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Novità Iva
5 Ottobre 2013

Detraibilita’ dell’Iva: l’antieconomicita’ dei costi sostenuti dall’impresa non puo’ escluderla automaticamente.

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Nella Sentenza n. 22132 del 27 settembre 2013, la Corte di Cassazione ha dapprima ricordato, con riferimento alle imposte sui redditi, che rientra nei poteri dell’Amministrazione finanziaria la valutazione di congruità dei costi e dei ricavi indicati in bilancio e nelle dichiarazioni e la rettifica di queste ultime, anche se non ricorrono delle irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o dei vizi negli atti giuridici compiuti nell’esercizio dell’impresa. Tale valutazione operata dall’Amministrazione può portare alla negazione della deducibilità di parte di un costo sproporzionato rispetto ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.

L’indirizzo in questione, seguito dalla Cassazione, ha alla base il convincimento che in presenza di un comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia, che non venga in alcun modo spiegato dal contribuente, è pienamente legittimo l’accertamento.

Sono queste le considerazioni sulle quali si è fondata la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale impugnata dalla società contribuente, nel caso di specie. La controversia riguardava, però, la debenza dell’Iva per costi che erano stati sostenuti dalla contribuente a seguito di prestazioni rese da una società controllata. La Commissione Regionale non ha negato l’inerenza e la certezza dei costi, ma ha negato la detraibilità della relativa Iva, ritenendo le scelte imprenditoriali della società contribuente antieconomiche. A tal proposito, sono stati richiamati dei precedenti della Cassazione in materia, appunto, di imposte dirette.

Nella Sentenza del 27 settembre 2013, la Suprema Corte ha, però, affermato che non è possibile applicare direttamente ed automaticamente i principi espressi in tema di imposte dirette con riguardo all’antieconomicità, all’interno dell’Iva. Ciò in quanto quest’ultimo tributo presenta una particolare natura, legata al principio di neutralità ed al sistema delle detrazioni.

La Corte di Cassazione ha richiamato la giurisprudenza comunitaria nella quale è sottolineata la centralità del diritto alla detrazione nel meccanismo dell’Iva. Si tratta di un diritto che, in linea di principio, non può subire limitazioni, essendo volto ad esonerare interamente l’imprenditore dall’Iva dovuta o pagata nell’ambito delle sue attività economiche.

La normativa comunitaria, inoltre, riconduce il diritto alla detrazione all’esigibilità ed all’inerenza dell’acquisto del bene o del servizio e non prevede alcun diretto riferimento al tema del “valore” di quel bene o servizio.

La Corte di Giustizia Europea ha espressamente riconosciuto che la circostanza che un’operazione economica sia effettuata ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo di costo, e ad un prezzo superiore o inferiore al prezzo normale di mercato, è irrilevante. Ed ancora, qualora beni e servizi siano forniti ad un prezzo artificialmente basso o elevato tra parti che godono entrambe interamente del diritto alla detrazione dell’Iva, non può sussistere elusione o evasione fiscale.

La Corte di Cassazione ha, quindi, affermato che, in condizioni normali, non è consentito all’Amministrazione di rideterminare il valore delle prestazioni e dei servizi acquistati dall’imprenditore, escludendo il diritto alla detrazione, nelle ipotesi nelle quali il valore dei beni e servizi sia ritenuto antieconomico e, dunque, diverso da quello da considerare normale o comunque sia tale da produrre un risultato antieconomico.

Se l’Amministrazione riesce a dimostrare l’antieconomicità manifesta e macroscopica, l’imprenditore deve dimostrare che la prestazione del bene o del servizio presenta comunque le caratteristiche per ritenersi reale ed inerente rispetto all’attività svolta.

Nella Sentenza della Suprema Corte è stato, inoltre, riconosciuto che il carattere abusivo di un’operazione deve essere escluso quando sia individuabile una compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non si identificano necessariamente in una redditività immediata dell’operazione, ma possono rispondere ad esigenze di natura organizzativa e possono consistere in un miglioramento strutturale e funzionale dell’azienda.

E comunque, la prova sia del disegno elusivo, sia delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti soltanto per pervenire ad un risultato fiscale, incombe sull’Amministrazione finanziaria, mentre grava sul contribuente l’onere di allegare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di reale spessore che giustifichino operazioni così strutturate.

Nel caso di specie, il Giudice d’appello aveva erroneamente incentrato la propria indagine sull’antieconomicità. L’Amministrazione, inoltre, non aveva mai ipotizzato, come sarebbe stato suo onere, l’esistenza di un abuso del diritto e dei presupposti a giustificazione di esso. Tra l’altro, l’Agenzia delle Entrate non aveva mai sostenuto che dalla detrazione dei costi operata dalla società contribuente fosse derivato il pericolo di una perdita di gettito fiscale. E’ stata, infatti, sempre rispettata la catena dei passaggi tra prestatore e committente.

a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.

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