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Novità Iva
28 Maggio 2021
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Shared payment in esenzione da Iva.

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Qual’è il trattamento applicabile ai fini Iva alle operazioni relative ad attività di shared payment?

A presentare un’istanza di interpello è una società che si occupa dello sviluppo di software per pagamenti on-line, tramite carte di credito o carte di debito. La società istante, nell’ambito dell’attività svolta, mette in contatto i venditori on-line di beni e servizi con i potenziali acquirenti. In particolare, il pagamento avviene secondo le seguenti modalità: dopo che il cliente ha effettuato l’acquisto, inserisce la carta per il pagamento e subisce un addebito pari ad un terzo dell’importo totale dovuto. Nei 60 giorni successivi, viene addebitata la restante parte dell’importo dovuto, in due rate. Al termine della prima transazione, la società istante acquista un credito commerciale pro-soluto per un valore pari alle restanti due rate di pagamento del cliente. Viene applicata soltanto una commissione al venditore per il processo di pagamento applicato.

Il quesito riguarda la corretta impostazione dal punto di vista tributario delle operazioni poste in essere.

Nella Risoluzione n. 35 del 24 maggio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che la società istante offre ai venditori di beni e servizi ed ai loro clienti un metodo di pagamento on-line in base al quale l’importo di una transazione viene diviso su diverse carte di credito e debito, intestate a soggetti diversi, addebitando su ciascuna carta una parte dell’importo complessivo. Si tratta di un’operazione di “pagamento condiviso” o “shared payment.

L’attività svolta consiste in due diverse fasi: nella prima fase, vi è il trasferimento di una somma pari ad un terzo dell’importo complessivamente dovuto dall’acquirente dalla carta del cliente stesso al conto di moneta elettronica del venditore on-line; nella seconda fase, si verifica l’acquisto pro-soluto della restante parte del credito commerciale dallo stesso venditore, per una somma pari ai due terzi dell’importo complessivo dovuto dall’acquirente, ad un prezzo pari al valore nominale del credito, senza che venga applicato alcun tasso di interesse o di sconto, ma soltanto una commissione a carico del venditore per l’elaborazione del pagamento con la carta.

La cessione del credito è regolata da un contratto di cessione crediti allegato al contratto di convenzionamento/servizio e stipulato ogni volta che il venditore on-line intende cedere i crediti commerciali relativi alle transazioni gestite dalla società istante. In realtà, in questo contratto di cessione crediti non è prevista una commissione specifica a fronte della cessione dei crediti. L’unica commissione applicabile è quella prevista dal contratto principale di servizio e si tratta del compenso che il venditore paga alla società istante per questo tipo di servizio.

L’Agenzia delle Entrate ha affermato che a questo schema negoziale devono essere applicati i chiarimenti forniti con una Risoluzione del 2011. In particolare, deve ritenersi che nel nostro ordinamento la cessione del credito e l’operazione di factoring hanno finalità e natura finanziaria.

Se la causa del contratto consiste nell’ottenere da parte del prestatore una gestione dei crediti rivolta essenzialmente al recupero degli stessi, si tratta di un’operazione da qualificare come recupero crediti e come tale imponibile Iva. Quando, invece, il creditore vuole ottenere un finanziamento (ossia una monetizzazione anticipata dei propri crediti) per il quale paga una commissione che si presenta come un pagamento di interessi (in quanto è solitamente quantificata in una percentuale dell’ammontare dei crediti ceduti), allora l’operazione di factoring costituisce una vera e propria operazione finanziaria esente Iva. La presenza di clausole diverse non incide sulla natura finanziaria del contratto, ma soltanto sulla determinazione della commissione.

L’Agenzia delle Entrate ha anche fornito alcuni criteri, da intendersi come non esaustivi, da applicare al fine di accertare la causa del contratto. In particolare, è stato precisato che nelle operazioni di factoring si verifica la cessione del credito, senza che assuma rilevanza la circostanza che il cedente sia liberato dal rischio del buon fine dell’operazione (cessione pro-soluto) o non lo sia (cessione pro-solvendo). La causa finanziaria del contratto è confermata dalla circostanza che il cessionario versa una somma di denaro al cedente all’atto della cessione del credito, così da consentire a quest’ultimo di ottenere la trasformazione del credito in liquidità prima della scadenza naturale del credito o comunque prima della data del presumibile incasso.

Se, pertanto, la situazione è riconducibile ad un contratto di factoring vero e proprio, il compenso di colui che pone in essere l’operazione (factor), costituito dalla differenza tra il valore nominale del credito e le somme anticipate, deve essere assoggettato al regime di esenzione Iva, indipendentemente dalla circostanza che tale compenso sia eventualmente scomposto tra commissioni ed interessi. Quando, poi, il factor non può rivalersi sul cedente in caso di insolvenza del debitore ceduto (contratto con inserimento della clausola pro-soluto), emerge maggiormente la differenza rispetto al contratto con funzione di recupero credito.

Queste considerazioni possono essere applicate all’ipotesi descritta nell’istanza di interpello esaminata dall’Agenzia delle Entrate. Infatti, con il contratto di cessione stipulato tra il venditore e la società istante, quest’ultima diviene proprietaria a tutti gli effetti dei crediti ceduti. Inoltre, la società istante versa una somma al venditore, al momento della cessione del credito, così da consentire al secondo di ottenere la trasformazione del credito in liquidità prima della scadenza naturale del credito o comunque prima della data del presumibile incasso. E la commissione spettante all’istante è quantificata in termini percentuali rispetto al volume di denaro trasferito sulla piattaforma digitale gestita dalla società, mentre l’aliquota viene stabilita con il venditore al momento del convenzionamento.

La conclusione espressa dall’Agenzia delle Entrate è che il servizio fornito dalla società istante, il cui corrispettivo è rappresentato dalla commissione versata dal venditore, rientra nell’ambito dell’esenzione Iva, ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 1, del Decreto Iva.

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