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18 Marzo 2016

Benefici prima casa: non si ha decadenza quando la cessione è concordata in sede di separazione tra coniugi

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 5156 del 16 marzo 2016, ha confermato l’orientamento secondo il quale colui che cede la proprietà della casa familiare al coniuge, in sede di separazione consensuale, non perde i benefici “prima casa”, anche se la cessione è infraquinquennale ed il cedente non acquista entro l’anno una nuova casa da destinare ad abitazione principale.

Nel caso di specie, il marito della coppia separata aveva ricevuto un avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate dichiarava la decadenza dello stesso dalle agevolazioni per l’acquisto della “prima casa” in materia di Iva. In primo e secondo grado era stata data ragione all’Amministrazione finanziaria.

In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva affermato che la cessione alla moglie della proprietà della casa familiare, in adempimento di una condizione pattuita in occasione della separazione consensuale, costituiva un’ipotesi di alienazione dell’immobile rilevante ai fini della decadenza dai benefici “prima casa”. Il contribuente aveva lamentato che tale pronuncia contrastava con il diverso indirizzo della giurisprudenza della Corte di Cassazione. Inoltre, aveva evidenziato che il trasferimento della proprietà dell’immobile rappresentava soltanto una forma di utilizzazione dell’immobile stesso ai fini della migliore sistemazione dei rapporti tra i coniugi, successivamente alla cessazione della loro convivenza.

La Corte di Cassazione ha richiamato i due orientamenti della sua giurisprudenza in materia. Il primo orientamento è sfavorevole al contribuente, mentre il secondo orientamento è favorevole alla tesi sostenuta nel procedimento promosso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Quanto al secondo orientamento, la Cassazione ha ricordato una propria recente pronuncia nella quale è stato riconosciuto che il contribuente che, in sede di separazione, trasferisce al coniuge la casa coniugale, prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto per il quale aveva usufruito delle agevolazioni fiscali, non decade dai relativi benefici, dal momento che l’immobile, acquistato per essere destinato a casa familiare, rimane tale.

La Cassazione ha sostenuto espressamente che il secondo orientamento, favorevole alla tesi del contribuente, deve essere condiviso e portato avanti.

La Corte di Cassazione ha ricordato la tesi generale secondo la quale gli accordi di separazione personale tra i coniugi contenenti attribuzioni patrimoniali non sono collegati necessariamente alla presenza di un corrispettivo o di un riferimento alle caratteristiche della donazione, ma rispondono ad un più specifico ed originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione della separazione consensuale.

Gli atti che sono posti in essere dai coniugi, al momento della crisi matrimoniale, per regolare, sotto il controllo del Giudice, i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione hanno una peculiare funzione economico-sociale e meritano una particolare tutela.

La conclusione espressa dalla Corte di Cassazione è, quindi, che, in questi casi, la disposizione che stabilisce la decadenza dai benefici “prima casa” in caso di cessione infraquinquennale non può trovare applicazione. Se così non fosse, la decadenza dai benefici in questione sarebbe immotivatamente penalizzante nei confronti del coniuge che effettua il trasferimento della proprietà dell’immobile, il quale, una volta privatosi dell’abitazione, dovrebbe sostenere il pagamento delle maggiori imposte e delle relative sanzioni (dovute alla decadenza dai benefici “prima casa”), qualora, nonostante non abbia ottenuto alcun corrispettivo dalla cessione, non sia in grado di riacquistare un’altra abitazione entro un anno dalla cessione.

Tale situazione avrebbe come irragionevole conseguenza quella di ostacolare, invece di favorire, la composizione dei rapporti familiari in crisi, con “rilevanti cadute di scarsa tenuta costituzionale”.

La Cassazione ha, quindi, accolto il ricorso presentato dal contribuente e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha accolto anche la sua domanda introduttiva, così annullando l’avviso emesso dall’Agenzia delle Entrate. Dato l’evolversi contrastante del dibattito giurisprudenziale in materia, sono state interamente compensate tra le parti le spese di giudizio.

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