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9 Ottobre 2020

Nuovo credito d’imposta ricerca e sviluppo: ok se l’impresa finanziatrice è proprietaria del risultato

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L’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti riguardo al credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo introdotto dalla Legge di Bilancio per il 2020. Lo ha fatto in risposta ad un’istanza di interpello presentata da un’Università.

L’Università istante vorrebbe modificare la convenzione per il finanziamento di una borsa di studio per un dottorato di ricerca. La modifica consiste nella previsione che, nel caso di finanziamento di una borsa di studio da parte di un’impresa per un dottorato che venga svolto nell’ambito della ricerca scientifica, il risultato della ricerca possa essere di proprietà sia dell’Università stessa, che dell’impresa finanziatrice.

Il quesito riguarda la possibilità che il finanziamento in questione possa rientrare nelle spese di ricerca e sviluppo come spesa per contratti extra muros stipulati con l’Università che concorra alla formazione della base di calcolo del credito d’imposta per ricerca e sviluppo nella misura del 150 %.

Nella Risposta n. 454 del 7 ottobre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che con la Legge di Bilancio per il 2020 è stato disciplinato il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione. Questo credito d’imposta ha sostituito quello per investimenti in ricerca e sviluppo introdotto dal Decreto Legge n. 145 del 2013.

La disciplina del nuovo credito d’imposta prevede che, ai fini della determinazione della base di calcolo del credito d’imposta, siano considerate ammissibili, nel rispetto delle regole generali di effettività, pertinenza e congruità, le spese per contratti di ricerca extra muros che abbiano ad oggetto il diretto svolgimento da parte del soggetto commissionario delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta in questione. Qualora i contratti di ricerca extra muros siano stipulati con un’Università o con istituti di ricerca, le spese concorrono alla formazione della base di calcolo del credito d’imposta nella misura del 150 % del loro ammontare.

L’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che sussiste un’analogia tra il credito d’imposta disciplinato dalla Legge di Bilancio per il 2020 ed il credito d’imposta previsto per investimenti in ricerca e sviluppo dal Decreto Legge n. 145 del 2013. Quindi, nel caso rappresentato dall’istante sono applicabili i chiarimenti forniti in una Circolare del 16 marzo 2016 in relazione all’agevolazione precedente. In particolare, vale il chiarimento secondo il quale i contratti di ricerca stipulati con le Università devono prevedere che l’effettivo beneficiario dei risultati della ricerca sia l’impresa committente.

Se, quindi, la convenzione per il finanziamento della borsa di studio per il dottorato prevede che l’eventuale risultato della ricerca sia di proprietà dell’impresa finanziatrice (sia pur in comproprietà con l’Università), le spese sostenute dalla finanziatrice stessa saranno ammissibili al credito d’imposta per la quota parte riferibile al tempo effettivamente dedicato dal dottorando all’attività di ricerca e sviluppo. Concorreranno, in particolare, nella misura del 150 % del loro ammontare.

Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate, tali spese beneficeranno del credito d’imposta anche nel caso in cui l’attività di ricerca non dovesse portare alcun risultato.

I costi ammissibili saranno i costi individuati secondo il criterio di competenza e per l’applicazione del credito d’imposta dovranno pur sempre sussistere tutte le condizioni previste dalla disciplina in materia.

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