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23 Ottobre 2015

Nell’accertamento sintetico non rilevano i redditi di familiari diversi dal coniuge convivente e figli

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La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 21362 del 21 ottobre 2015, ha ricordato il proprio consolidato orientamento secondo il quale la determinazione sintetica del reddito complessivo effettuata in base ai coefficienti presuntivi individuati dai Decreti Ministeriali previsti dall’articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 (cosiddetto redditometro) esonera l’Amministrazione finanziaria da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza degli indici della capacità contributiva, individuati negli stessi Decreti.

Quindi, è legittimo l’accertamento fondato su tali indici e resta a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

Il contribuente non deve dimostrare soltanto che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche che l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso risultano da idonea documentazione.

Occorre, quindi, ancorare a fatti oggettivi l’astratta disponibilità di quei redditi, affinché possa essere concretamente riferita a tali redditi la maggiore capacità contributiva accertata con il metodo sintetico in capo al contribuente.

La Corte di Cassazione ha, inoltre, precisato che il riferimento all’intero nucleo familiare deve essere limitato alla sola famiglia naturale in senso stretto, costituita da coniugi conviventi ed eventualmente da figli. Non può, infatti, desumersi dalla mera convivenza con il parente (che non sia coniuge o figlio) la disponibilità dei suoi redditi, in quanto trattasi di persona estranea allo stretto nucleo familiare.

Nel caso specifico, la contribuente aveva ricevuto un avviso di accertamento ex articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973, per l’Irpef relativa all’anno 2000. Gli elementi indicativi della capacità contributiva erano rappresentati dagli acquisti, da parte della contribuente, di un immobile e di due autovetture.

La Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto corretto l’accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria ed aveva escluso che la contribuente avesse fornito le necessarie prove documentali finalizzate a dimostrare l’insussistenza del contestato incremento patrimoniale od a dimostrare che tale incremento non derivava da redditi realizzati negli anni precedenti.

La contribuente sosteneva che i Giudici di secondo grado avevano omesso di valutare la complessiva redditività familiare ed avevano erroneamente affermato l’irrilevanza della natura speculativa dell’acquisto immobiliare che lei stessa aveva effettuato e che era stato posto a fondamento dell’accertamento nei suoi confronti.

La Corte di Cassazione ha ritenuto prive di fondamento le contestazioni sollevate dalla contribuente ed ha, quindi, respinto il suo ricorso, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento.

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