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31 Luglio 2020

Si può parlare di plusvalenze imponibili in caso di cessione di fabbricati da demolire?

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In una nuova Circolare (la Circolare n. 23 del 29 luglio 2020), l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle plusvalenze derivanti dalla cessione di fabbricati da demolire.

In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che l’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR inserisce tra i redditi diversi, se non costituiscono redditi di capitale o se non sono conseguiti nell’esercizio di arti o professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo ed in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente, le plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni e le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Sussistono, quindi, plusvalenze imponibili in caso di cessioni di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni. L’intenzione del legislatore è quella di tassare i guadagni derivanti dalle cessioni immobiliari poste in essere con intento speculativo. Tale intento speculativo si presume, infatti, quando intercorra un periodo di tempo inferiore a cinque anni tra la data di acquisto o costruzione dell’immobile e la data di vendita dello stesso.

Per quanto riguarda i terreni, si parla di plusvalenze imponibili senza che siano indicate delle condizioni, ma a causa della sola cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria.

Ai fini dell’individuazione del corretto trattamento fiscale applicabile alla cessione immobiliare, rileva, quindi, la circostanza che oggetto della cessione sia un fabbricato oppure un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.

L’Agenzia delle Entrate ha richiamato una propria Risoluzione del 2008 nella quale è stato chiarito che la vendita a titolo oneroso di fabbricati che ricadono in un’area oggetto di un piano di recupero approvato dal Comune è riconducibile all’ipotesi della cessione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, con conseguente tassabilità della plusvalenza a prescindere dal periodo durante il quale è stato esercitato il possesso del bene prima della vendita.

In questi casi, infatti, non possono essere più considerati oggetto della vendita i fabbricati in sé, ormai privi di effettivo valore economico, ma piuttosto l’area sulla quale tali fabbricati insistono, riqualificata in relazione alle sue potenzialità edificatorie.

Tale principio è stato applicato dall’Amministrazione finanziaria anche in riferimento ai fabbricati da demolire.

Nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate, è stato, altresì, precisato che tale interpretazione seguita dall’Amministrazione finanziaria non è stata confermata dalla giurisprudenza di legittimità. Secondo la Corte di Cassazione, infatti, ai fini dell’imponibilità della plusvalenza, se oggetto del trasferimento a titolo oneroso è un edificio, tale trasferimento non può mai essere qualificato come cessione di area edificabile, nemmeno quando l’edificio medesimo è destinato alla successiva demolizione e ricostruzione o quando l’edificio non assorbe in sé la capacità edificatoria dell’area su cui insiste.

Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, se su un’area insiste un fabbricato, l’area in questione deve considerarsi come edificata e non può essere considerata come area suscettibile di utilizzazione edificatoria, dal momento che la potenzialità edificatoria si è già consumata.

La conclusione espressa dall’Agenzia delle Entrate è che sono da considerarsi superate le indicazioni contenute nella propria Risoluzione del 2008 e non sono ulteriormente sostenibili le pretese dell’Amministrazione finanziaria in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

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