L’origine:
La necessità aguzza l’ingegno e questo è ormai risaputo.
Ecco quindi che a maggior ragione in un periodo di crisi del mercato del lavoro, di tagli al superfluo e a volte anche a quello necessario, si deve rivedere anche il modo di lavorare, in particolare di organizzarlo.
Prima quando un soggetto, in particolare un professionista, programmava l’inizio della propria attività, l’elemento fisico “luogo di lavoro” rappresentava una delle scelte strategiche.
Individuare il luogo più idoneo per svolgere la propria attività, scegliere degli uffici rappresentativi, facilmente raggiungibili dai propri clienti, con ampi parcheggi, spazi interni confortevoli, ben arredati e personale per l’attività di back office era sicuramente una priorità.
Ora in un momento in cui la crisi sembra non volerci abbandonare e le risorse disponibili per l’avvio di una nuova attività sono più difficilmente reperibili, l’idea di avviare un ufficio con tutti i costi fissi che ne conseguono sembra essere davvero impensabile soprattutto per chi si affaccia al mondo del lavoro autonomo e professionale con poche disponibilità finanziare e prima ancora di avere uno zoccolo duro di clientela su cui poter contare in quanto fidelizzata.
Ecco quindi che si creano nuove modalità di operare, soprattutto “in solitaria” ed in alternativa alla scelta più drastica di lavorare da casa senza però perdere di vista il suo impatto economico, e quindi contenendo le spese, creando inoltre collaborazioni e sinergie che aiutino a fidelizzare ma soprattutto ad incrementare i clienti e ad offrire una gamma di servizi sempre più completa nell’ambito di un unico contesto logistico.
Nasce una nuova filosofia di lavoro: il coworking; che proprio nuova non è almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti d’Amica, da sempre il paese maggiormente “evoluto”, moderno ma soprattutto aperto alle novità.
Dovendo definire questo nuovo modo di lavorare potremmo limitarci a tradurre il termine il cui significato letterale si può riassumere appunto in “lavorare insieme”.
Si condividono quindi spazi di lavoro “fisici” e “virtuali”.
L’eccezione “lavorare insieme” non è da intendersi solo in maniera ristretta nel senso di lavorare fisicamente con qualcun altro, ma decisamente in maniera più ampia e soprattutto trasversale.
Si tratta infatti di:
- condividere l’ambiente di lavoro, pur mantenendo ciascun soggetto la propria individualità;
- creare sinergie e collaborazioni per un’offerta più completa dei servizi, (per esempio trovare nello stesso ufficio un commercialista, un consulente del lavoro e un avvocato può essere molto utile per il cliente che recandosi presso un unico “ufficio” può soddisfare necessità di consulenze diverse ma in qualche caso anche interdipendenti;
- condividere il “sapere”, il know how oltre che gli spazi;
- ridurre le barriere che spesso, per la difficoltà di creare occasioni di incontro, si creano tra le varie aziende;
- ripartire i costi di gestione del luogo di lavoro.
Il coworking nasce a San Francisco, negli Usa intorno al 2005 dall’idea di alcuni programmatori freelance per creare spazi di lavoro per condiviso dove poter ospitare altri operatori freelance.
Da questo esperimento, assolutamente vincente, è nato il Coworking Center.
In Italia il fenomeno ha cominciato a diffondersi sono nel 2008 (inizio della crisi) e recentemente ha visto un suo riconoscimento anche legislativo sull’onda della Legge n. 221 del 17.12.2012 “Conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto Legge 18.10.2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” – pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 294 del 18.12.2012 – Supplemento Ordinario n. 208 ed entrato in vigore in data 19.12.2012.
La succitata Legge ha attuato le così dette “Start up innovative”, orientandosi così verso un segmento di popolazione attiva giovane ed intraprendente, pronto alle novità e soprattutto alle condivisioni appunto.
Berlino è considerata la capitale europea del Coworking.
iere che la ospita.
Sono ormai più di 3000 in tutto il mondo gli spazi destinati al coworking; entrare in questa “comunità” significa entrare a far parte di un gruppo di persone che rendono migliore e più completa l’esperienza lavorativa, scambiando quotidianamente esperienze, competenze ed informazioni.
Generalmente questa nuova modalità lavorativa trova l’interesse di professionisti, che lavorano in assoluta autonomia ed individualità e che per lo svolgimento della propria attività non hanno bisogno di grandi organizzazioni, di attrezzature né di dipendenti e che normalmente lavorano da casa ma che possono anche trovarsi nella necessità di avere un luogo “estraneo” rispetto all’ambiente domestico, spesso fonte anche di interruzione, di interferenza e di distrazione, e “professionale” dove per esempio poter incontrare la propria clientela, sottoscrivere contratti e promuovere la propria attività.
Anche fisicamente e logisticamente gli spazi esprimono questa novità, giovinezza e freschezza nell’approccio del lavoro, in particolare con l’utilizzo di pareti attrezzate, gli open space, che pur individuando fisicamente ambienti e ambiti distinti, per ciascuno dei quali è garantita la privacy, risultano essere sia per gli operatori che per i fruitori dei servizi tutti a portata di mano.
In alcuni ambiti oltre agli spazi da condividere per ragioni di lavoro si possono trovare anche delle aree “servizi”, quali per esempio:
– sale relax;
– cucine;
– sale riunioni o meeting;
– mini palestre;
– ampi parcheggi esterni ad uso esclusivo, che rende più facile il raggiungimento del luogo di incontro senza doversi scontrare con limiti per l’accesso o per la sosta;
– spazi baby gestite da educatrici professionali, che possono essere utilizzate dagli operatori professionisti freelance durante il loro impegno lavorativo; ciò per esempio riduce molto l’ansia dei genitori, soprattutto le mamme, sempre oberati di impegno che devono programmare e suddividere la propria giornata lavorativa in funzione anche della gestione dei propri figli soprattutto se ancora non in età scolastica.
Tutto ciò rende decisamente più semplice e più stimolante il lavoro a favore della qualità dello stesso creando anche molto spesso nuove opportunità o progetti comuni.
Nascono come abbiamo detto prima nuove relazioni “sociali”, nuove sinergie, nuovi gruppi di lavoro e nuovi incontri tra servizi e necessità diverse, dando origine così a nuove piattaforme che prendono il nome di Comunità di coworking.
Se volessimo sintetizzare i benefici di questo nuovo modo di lavorare potremmo indicare queste caratteristiche:
- sostenibilità economica, lavorativa e ambientale;
- mobilità, flessibilità;
- conciliazione lavoro-vita;
- welfare aziendale.
Recenti studi sugli effetti dell’introduzione di questo nuovo modo di lavorare hanno riscontrato i seguenti risultati:
– 71% ha riscontrato un miglioramento della propria creatività;
– 68% ritiene di riuscire a concentrarsi meglio;
– 62% ha riscontrato una elevazione degli standard qualitativi delle proprie prestazioni.
Le singole postazioni sono generalmente delimitate nello spazio da postazioni open space, facilmente rimovibili o ampliabili, attrezzate con mobili ed attrezzature quali ad esempio computer, tablet, telefono, fotocopiatrice, stampanti e ovviamente tutte le connessioni per la comunicazione “on line”, avendo anche a disposizione eventualmente personale di segreteria per l’attività di back office, nonché un servizio di domiciliazione postale (in luogo per esempio delle ormai superate“caselle postali”).
Altro aspetto positivo: gli utilizzatori non dovranno farsi carico di costi quali ad esempio: spese condominiali, servizio di pulizia, utenze, ecc…, rendendo decisamente appetibile questa soluzione lavorativa.
Il costo di tutto questo “impianto” (inteso nel senso più largo del termine e comprendendo quindi anche i costi relativi alla gestione dell’immobile) sarà addebitati con tariffe (anche orarie) agli utilizzatori.
Gli spazi potranno essere prenotati anche in anticipo attraverso un sistema di e-commerce come per esempio quello ideato e approntato da Massimo Carraro fondatore del progetto COWOPASS.IT, servizio attualmente già attivo in due (Milano e Roma) delle 64 sedi Cowo individuate in 40 città italiane.
Sempre più città si stanno comunque attrezzando con analoghi servizi.
Questo metodo si presta benissimo anche per quegli operatori che per la tipicità della propria attività sono spesso in viaggio e conseguentemente non sentono la necessità di avere una sede operativa fissa pur avendo comunque l’esigenza di trovare unità di appoggio per esempio per i propri incontri.
Per l’utilizzo degli spazi e dei relativi servizi tra i Coworking Center o Business Center si sottoscrive un contratto con l’individuazione degli spazi e dei servizi utilizzati e con l’accettazione delle tariffe applicate a seconda dei pacchetti offerti e utilizzati.
Tra il Concedente e l’Utilizzatore è possibile anche la sottoscrizione di un contratto di abbonamento e con la possibilità di utilizzare i servizi selezionati nell’ambito di un determinato periodo (per esempio entro 12 mesi dalla data di sottoscrizione del contratto).
Al contratto sarà allegata anche una planimetria con l’individuazione degli spazi richiesti e prenotati.
Gli spazi potranno essere messi a disposizione anche per eventi particolari quali per esempio “mostre” o esposizioni, concordando quindi i tempi e le modalità di accesso ai locali.
Analogie con altre forme di condivisione:
Il coworking è in qualche maniera simile ai così detti “incubatori di impresa” ovvero quei programmi progettati per accelerare lo sviluppo di imprese attraverso una serie di servizi e risorse di sostegno alle imprese, anche se in questi ultimi spesso mancano aspetti di socialità, collaborazione e informalità.
Da questo punto di vista, le iniziative di coworking assomigliano di più a cooperative, specie per la loro attenzione al concetto di comunità, piuttosto che a tipiche iniziative commerciali.
Ancora il coworking trova delle affinità con “l’affitto condiviso” di spazi da utilizzare lo svolgimento della propria attività. In questo caso però molto spesso i contratti di locazione dell’immobile piuttosto che le utenze e le attrezzature sono in carico ad uno degli utilizzatori il quale poi provvede ad un riparto pro quota tra gli altri “colleghi” che condividono gli spazi e servizi.
In questa ipotesi diventa difficile per il “soggetto principale” consentire un uso solo occasionale della struttura in quanto non avrebbe la certezza e la pre determinazione della quota di ristorno dei costi che altrimenti se non addebitati pro quota tra gli altri non troverebbe copertura rimanendo a suo totale carico.
Le implicazioni fiscali:
A chiarire quali siano le conseguenze e gli adempimenti fiscali di questa attività di coworking è intervenuta la Fondazione degli Studi dei Consulenti del Lavoro, con proprio Parere n. 23 del 14.09.2010.
Il Soggetto titolare dei contratti gravanti sugli spazi condivisi con i propri “colleghi” con i quali non sussiste un rapporto societario dovrà fatturare i costi pro quota tra gli utilizzatori come se si trattasse, perché così di fatto è, dell’addebito di una tariffa per un servizio o un pacchetto di servizi richiesto dal cliente.
Non potrà quindi limitarsi ad un mero riparto dei costi a vario titolo sostenuti tra i vari soggetti utilizzatori.
Un’opportunità importante:
La Camera di Commercio di Milano ha indetto un bando per la “Costituzione di un elenco qualificato di soggetti fornitori di servizi di coworking” nonché per l’”erogazione di incentivi economici a favore di giovani coworkers”.
La scadenza del suddetto Bando è il 21.11.2014.
Tutte le informazioni utili, nonché il bando, regolamento e le schede tecniche sono reperibili sul sito della Camera di Commercio di Milano http://www.mi.camcom.it/bando-coworking, nonché all’indirizzo e-mail: plo.coworking@comune.milano.it.
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