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Novità Iva
Scritto da:
12 Settembre 2025
4 Minuti di lettura

Somme all’appaltatore per ritardi: l’Iva è comunque dovuta

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Il principio chiarito dall’Agenzia delle Entrate

Quando una società appaltante è condannata dal tribunale al versamento di somme a favore dell’impresa che ha realizzato i lavori, tali importi non hanno natura risarcitoria, ma devono essere considerati come un corrispettivo aggiuntivo. Di conseguenza, essi sono soggetti a Iva.
Questo è quanto emerge dalla risposta n. 215 del 20 agosto 2025, con cui l’Agenzia delle Entrate ha fatto chiarezza sulla questione.

Il caso concreto: ritardi e maggiori oneri

Un’impresa di costruzioni, incaricata della realizzazione di un edificio, ha subito una serie di ritardi nello svolgimento delle attività. A seguito di ciò, la società esecutrice ha citato in giudizio la società committente, chiedendo il pagamento dei maggiori costi sostenuti durante il prolungamento del progetto.

Il tribunale ha condannato la società appaltante al versamento delle somme richieste. Tuttavia, la questione principale riguarda la loro qualificazione fiscale: si tratta di risarcimento danni oppure di compenso soggetto a imposta?

Risarcimento o corrispettivo: la distinzione essenziale

Secondo l’Agenzia, per stabilire se una somma debba essere assoggettata a Iva è necessario verificare se essa costituisca:

  • un corrispettivo per una prestazione ricevuta, quindi parte integrante del contratto,
    oppure
  • un risarcimento per inadempimento, quindi escluso dall’imposizione.

La disciplina in materia è contenuta nell’articolo 3, comma 1, del Dpr n. 633/1972, che considera imponibili tutte le prestazioni di servizi rese a fronte di un corrispettivo, incluse quelle derivanti da contratti di appalto, mandato, trasporto, agenzia, mediazione e simili.

Al contrario, l’articolo 15 dello stesso Dpr prevede che siano escluse dal calcolo dell’imposta le somme corrisposte a titolo di interessi moratori o di penali per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento contrattuale.

Il criterio del nesso di reciprocità

Un ulteriore aspetto sottolineato dall’Agenzia riguarda il cosiddetto nesso di reciprocità tra la somma pagata e la prestazione ricevuta.
Se il pagamento rappresenta l’effettivo corrispettivo di un servizio identificabile, allora l’operazione è imponibile. Diversamente, se manca una correlazione diretta tra l’attività svolta e l’importo versato, non vi è il presupposto per l’applicazione dell’Iva.

Questo principio è stato ribadito anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nelle cause C-277/05 del 18 luglio 2007 e C-270/09 del 16 dicembre 2010.

La conclusione dell’Agenzia: somme imponibili

Nel caso specifico, pur trattandosi di somme legate ai ritardi nell’esecuzione dell’opera, la costruzione è stata portata a termine.
Pertanto, l’importo versato dall’appaltante non può essere qualificato come penale risarcitoria, ma come integrazione del prezzo originario. In altre parole, l’appaltatore ha comunque fornito la prestazione pattuita e il committente ha ottenuto il bene richiesto, seppure in ritardo.

Di conseguenza, le somme dovute a titolo di maggiori oneri diretti e indiretti costituiscono a tutti gli effetti un corrispettivo supplementare da assoggettare a Iva.

Implicazioni pratiche per le imprese

Questa interpretazione assume particolare rilievo per il settore delle costruzioni e, più in generale, per tutti i contratti di appalto.
Le società devono prestare attenzione a distinguere correttamente tra somme a titolo di penale per danno subito, escluse dall’Iva, e importi che invece si configurano come integrazione del compenso contrattuale, imponibili.

In sintesi, il messaggio dell’Agenzia è chiaro: quando l’opera viene comunque completata, anche se con ritardo, le somme riconosciute all’appaltatore non si configurano come indennizzo, ma entrano nel regime ordinario di imposizione Iva.

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