La Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 19126 del 6 novembre 2012, ha richiamato la propria giurisprudenza relativa all’imposta di registro dovuta in relazione alla compravendita di un immobile privo di rendita catastale.
La Suprema Corte, in particolare, ha ricordato che, nel caso in cui il contribuente che ha acquistato un immobile privo di rendita catastale ha dichiarato di volersi avvalere del criterio di valutazione automatica, con contestuale domanda di attribuzione della rendita, ed il valore indicato nell’atto di compravendita viene, poi, ad essere inferiore a quello risultante dalla valutazione automatica, l’Amministrazione finanziaria può riscuotere la maggiore imposta di registro, derivante dal maggior valore dell’immobile, con un avviso di liquidazione, senza che vi sia obbligo di emettere un avviso di accertamento.
L’Ufficio finanziario, infatti, si limita ad operare sulla base dell’assegnazione della rendita da parte dell’UTE, il quale a sua volta non esercita alcun potere di accertamento, ma svolge un’attività di informazione, frutto di un semplice calcolo matematico.
La Corte ha, altresì, evidenziato che il termine di decadenza biennale, previsto per le ipotesi nelle quali l’Amministrazione finanziaria procede ad accertamento del “valore venale”, non riguarda le suddette liquidazioni, effettuate in base a valori catastali, ai sensi del quarto comma dell’articolo 52 del Testo Unico sull’imposta di registro, per le quali è previsto il più ampio termine di decadenza triennale.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.