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Novità Iva
25 Gennaio 2014

Corte di Cassazione: legittimo l’accertamento fondato su un rilevante saldo negativo nel mastrino di cassa. La tardiva fatturazione Iva e’ irregolarita’ sostanziale e non mero errore formale.

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La Sezione Tributaria Civile della Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 656 del 15 gennaio 2014, ha ricordato il proprio orientamento consolidato secondo il quale, in tema di prova nel giudizio conseguente all’accertamento tributario, gli elementi assunti a fonte di presunzione non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del Giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che la giurisprudenza è ferma anche riguardo al ritenere che la contabilità regolare non impedisce il ricorso al metodo induttivo ed alle presunzioni semplici, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, quando la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile.

L’accertamento, inoltre, è possibile anche in base ad “altri documenti”, ad “altre scritture contabili” (diverse da quelle previste per legge, eventualmente regolari), ad “altri dati e notizie” raccolti nei modi prescritti dalla legge. Utili elementi presuntivi a sostegno della pretesa fiscale possono essere tratti da scritture non ufficiali, come i “mastrini”, trovate in possesso dell’imprenditore.

Nel caso di specie, la Guardia di Finanza, nel corso di una verifica disposta nei confronti di una società a responsabilità limitata, aveva rilevato che dal mastrino di contabilità della società emergeva un saldo negativo di notevole importo. Sul presupposto che tale elemento denotasse un’evasione di imposta per compensi percepiti in nero, era stato emesso un avviso di rettifica con la ripresa a tassazione di Iva e l’applicazione di sanzioni per ritardata fatturazione di alcune operazioni. La Commissione Tributaria Regionale, contrariamente al Giudice di primo grado, aveva dato ragione alla società contribuente.

La Corte di Cassazione ha affermato che il Giudice di appello “ha fatto mal governo” della normativa sia con riferimento alla ritenuta impossibilità di utilizzazione di un unico elemento presuntivo ai fini dell’accertamento con metodo induttivo, sia con riguardo all’affermata impossibilità di applicare, anche in presenza di regolare contabilità, il metodo induttivo.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha giudicato pertinenti i rilievi sollevati dall’Agenzia delle Entrate riguardo alla motivazione della pronuncia di secondo grado, sulla base della considerazione che la svalutazione dell’elemento rappresentato dal rilevante scostamento, all’interno del mastrino di cassa nel quale sono annotate giornalmente le entrate e le uscite, tra versamenti effettuati ed entrate, è stata solo apparentemente spiegata dalla Commissione Tributaria Regionale.

Ancora, la Suprema Corte ha sottolineato che, in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa siano di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo.

E’ stata, poi, affrontata la questione della ritardata fatturazione ai fini Iva. La Corte di Cassazione ha ricordato che, secondo la propria giurisprudenza, le norme che stabiliscono tempi e modalità della registrazione delle fatture Iva pongono in essere degli obblighi generalizzati di annotazione, fissando delle modalità ben precise, che non trovano deroga in altre disposizioni di legge, essendo collegate alle scansioni temporali dei versamenti dell’Iva.

La conseguenza affermata dalla Corte è che tanto la mancata annotazione delle fatture negli appositi registri entro i termini prescritti dalla legge, quanto la mancata conseguente contabilizzazione nella dichiarazione relativa all’esercizio di competenza, devono essere considerate “irregolarità sostanziali”, perché rilevanti ai fini della determinazione del “volume d’affari” e dell’imposta dovuta, e, in ogni caso, perché tali considerate per espressa disposizione dei previgenti artt. 42, 43 e 44 del D.P.R. n. 633 del 1972.

Infatti, le fattispecie di omessa registrazione delle fatture nell’anno solare e di inesatta dichiarazione e versamento si configurano per il solo fatto oggettivo che il contribuente abbia determinato, con il proprio comportamento, il rischio per l’amministrazione di non conseguire il pagamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale, o di effettuare un rimborso non dovuto, e trovano puntuale riscontro nel regime sanzionatorio previsto dai suddetti artt. 42, 43 e 44.

La Corte di Cassazione ha, quindi, ritenuto illeggittima la pronuncia della Commissione Regionale anche su questo punto. Quest’ultima aveva erroneamente affermato che le sanzioni non erano dovute, in quanto il ritardo nella fatturazione Iva non aveva inciso sulla quantificazione del tributo o sul suo accertamento.

a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.

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