La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 18757 del 5 settembre 2014, ha riconosciuto la legittimità di una cartella di pagamento notificata ad un contribuente in conseguenza dell’omesso versamento dell’Iva.
Anche in primo e secondo grado erano state dichiarate infondate le contestazioni sollevate dal contribuente. Questi aveva modificato la propria dichiarazione Iva, in quanto sosteneva che nella dichiarazione presentata inizialmente aveva riportato un debito Iva che avrebbe dovuto, invece, registrare in sospensione d’imposta. Ma la Commissione Tributaria Regionale aveva sostenuto che l’aver inserito nella dichiarazione originariamente prodotta anche l’Iva non ancora incassata non poteva considerarsi un errore, ma, piuttosto, il libero esercizio di una facoltà fissata dal legislatore che, pertanto, non poteva essere revocata attraverso una dichiarazione integrativa.
La relativa Iva dichiarata e non incassata, quindi, secondo la CTR, era stata correttamente iscritta a ruolo, con sanzioni ed interessi.
La Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia impugnata dal contribuente, affermando che la dichiarazione dei redditi è in linea di principio emendabile e ritrattabile, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico.
La dichiarazione dei redditi non ha natura negoziale e dispositivo, ma ha in sé una mera esternazione di scienza e giudizio.
Il principio dell’emendabilità della dichiarazione dei redditi non consente, però, la riformulazione ex novo della dichiarazione medesima e non attribuisce al contribuente un potere illimitato di modificare e persino di revocare e sostituire la precedente dichiarazione.
Il principio deve più correttamente essere circoscritto all’indicazione di quei dati, relativi alla quantificazione delle poste reddituali positive o negative, che integrino degli errori tipicamente materiali (come errori di calcolo) o anche formali (riguardanti l’esatta individuazione della voce del modello da compilare nella quale collocare la posta).
L’emendabilità della dichiarazione è consentita nei limiti in cui ne sia apprezzabile la coerenza rispetto alla sua qualificazione iniziale.
Ancora, la Cassazione ha affermato che rimane estranea all’area dell’emendabilità il caso in cui il contribuente, con la stessa dichiarazione, eserciti una facoltà di opzione riconosciutagli dalla norma tributaria. L’opzione integra l’esercizio di un potere discrezionale riconducibile ad una tipica manifestazione di autonomia negoziale del soggetto che è diretta ad incidere sull’obbligazione tributaria e sul conseguente effetto vincolante di assoggettamento all’imposta.
La Cassazione ha giudicato corretto il ragionamento seguito dai Giudici di secondo grado che avevano qualificato come libero esercizio di una facoltà la scelta effettuata dal contribuente tra il regime di esigibilità immediata dell’imposta e quello dell’esigibilità differita.
In tale scelta, secondo la Cassazione, si è estrinsecata la manifestazione di una volontà a carattere negoziale, che vincola il dichiarante e che come tale non si presta a costituire materia di successivo ripensamento al quale si possa pervenire attraverso l’ordinario potere di emenda delle dichiarazioni di scienza. Quindi, nel momento il cui il contribuente abbia effettuato tale scelta, ogni sua successiva modificazione resta preclusa.