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30 Giugno 2012

Imposta di registro: l’Agenzia delle Entrate risponde a diversi quesiti in materia.

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Nella Circolare n. 27 del 21 giugno 2012, sono state inserite diverse risposte fornite dall’Agenzia delle Entrate a quesiti posti, dalle Direzioni centrali e regionali dell’Agenzia medesima, in materia di imposta di registro.

In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate si è occupata dei decreti di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, previsto dall’articolo 182-bis della Legge Fallimentare.

Tali accordi sono caratterizzati, ha precisato l’Agenzia, da una prima fase a carattere stragiudiziale, nella quale il debitore ed i creditori giungono ad un accordo sul risanamento dell’impresa, mediante un regolamento consensuale

della situazione debitoria, ed una seconda fase a carattere giudiziale, nella quale l’accordo raggiunto viene pubblicato sul registro delle imprese, al fine di consentire la formulazione di eventuali opposizioni, e viene assoggettato alla procedura di omologazione.

Riguardo all’imposta di registro dovuta in sede di registrazione del provvedimento di omologa dell’accordo di ristrutturazione, l’Agenzia ha affermato che la posizione assunta dalla giurisprudenza in merito al trattamento fiscale del decreto di omologa del concordato preventivo deve trovare applicazione anche con riferimento al decreto di omologa di tali accordi di ristrutturazione dei debiti. Deve, quindi, essere applicata l’imposta di registro nella misura fissa di 168 Euro.

E’ stato, altresì, precisato che, non avendo il legislatore definito puntualmente il contenuto degli accordi di ristrutturazione, questi possono prevedere anche il trasferimento o la costituzione di diritti reali. Se l’atto giudiziario di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti costituisce titolo per il trasferimento o la costituzione di diritti reali su beni immobili o su unità da diporto o su altri beni e diritti reali, deve essere applicata l’imposta di registro in misura proporzionale.

Inoltre, nella Circolare del 21 giugno 2012, è stato affermato che l’imposta di registro trova applicazione nella misura proporzionale nell’ipotesi di concordato fallimentare con trasferimento dei beni al terzo assuntore. In questo caso, infatti, a differenza di quanto avviene nel concordato con cessione di beni o con garanzia, l’atto giudiziario di omologa produce immediatamente effetti traslativi.

Se però l’atto ha ad oggetto operazioni incluse nell’ambito di applicazione dell’Iva, l’imposta di registro deve essere applicata in misura fissa.

Ancora, con riguardo al concordato fallimentare con trasferimento dei beni al terzo assuntore, sussiste una stretta connessione oggettiva tra l’accollo delle obbligazioni concordatarie ed il trasferimento dell’attivo fallimentare. Si deve, quindi, applicare, per la determinazione della base imponibile, la regola relativa agli atti che contengono più disposizioni che derivano necessariamente le une dalle altre. Tale regola vuole che l’imposta di registro si applichi come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all’imposizione più onerosa, con riguardo sia all’aliquota sia alla base imponibile.

Bisognerà, quindi, confrontare l’imposizione gravante sulla parte del decreto di omologa relativo all’accollo dei debiti derivanti dal concordato, soggetti all’imposta nella misura del 3 %, e l’imposizione gravante sui beni dell’attivo fallimentare trasferiti per effetto del concordato. Nella Circolare, è stato, altresì, precisato che l’attivo della società in fallimento può comprendere sia i crediti pro-soluto e pro-solvendo, sia i depositi bancari che la titolarità di azioni giudiziarie pendenti riguardanti la massa fallimentare ed i crediti vantati verso l’Erario.

L’Agenzia delle Entrate si è occupata anche del trattamento fiscale, ai fini dell’imposta di registro, delle disposizioni patrimoniali in favore dei figli effettuate in adempimento di accordi di separazione e divorzio.

In materia, è stato ricordato che l’articolo 19 della Legge n. 74 del 6 marzo 1987 dispone che tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.

L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto che l’esenzione fiscale in questione deve ritenersi applicabile anche alle disposizioni patrimoniali in favore dei figli disposte in accordi di separazione e di divorzio, a condizione che il testo dell’accordo omologato dal Tribunale preveda espressamente che l’accordo patrimoniale in favore dei figli, contenuto nello stesso, sia elemento funzionale ed indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale.

L’Agenzia delle Entrate ha, altresì, riconosciuto l’applicabilità dell’esenzione suddetta al fine di escludere la decadenza dalle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della “prima casa”, qualora, in adempimento di un obbligo assunto in sede di separazione o divorzio, uno dei coniugi ceda la propria quota dell’immobile all’altro prima del decorso del periodo di cinque anni. La decadenza dall’agevolazione non si verificherebbe a prescindere dalla circostanza che il coniuge che cede la quota dell’immobile, acquisti o meno un nuovo immobile da destinare ad abitazione principale.

La decadenza dalle agevolazioni “prima casa” non si verifica neanche nel caso in cui l’accordo di separazione o divorzio omologato dal Tribunale prevede la cessione da parte di entrambi i coniugi dell’immobile ad una terza persona e la rinuncia da parte di uno dei coniugi in favore dell’altro dell’incasso della vendita. In questo caso, però, la decadenza è esclusa soltanto se il coniuge al quale viene assegnato l’intero corrispettivo della vendita riacquista, entro un anno dall’alienazione, un altro immobile da adibire ad abitazione principale. Il coniuge cedente, che riversa il ricavato della vendita all’altro coniuge, invece, non è tenuto ad acquistare un nuovo immobile per evitare la decadenza dalle agevolazioni fiscali.

a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.

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