicazione della discrezionalità tecnica, in conformità al principio generale della rappresentazione veritiera e corretta; naturalmente, se la capitalizzazione dei costi di indiretta imputazione conducesse a superare il valore di mercato o il valore di utilizzazione, la posta dovrà essere corrispondentemente svalutata in base a quel medesimo principio generale. La regola dettata per i costi di indiretta imputazione è poi estesa agli oneri finanziari, compresi quelli sostenuti per far costruire il prodotto da terzi».

Quanto all’ammortamento delle immobilizzazioni, «la formula in relazione con la residua possibilità di utilizzazione [sostanzialmente corrispondente a quella dell’art. 35, par. I, lett. b), della direttiva] è sembrata la più idonea a ricomprendere tutte le componenti dell’ammortamento (usura fisica, superamento tecnologico, minore alienabilità del prodotto ottenuto con l’impianto, ecc.). L’avverbio sistematicamente mira ad evitare che gli ammortamenti vengano accelerati o rallentati nei vari esercizi a seconda della convenienza, anziché essere effettuati in conformità a piani. L’avverbio sta però appunto ad indicare che l’ammortamento deve essere operato in conformità di un piano prestabilito, ma anche che il piano debba esser impostato in modo che l’ammortamento sia effettuato per importi costanti. Essendo inoltre possibile che i piani di ammortamento mutino per il mutare dei piani aziendali di utilizzazione dei cespiti, si è consentita la modificazione dei criteri e dei coefficienti applicati per la strutturazione originaria del piano, imponendone però la motivazione nella nota integrativa».

Quanto al punto 1(c) sopra indicato, «si riferisce sia alle svalutazioni di immobilizzazioni non soggette ad ammortamento, sia alle svalutazioni eccezionali di quelle ammortizzabili. Il divieto di mantenere tali svalutazioni quando ne siano venute meno le ragioni costituisce applicazione del principio generale della rappresentazione veritiera e corretta».

3. La procedura di ammortamento è prescritta per le immobilizzazioni materiali la cui utilizzazione è limitata nel tempo; non appare, dunque, estendibile a tutte le immobilizzazioni. Vi sono, infatti, immobilizzazioni non soggette a utilizzazione limitata nel tempo per le quali la procedura di ammortamento è improponibile (l’esempio tipico è costituito dai terreni), altre che, pur soggette a tale limitazione, per la loro modesta entità non vengono assoggettate all’ammortamento, ma direttamente imputate a spese nell’esercizio. La scelta dell’una o dell’altra procedura rispecchia criteri tecnici e non deve contrastare con i requisiti della «chiarezza» e della «rappresentazione veritiera e corretta» richiesti dall’art. 2423 CC e di «evidenza e verità degli utili conseguiti» richiesti dall’art. 2217 CC

4. La svalutazione delle immobilizzazioni di cui al precedente punto 1(c) deve partire da due considerazioni preliminari:

– il valore iscritto in bilancio delle immobilizzazioni non deve superare quello effettivo d’uso delle immobilizzazioni stesse, il quale può essere inferiore al valore di costo (o al valore contabile dato dal costo rettificato dagli ammortamenti);

– scopo dell’ammortamento è ripartire sugli esercizi di competenza un costo pluriennale e non determinare il valore che le immobilizzazioni devono avere in bilancio.

Ora, del valore effettivo d’uso delle immobilizzazioni si deve tener conto già al momento della relativa capitalizzazione dei costi sostenuti per il loro acquisto o produzione; tuttavia, può verificarsi una perdita durevole di tale valore successivamente alla prima iscrizione, ossia negli esercizi di vita dei beni. In questa situazione, il valore delle immobilizzazioni deve essere rettificato non, per la ragione sopra detta, con gli ammortamenti, bensì ricorrendo a svalutazioni. E’ quanto prevede l’articolo in commento, il quale si riferisce a tutti i tipi di immobilizzazioni (immateriali, materiali e finanziarie).

Si analizzano di seguito i singoli aspetti della norma, la quale, giova rilevarlo, sancisce un obbligo e non una mera facoltà.

a) La legge parla di valore inferiore, alla data del bilancio, rispetto al costo di acquisto ridotto dall’ammortamento, ma non si riferisce al valore di mercato, altrimenti avrebbe usato un’espressione più esplicita, così come ha fatto disciplinando la svalutazione delle attività circolanti. Si riferisce, invece, al valore effettivo del bene immobilizzato nell’economia dell’azienda in funzionamento, ossia, nel caso di beni strumentali, al valore che potrà essere recuperato tramite l’uso: poiché il recupero avviene con gli ammortamenti, il valore effettivo è, quindi, quello il cui ammortamento negli esercizi futuri troverà, secondo una ragionevole aspettativa, adeguata copertura coi ricavi correlati all’utilizzo del bene. Quando viene meno questa «capacità d’ammortamento», gli amministratori debbono riconsiderare la valutazione del bene ed eventualmente iscrivere nello stato patrimoniale solo la quota del costo sospeso dal quale la gestione futura trarrà utilità contabilizzando, in coerenza con il principio della prudenza, una perdita già manifestatasi.

b) La perdita di valore che richiede la svalutazione di un bene immobilizzato deve essere, stabilisce la norma, duratura, fatto che deve essere accertato in base ad una ragionevole valutazione delle relative cause. Queste, interne o esterne all’impresa, possono essere, per le immobilizzazioni ammortizzabili, molteplici: danneggiamenti, obsolescenza, manifestazione di errori di progettazione o costruzione, cambiamenti tecnologici o nei prodotti decisi dall’impresa, andamento non remunerativo del mercato dei prodotti, e così via. Alcune delle cause che creano la necessità della svalutazione sono le stesse che costituiscono gli elementi sui quali si basa la determinazione degli ammortamenti, ma che diventano cause di svalutazione quando compromettono la capacità di ammortamento, come sopra intesa, del bene. Ad esempio, della obsolescenza tecnica si deve tener conto già nella determinazione iniziale della vita utile di un impianto cui commisurare gli ammortamenti, ma inattese ed importanti innovazioni tecnologiche possono rendere antieconomico l’impianto e richiedere, quindi, la svalutazione dell’impianto stesso. In altre parole, le cause delle svalutazioni devono avere un carattere di straordinarietà e gravità, e non essere, quindi, fatti di cui tener conto nel periodico riesame dei piani di ammortamento.

c) Il terzo aspetto della norma di legge è che quando vengono meno in tutto o in parte le cause che hanno determinato la svalutazione, questa non può essere mantenuta: il valore al costo – totalmente o parzialmente – deve essere ripristinato (tenendo conto anche degli ammortamenti). Una tale situazione non potrà che accadere molto raramente, perché una perdita di valore duratura, con la conseguente svalutazione, deve derivare da fatti gravi da valutarsi con molta accuratezza, altrimenti si trasformerebbe la norma di legge sulle svalutazioni in un comodo strumento per attuare politiche di bilancio.

5. Come già citato, il quarto comma dell’art. 2423 CC dispone che:

«… Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata».

Quanto sopra costituisce applicazione dell’art. 2, par. 5, della IV Direttiva , che prevede un obbligo e non una facoltà di deroga. La Relazione Ministeriale così recita in proposito: «Non si è ritenuto possibile precisare (come la direttiva consente) i casi eccezionali in cui l’osservanza degli articoli seguenti potrebbe risultare incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta; dovrà comunque trattarsi di casi veramente eccezionali, essendo evidente che le specifiche norme relative alle strutture e alle valutazioni sono dettate proprio al fine di assicurare la rappresentazione veritiera e corretta in tutte le situazioni normalmente ricorrenti.

In particolare, non costituisce caso eccezionale l’eventualmente sopravvenuta scarsa significatività dei valori storici per effetto dell’inflazione, essendo la disciplina di tale fenomeno riservata al legislatore ordinario, come espressamente stabilito dalla legge di delega (art. 1, lett. c). E’ poi sembrato necessario rendere esplicito il principio secondo cui gli utili eventualmente emergenti dalla deroga ai criteri di valutazione non sono distribuibili fino a che il maggior valore iscritto non sia o realizzato (per effetto di alienazione del bene) o coperto da ammortamento».

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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