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11 Settembre 2020

Ricercatore straniero che si trasferisce in Italia: sì agli incentivi fiscali

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Un nuovo quesito è stato esaminato dall’Agenzia delle Entrate. Riguarda gli incentivi fiscali previsti per favorire il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all’estero.

L’istanza di interpello è stata presentata da un cittadino straniero che svolge l’attività di ricercatore e che, dal 1° gennaio 2020, si è trasferito in Italia per svolgere la propria attività presso un’Università italiana. L’istante ha precisato di aver completato il dottorato nel Paese di origine e di aver lavorato come ricercatore per diverso tempo in due Paesi europei.

Il quesito posto all’Agenzia delle Entrate riguarda la possibilità di beneficiare delle agevolazioni fiscali previste dal Decreto Legge n. 78 del 2010 per i docenti e ricercatori che provengono dall’estero e decidono di lavorare ed acquisire la residenza italiana. L’istante ha la particolarità di non aver mai avuto la residenza in Italia.

L’Agenzia delle Entrate, nella Risposta n. 307 del 3 settembre 2020, ha ricordato che il Decreto Legge n. 78 del 31 maggio 2010 ha introdotto degli incentivi per i ricercatori residenti all’estero che rientrano in Italia. In particolare, ai fini delle imposte sui redditi, è escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il 90 % degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all’estero, abbiano svolto una documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o Università per almeno due anni continuativi e che vengano a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo la residenza fiscale nel nostro Paese.

L’agevolazione trova applicazione nel periodo d’imposta nel quale il ricercatore diviene fiscalmente residente in Italia e nei cinque periodi d’imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.

L’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che l’agevolazione fiscale non è diretta esclusivamente ai cittadini italiani che intendono rientrare in Italia, ma riguarda tutti i ricercatori residenti all’estero che, trasferendosi in Italia, possono favorire lo sviluppo della ricerca nel nostro Paese in virtù delle loro particolari conoscenze scientifiche.

Inoltre, è precisato che la normativa richiede che l’attività sia stata svolta all’estero presso un centro di ricerca pubblico o privato o un’Università, mentre non dispone nulla riguardo ai requisiti dei datori di lavoro e dei committenti che daranno l’attività da svolgere in Italia a coloro che intendono richiedere l’agevolazione fiscale. Quindi, non rileva la natura del datore di lavoro o del soggetto committente: per l’attività di ricerca, può trattarsi di un’Università pubblica o privata, di un centro di ricerca pubblico o privato o di un’impresa o un ente che disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca.

Riguardo al caso specifico, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto, quindi, che il contribuente istante che ha trasferito la residenza fiscale in Italia nel 2020 per svolgere l’attività di ricercatore presso un’Università italiana, qualora sussistano i requisiti previsti dalla disciplina in materia e nonostante sia un cittadino straniero che non ha mai avuto la residenza in Italia, possa beneficiare dell’agevolazione fiscale in questione per i redditi prodotti in Italia dal 2020 e per i cinque periodi d’imposta successivi, sempre che mantenga la residenza fiscale nel nostro territorio.

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