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2 Ottobre 2014

Stabile organizzazione: la Cassazione precisa le condizioni che devono sussistere affinché nasca l’obbligo di pagare le imposte in Italia

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La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 40327 del 30 settembre 2014, ha accolto il ricorso nei confronti della pronuncia nella quale era stato contestato alla titolare di una ditta attiva nell’ambito della commercializzazione degli abiti di aver omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi dal 2002 al 2005, al fine di evadere le imposte per un importo, per ciascun anno, superiore alla soglia minima di punibilità.

In particolare, nella pronuncia impugnata era considerato accertato che l’impresa imputata, con sede in Lussemburgo, aveva operato in Italia attraverso una sua stabile organizzazione, costituita presso la sede di una società italiana, e che, pertanto, era tenuta alla presentazione della dichiarazione ed al pagamento delle imposte sul territorio italiano.

La Cassazione ha evidenziato che si può ritenere che un’impresa abbia una stabile organizzazione in Italia quando si svolgano nel territorio italiano la gestione amministrativa, le decisioni strategiche, industriali e finanziarie, nonché la programmazione di tutti gli atti necessari affinché sia raggiunto il fine sociale, non rilevando, invece, il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell’espletamento dei servizi.

Nel caso di specie, i Giudici di secondo grado avevano sostenuto che l’impresa imputata aveva una stabile organizzazione in Italia, sulla base di indici equivoci e non significativi, quali lo stoccaggio presso il magazzino della società situata in Italia dei capi di abbigliamento prodotti o la spedizione di essi ai clienti. Non erano, invece, stati presi in considerazione altri elementi emersi nel corso del procedimento in base ai quali si poteva affermare che le decisioni effettive imprenditoriali erano operate esclusivamente dall’impresa con sede all’estero e giungevano per la sola fase esecutiva presso la società italiana.

Quest’ultima non aveva la possibilità di determinare autonomamente la tipologia o la quantità di merce da produrre, né essa aveva autonomia in ordine all’accettazione degli ordini. Inoltre, la gestione dell’eventuale contenzioso sulla qualità della merce prodotta dalla società con sede in Italia, per conto ed a precisa richiesta dell’impresa estera, era esclusiva competenza di quest’ultima.

La società italiana, quindi, era un semplice incaricato dell’impresa estera, cioè, secondo quanto espressamente affermato dalla Cassazione, un mero esecutore delle disposizioni imprenditoriali impartite di volta in volta dall’impresa estera.

Come detto, sono stati riconosciuti come fondati i motivi di impugnazione presentati dalla contribuente e la sentenza impugnata è stata, quindi, annullata.

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