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Novità Iva
28 Ottobre 2022
4 Minuti di lettura

Cessione di utility token: no all’Iva fin quando non vengono utilizzati.

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Trattamento ai fini Iva di nuove tipologie di servizi.

A presentare istanza di interpello è una società che opera nel campo della protezione del diritto d’autore tramite la notarizzazione di opere musicali in blockchain.

Il sistema adottato dall’istante prevede che l’utente si registri sul sito web dell’istante stessa e carichi in un’apposita sezione il file musicale in formato mp3. Attraverso un meccanismo di intelligenza artificiale, viene effettuata una verifica riguardo all’eventuale protezione dell’opera da diritti d’autore di terzi. Se il file musicale caricato non supera il test, l’utente viene informato e si blocca la procedura di deposito. Se, invece, il file supera il test, viene apposta una marca temporale, viene depositato il file nella blockchain e viene inviato all’utente il certificato di deposito. L’utente paga questo servizio tramite paypal e la società emette fattura con applicazione dell’Iva con aliquota ordinaria.

La società istante ha intenzione di emettere un utility token. Chi ne entrerà in possesso avrà il diritto di depositare le proprie opere ad un prezzo scontato. Attraverso l’emissione dei token, la società potrà reperire la dotazione finanziaria che le consentirà di completare la sua infrastruttura tecnologica e di coprire le spese di gestione fino al raggiungimento di una condizione di equilibrio economico.

Il quesito sottoposto all’Agenzia delle Entrate riguarda il corretto trattamento Iva da applicare a tale operazione, tenendo conto che la società istante conoscerà le generalità dei possessori dei token, il loro status di soggetto passivo Iva o meno ed il relativo domicilio soltanto al momento in cui gli utility token saranno effettivamente utilizzati per l’acquisto del servizio di deposito. Quando, invece, inizialmente, i token verranno acquistati, la società istante avrà a disposizione esclusivamente il codice alfanumerico che identificherà, pur sempre in modo univoco, il portafoglio digitale dell’altra parte acquirente.

Quindi, al momento della cessione dei token, la società che li emette non ha a disposizione le informazioni necessarie per l’eventuale corretta applicazione dell’Iva.

Secondo la società istante, l’operazione di emissione degli utility token rientrerebbe nella categoria delle cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro e, conseguentemente, sarebbe esclusa dal campo di applicazione dell’Iva. Tale imposta dovrebbe, invece, essere applicata con aliquota ordinaria all’atto di acquisto del servizio di deposito delle opere da parte dei possessori degli utility token.

Nel parere espresso nella Risposta n. 507 del 12 ottobre 2022, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che i token emessi dalla società istante attribuiscono al possessore il diritto ad usufruire dei servizi che vengono offerti dalla stessa istante ad un prezzo scontato. Si tratta di uno sconto permanente riconosciuto agli utenti che hanno riposto fiducia nell’iniziativa dell’istante ed hanno deciso di finanziarla.

Tali token non possono essere assimilati ai fini Iva ai “voucher” o buoni corrispettivo. Del resto, da alcuni documenti della Commissione Europea è emerso che la disciplina dei buoni corrispettivo non deve applicarsi agli utility token la cui natura cambia successivamente all’emissione per diventare quella di moneta virtuale o di strumento di investimento che possa essere negoziato in un mercato secondario in cambio di un profitto.

Nel caso descritto nell’istanza di interpello, sembrano ricorrere queste caratteristiche. Potrebbe, infatti, accadere, come affermato dalla stessa istante, che l’acquirente dell’utility token non formalizzi il successivo acquisto del servizio di deposito delle opere perché il valore del token è cresciuto e preferisce, quindi, conservarlo quale riserva di valore o cederlo per realizzare un guadagno. Potrebbe anche accadere che, per vari fattori, la società istante non possa completare il proprio progetto o vi sia un ritardo nella realizzazione, così che la prestazione di servizi da parte dell’istante non venga effettuata.

Pertanto, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che i token del caso prospettato dall’istante possano essere considerati come documenti di legittimazione che conferiscono al portatore il diritto di ottenere dall’istante una prestazione a prezzo ridotto rispetto a coloro che non dovessero possedere il token.

La cessione di un documento di legittimazione non assume rilevanza ai fini Iva. Non integra, infatti, una prestazione di servizi o una cessione di beni. In questo caso, si limita ad identificare colui che ha diritto allo sconto. Il relativo pagamento assume la natura di mera movimentazione di carattere finanziario.

In conclusione, la cessione degli utility token effettuata dalla società istante in sede di emissione non deve essere assoggettata ad Iva, mentre, quando il possessore del token lo utilizzerà per acquistare a prezzo scontato il servizio di deposito della sua opera, l’operazione dovrà essere assoggettata ad Iva con applicazione dell’aliquota propria della prestazione di servizio ricevuta e tenendo conto sia dello status del committente, sia dello Stato nel quale quest’ultimo è stabilito ai fini Iva.

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