Per ottenere il rimborso IVA, gli operatori UE devono rispettare le scadenze fissate: il 30 settembre dell’anno successivo al periodo di riferimento per i rimborsi trimestrali e la stessa data per quelli annuali.
La possibilità di recuperare l’eccedenza IVA, derivante da operazioni passive effettuate in Italia da soggetti residenti in altri Paesi membri dell’UE, si perde se non si rispettano i termini per attivare la procedura di rimborso tramite il “portale elettronico”. Questa procedura è regolata dall’articolo 38-bis2 del decreto IVA. Le scadenze sono il 30 settembre dell’anno successivo per i rimborsi trimestrali e il 30 settembre dello stesso anno per i rimborsi annuali.
Questo chiarimento proviene dall’Agenzia delle Entrate, con la risposta n. 147 dell’11 luglio 2024, che ribadisce alcune regole fondamentali per le attività degli operatori comunitari in Italia. Ad esempio, viene ricordato che l’attribuzione retroattiva della partita IVA italiana è ammessa solo se richiesta entro un periodo “ragionevole” dalla prima operazione di acquisto.
Il caso analizzato riguardava una società tedesca che, dopo aver ottenuto la partita IVA retroattiva, richiedeva il rimborso del credito IVA generato da fatture emesse da fornitori italiani. L’operatore chiedeva di applicare la retroattività dal 2017, anno in cui è sorto il primo credito, estendendola fino al 2024, presentando quindi una dichiarazione con richiesta di rimborso. Tuttavia, la circolare n. 34 del 6 agosto 2012 specifica che, in caso di mancata presentazione della dichiarazione IVA, non è possibile riportare il credito né chiederne il rimborso, anche se maturato. L’unico modo per recuperare il credito è sanare l’irregolarità. Non è però consentito richiedere un rimborso “anomalo” basato su una partita IVA attribuita retroattivamente, se tale attribuzione avviene oltre un “termine ragionevole” dall’acquisto iniziale.
L’Agenzia delle Entrate risponde
Nella risposta n. 147, l’Agenzia delle Entrate chiarisce i termini per i rimborsi richiesti tramite il “portale elettronico” per gli operatori UE che hanno versato l’IVA in Italia. Secondo l’articolo 38-bis 2 del Dpr n. 633/1972 e il provvedimento del direttore dell’Agenzia del 1° aprile 2010, gli operatori stabiliti in altri Stati membri possono richiedere il rimborso dell’IVA pagata in Italia, a condizione che non abbiano un’identificazione diretta o un rappresentante fiscale. La richiesta va presentata al proprio Stato membro, che la inoltrerà al Centro operativo di Pescara.
Le richieste di rimborso possono essere trimestrali o annuali e devono essere presentate:
- per i rimborsi trimestrali: dal primo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento fino al 30 settembre dell’anno successivo
- per i rimborsi annuali: dal 1° gennaio dell’anno successivo fino al 30 settembre dello stesso anno.
Il termine del 30 settembre è perentorio: il mancato rispetto comporta la decadenza del diritto al rimborso.
Condizioni che escludono il rimborso tramite il portale elettronico
L’articolo 38-bis 2, comma 1, stabilisce alcune eccezioni, tra cui:
- la presenza di una stabile organizzazione in Italia
- l’acquisto di beni e servizi con IVA indetraibile
- operazioni attive in Italia, tranne alcuni casi particolari (come i trasporti non imponibili o il reverse charge).
Il funzionamento del “portale elettronico” per il recupero IVA
L’Agenzia ricorda che la presenza di una partita IVA italiana non esclude la possibilità di richiedere il rimborso tramite il “portale elettronico”, a patto che le fatture d’acquisto siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente e non vengano incluse nelle dichiarazioni IVA italiane.
Nel caso specifico, la società tedesca ha rispettato le condizioni per attivare la procedura di rimborso tramite il portale elettronico, non avendo una stabile identificazione fiscale in Italia. Tuttavia, non potrà più recuperare l’eccedenza IVA relativa alle operazioni passive, poiché i termini prescritti (30 settembre) sono scaduti.