La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 21555 del 20 settembre 2013, ha affermato che le questioni circa la responsabilità dell’ente nei reati commessi dal legale rappresentante sono estranee alla controversia che ha ad oggetto la tassabilità delle somme che sono entrate nella contabilità dell’ente e che per questo hanno costituito “reddito” o “volume d’affari” a quest’ultimo imputabili.
Il fatto che le somme siano state distratte dal legale rappresentante a proprio vantaggio è qualcosa che riguarda il rapporto tra l’ente ed il proprio legale rappresentante, per indebita sottrazione di somme al bilancio dell’ente, che avrà, quindi, diritto al risarcimento del danno nei confronti del legale rappresentante.
Non riguarda, invece, il rapporto tra l’ente e l’Amministrazione finanziaria, per l’omesso adempimento degli obblighi fiscali.
E’ stato, così, rigettato il ricorso presentato da un’Associazione di volontariato Onlus contro la pronuncia di secondo grado che aveva confermato gli avvisi di accertamento, emessi ai fini Irpeg ed Iva, a seguito di una verifica della Guardia di Finanza, per operazioni inesistenti poste in essere con false fatturazioni allo scopo di ottenere da diversi enti ospedalieri in convenzione rimborsi di spese non dovuti.
L’ente destinatario degli avvisi di accertamento aveva sostenuto di non aver mai realizzato dei redditi, perché le predette false operazioni erano state svolte esclusivamente dall’amministratore per proprio personale vantaggio. Questi aveva immediatamente distratto le somme solo formalmente transitate nella contabilità dell’ente, con accertamento della personale responsabilità in sede penale.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.