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Saggi
30 Aprile 2015

Deducibilità fiscale delle spese per la casa familiare versate al coniuge a seguito di separazione o divorzio

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Negli ultimi tempi, sia la Corte di Cassazione, ossia l’organo giudiziario di vertice che svolge la funzione prevalente di assicurare un’interpretazione ed un’applicazione uniformi delle nostre norme giuridiche, sia l’Agenzia delle Entrate, si sono occupate della questione della deducibilità fiscale delle somme versate dal contribuente per l’abitazione nella quale vive il coniuge (o l’ex coniuge), in virtù di quanto stabilito nel provvedimento della separazione o del divorzio.

In primo luogo, ricordiamo che il Testo Unico delle Imposte sui Redditi prevede, all’articolo 10, comma 1, lett. c), che siano deducibili dal reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito, gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effettivi civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria.

La legge stabilisce, quindi, che sono certamente oneri deducibili gli assegni versati periodicamente per il mantenimento del coniuge (o dell’ex coniuge, in caso di divorzio). Non sono, invece, sicuramente deducibili gli assegni destinati al mantenimento dei figli e le somme corrisposte al coniuge in un’unica soluzione.

Nella direzione dell’estensione dell’ambito di applicazione della norma che prevede la deducibilità fiscale degli assegni periodici versati al coniuge, la Corte di Cassazione ha recentemente espresso, nell’Ordinanza n. 6794 del 2 aprile 2015, un nuovo orientamento secondo il quale possono essere considerate deducibili ai fini dell’Irpef le somme versate, in alternativa all’assegno di mantenimento, per il mutuo dell’abitazione nella quale continua a vivere il coniuge separato.

In particolare, nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, il mutuo della casa era intestato al coniuge separato al quale avrebbero dovuto essere versati gli assegni di mantenimento e, quindi, pagando direttamente le rate del mutuo (di importo comunque non superiore all’assegno di mantenimento stabilito nella sentenza di separazione), il coniuge tenuto a versare l’assegno di mantenimento, faceva fronte agli obblighi che derivavano dal contratto di mutuo, in luogo e nell’interesse del coniuge intestatario del mutuo medesimo.

L’Agenzia delle Entrate, nel giudizio in questione, aveva contestato la deducibilità fiscale delle rate del mutuo, sulla base della circostanza che non si trattava di somme versate al coniuge nella misura risultante da un provvedimento dell’autorità giudiziaria. La sentenza di separazione, infatti, faceva riferimento soltanto all’assegno di mantenimento.

Ma la Corte di Cassazione ha evidenziato come, in questo caso, l’adempimento dell’obbligo di mantenimento, posto dal Giudice a carico di uno dei coniugi in favore dell’altro, avveniva non attraverso il versamento di un assegno periodico, ma mediante una diversa modalità, consistente nell’accollo delle rate periodiche del mutuo gravanti sul coniuge separato. Comunque, entrambi i comportamenti perseguivano il medesimo interesse tutelato dalla legge, ossia quello di assistere materialmente il coniuge in difficoltà economica a seguito della separazione, e rappresentavano modalità di adempimento del medesimo obbligo (quello di mantenimento) previsto dal provvedimento dell’autorità giudiziaria.

Quindi, le spese sostenute periodicamente dal coniuge separato (le rate del mutuo, versate in alternativa agli assegni di mantenimento) possono legittimamente, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, essere considerate oneri deducibili ai fini dell’Irpef. Forse, tra non molto tempo, anche l’Agenzia delle Entrate fornirà indicazioni analoghe in merito a tale questione.

Oggi, intanto, è la stessa Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 17 del 24 aprile 2015, sia pur sempre sulla base di un orientamento della Corte di Cassazione, ad aver riconosciuto espressamente che sono deducibili dal reddito complessivo ai fini Irpef le spese sostenute dal contribuente per la casa familiare nella quale vive il coniuge separato (o l’ex coniuge divorziato), in virtù di quanto previsto dalla sentenza di separazione o di divorzio.

In particolare, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate, gli importi versati per la locazione della casa familiare e per le relative spese condominiali, qualora siano disposti da un provvedimento del Giudice, siano quantificabili e siano versati periodicamente direttamente al coniuge, presentano gli stessi requisiti dell’assegno di mantenimento e, quindi, sono deducibili dal reddito imponibile del coniuge che li versa.

La pronuncia della Corte di Cassazione richiamata nel documento di prassi dell’Amministrazione finanziaria è l’Ordinanza n. 13029 del 24 maggio 2013. In tale pronuncia, la Cassazione aveva affermato che le spese per assicurare al coniuge la disponibilità di un alloggio costituiscono un contributo per il suo mantenimento. La disponibilità di un’abitazione, infatti, costituisce un elemento essenziale per la vita di un soggetto.

Ancora, la Cassazione aveva già affermato, nella pronuncia del 2013, che il contributo versato per l’abitazione nella quale vive il coniuge separato, per essere assimilato all’assegno di mantenimento, deve essere periodico, deve essere versato direttamente al coniuge e deve essere determinato dal Giudice, eventualmente “per relationem”, sulla base di elementi certi e conoscibili.

Per quanto riguarda la quantificazione delle spese deducibili, già nella pronuncia della Cassazione era stato precisato che, qualora l’abitazione per la quale sono versate le somme, sia a disposizione sia del coniuge che dei figli, la deduzione dovrà riguardare soltanto la metà delle spese. L’articolo 3 del D.P.R. n. 42 del 4 febbraio 1988 (contenente le disposizioni di attuazione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) prevede, infatti, che, ai fini della deducibilità dal reddito complessivo, gli assegni che siano corrisposti al coniuge anche per il mantenimento dei figli si considerano destinati al mantenimento di quest’ultimi per metà del loro ammontare, a meno che il provvedimento dell’autorità giudiziaria non preveda espressamente una diversa ripartizione.

Anche l’Agenzia delle Entrate ha precisato, nella Circolare del 24 aprile 2015, che, qualora la casa familiare sia destinata all’abitazione sia del coniuge, che dei figli, gli importi della locazione e delle spese condominiali sono deducibili per la metà.

Gli importi deducibili, inoltre, come già affermato dalla giurisprudenza della Cassazione e poi meglio chiarito dall’Agenzia delle Entrate, possono anche non essere individuati precisamente nella sentenza di separazione o di divorzio, purché siano precisamente determinabili grazie ad altra documentazione, come il contratto di locazione o la documentazione dalla quale risulta il contributo per le spese condominiali. Ai fini della deducibilità delle spese, quindi, dovranno essere presentati non soltanto il provvedimento dell’autorità giudiziaria, ma anche la documentazione suddetta e la documentazione che dimostri l’avvenuto pagamento degli oneri in questione.

Si ricorda, infine, che una volta riconosciuta la deducibilità da parte del coniuge (o dell’ex coniuge), ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lett. c), del TUIR, delle somme versate, deve necessariamente riconoscersi la tassazione delle medesime somme in capo all’altro coniuge (o ex coniuge) che le ha ricevute. Gli assegni periodici percepiti dal coniuge, infatti, sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lett. i), del TUIR. Tali assegni, inoltre, si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e nelle scadenze risultanti dai relativi titoli, ai sensi dell’articolo 52, comma 1, lett. c.), del TUIR.

Molto probabilmente, acquistando sempre più rilevanza, in ambito sociale e, quindi, anche giuridico, la contribuzione al mantenimento del coniuge più debole economicamente a seguito della separazione o del divorzio, attraverso il soddisfacimento delle sue esigenze abitative, le questioni che verranno a tal proposito sollevate saranno sempre più numerose e l’Amministrazione finanziaria dovrà sempre più rivedere le proprie posizioni in materia.

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Avv. Raffaella De Vico
www.dirittiedoverinellafamiglia.it

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