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18 Giugno 2011

Deduzione fiscale delle donazioni in favore di istituti di ricerca: la Corte di Giustizia UE esclude che possa essere limitata a quelle in favore di istituti nazionali.

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La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la Sentenza del 16 giugno 2011, relativa al procedimento C-10/10, ha affermato il principio secondo il quale uno Stato membro (nel caso di specie l’Austria), consentendo la deduzione fiscale delle donazioni effettuate in favore di istituti incaricati di attività di ricerca e di insegnamento, unicamente nel caso nel quale questi istituti siano stabiliti nel territorio dello Stato medesimo, viola gli obblighi su di esso incombenti in forza delle norme comunitarie.   

La Corte ha evidenziato come la possibilità di ottenere una deduzione fiscale può incidere in misura considerevole sulla generosità del donatore. Di conseguenza, la non deducibilità delle deduzioni accordate ad istituti di ricerca e di insegnamento stabiliti in uno Stato membro diverso da quello che prevede la disciplina fiscale può dissuadere i contribuenti dall’effettuare le donazioni a loro vantaggio.

Pertanto, si verifica una restrizione ai movimenti di capitali che è vietata, in linea di principio, dalla normativa comunitaria.

Affinché una normativa fiscale nazionale che opera una distinzione come quella esaminata nel caso di specie possa essere considerata compatibile con le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali, è necessario che la differenza di trattamento riguardi situazioni che non sono oggettivamente paragonabili o sia giustificata da motivi imperativi di interesse generale.

L’unico criterio alla base della distinzione tra i contribuenti che effettuano donazioni agli istituti che hanno la propria sede in Austria e quelli che effettuano donazioni agli istituti corrispondenti stabiliti in un altro Stato membro dell’Unione Europea è, secondo la Corte europea, il luogo in cui è stabilito il beneficiario della donazione. E questo criterio non è un criterio valido per stabilire una differenza oggettiva tra le situazioni.

Riguardo all’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale, la Corte ha ricordato che, nonostante la promozione della ricerca e dello sviluppo possa costituire un tale motivo, una normativa nazionale che riservi un beneficio fiscale soltanto alle attività di ricerca realizzate nello Stato membro interessato è direttamente contraria allo scopo della politica dell’Unione nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Tale scopo consiste, infatti, nell’eliminazione degli ostacoli fiscali alla cooperazione nel settore della ricerca. La politica comunitaria non può, quindi, essere attuata attraverso la promozione della ricerca e dello sviluppo solo a livello nazionale.

a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.

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