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Novità Iva
30 Marzo 2013

Cessioni intracomunitarie di beni: individuata la documentazione necessaria per provare il trasporto al di fuori dell’Italia.

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Nella Risoluzione n. 19 del 25 marzo 2013, l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un quesito in merito all’individuazione della prova idonea a dimostrare l’avvenuta cessione intracomunitaria.

Si ricorda che la realizzazione di una cessione intracomunitaria consente l’emissione di una fattura non imponibile Iva.

In particolare, la società istante aveva rappresentato all’Agenzia delle Entrate di effettuare cessioni di beni a clienti stabiliti all’interno dell’Unione Europea, con trasporto dei beni al di fuori dell’Italia attraverso modalità di trasporto diverse e con l’intervento di diversi soggetti trasportatori.

La società emetteva le fatture di cessione intracomunitaria, procedeva alla loro registrazione sui registri Iva e presentava regolarmente gli elenchi Intrastat.

Il trasporto dei beni venduti veniva effettuato sia dalla società medesima, sia dal cliente direttamente.

Se il trasporto era a cura della società istante, questa riceveva anche la fattura del trasportatore.

Inoltre, la società istante faceva rilevare che i trasportatori utilizzano sempre più spesso dei sistemi elettronici per conservare i documenti di trasporto e forniscono ai clienti una documentazione in formato elettronico e non cartaceo, con la conseguente impossibilità per il cliente di avere i documenti originali con la firma.

Nel caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate, quindi, la documentazione a supporto del trasporto al di fuori dell’Italia poteva variare da un caso all’altro.

La richiesta di chiarimenti della società istante riguardava esattamente la documentazione idonea a provare l’avvenuto trasporto dei beni in un altro Paese comunitario e, in particolare, la possibilità di produrre delle prove alternative rispetto al documento di trasporto cartaceo (il CMR).

L’Agenzia delle Entrate ha ricordato che la legge italiana non contiene alcuna specifica previsione in merito alla documentazione che il cedente deve conservare, ed eventualmente esibire in caso di controllo, per provare l’avvenuto trasferimento del bene venduto in un altro Stato comunitario.

L’Agenzia, inoltre, ha richiamato una propria precedente Risoluzione del 2007 nella quale era stata individuata quale prova idonea il documento di trasporto ed era stato affermato l’obbligo per il cedente di conservare, oltre agli elenchi Intrastat ed alle fatture, anche la documentazione bancaria, dalla quale risultavano le somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate, e la copia di tutti gli altri documenti alla base dell’impegno contrattale di effettuare la cessione ed il trasporto in altro Stato comunitario.

Ancora, nel 2008, l’Agenzia delle Entrate, in una propria Risoluzione, aveva affermato che nei casi in cui il cedente non ha provveduto direttamente al trasporto delle merci e non è in grado di esibire il documento di trasporto, la prova può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in un altro Stato membro.

La conclusione espressa dall’Agenzia delle Entrate è, quindi, che il documento di trasporto elettronico, avente lo stesso contenuto del documento cartaceo, costituisce un mezzo di prova idoneo a dimostrare l’uscita del bene dal territorio italiano. Così come costituisce un mezzo di prova idoneo un insieme di documenti dal quale si possano ricavare le medesime informazioni presenti nel documento di trasporto e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore e cessionario). Tra questi documenti, vi possono essere anche le informazioni tratte dal sistema informatico del vettore.

L’Agenzia delle Entrate ha, però, precisato che i documenti in questione, ossia il documento di trasporto elettronico e le informazioni tratte dal sistema informatico del vettore, non possono essere considerati documenti informatici, in quanto sono privi di riferimento temporale e di sottoscrizione elettronica. Questi documenti, quindi, devono essere materializzati su un supporto fisico per essere considerati giuridicamente rilevanti ai fini delle disposizioni tributarie.

I predetti documenti, inoltre, devono essere conservati congiuntamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria attestante le somme riscosse, alla documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti ed agli elenchi Intrastat.

Infine, il cedente è tenuto, precisa l’Agenzia delle Entrate, ad acquisire senza indugio le prove in questione, appena la prassi commerciale lo rende possibile.

a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.

Contratti di finanziamento a medio e lungo termine stipulati all’estero e con effetti in Italia: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sull’abuso di diritto e l’applicazione dell’imposta sostitutiva.

Nella Risoluzione n. 20 del 28 marzo 2013, l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un quesito in merito al corretto trattamento da riservare, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, ai contratti relativi ad operazioni di finanziamento a medio e lungo termine stipulati all’estero e destinati a produrre effetti giuridici principalmente in Italia.

L’Agenzia delle Entrate ha affermato che il luogo di sottoscrizione del contratto, considerato di per sé ed in assenza di ulteriori elementi, non rientra nella definizione di abuso del diritto elaborata dalla giurisprudenza. Affinché vi sia un abuso di diritto, infatti, è necessario che vi sia un qualcosa in più, idoneo a realizzare l’utilizzo distorto di strumenti giuridici finalizzato esclusivamente all’ottenimento del risparmio fiscale. Il comportamento delle parti, che, nel caso in esame, non hanno alcun rapporto con l’estero, ma sottoscrivono il contratto di finanziamento all’estero, non può, quindi, di per sé essere censurato alla luce del principio del divieto di abuso del diritto.

Riguardo all’individuazione del luogo di conclusione del contratto (in Italia o all’estero), l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, qualora il consenso negoziale riguardo agli elementi essenziali del contratto di finanziamento risulti già da scrittura privata semplice sottoscritta in Italia, prima della sottoscrizione all’estero di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, deve ritenersi che l’atto si sia formato per iscritto in Italia e che, quindi, ricada nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva.

Infine, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che gli enti che effettuano le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sostitutiva devono presentare delle dichiarazioni relative alle somme sulle quali deve essere commisurata l’imposta dovuta.

Una prima dichiarazione deve essere presentata in relazione alle operazioni effettuate nel primo semestre dell’esercizio, entro tre mesi dalla scadenza del primo semestre, ed una seconda dichiarazione deve essere presentata in relazione alle operazioni effettuate nel secondo semestre dell’esercizio stesso, entro tre mesi dalla chiusura dell’esercizio.

Articolo pubblicato in data 30.03.2013
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.

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