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Novità Irpef - Ires
7 Maggio 2021
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Rimborsi ai lavoratori in smart working esclusi da tassazione.

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Lavoratori in smart working e tassazione dei rimborsi spese. Arrivano i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate.

Tali chiarimenti sono stati forniti in risposta ad un’istanza di interpello presentata da una società che intende sottoscrivere un accordo sindacale di secondo livello o adottare un regolamento aziendale, senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, per regolare il trattamento economico e normativo dei propri lavoratori e dei lavoratori di altre società appartenenti al medesimo gruppo che svolgono la propria attività in modalità “smart working, al fine di potenziare l’utilizzo di tale strumento.

Intenzione della società istante è di fornire a ciascuno dei lavoratori in questione una somma a titolo di rimborso delle spese delle quali devono farsi carico per poter svolgere l’attività lavorativa presso la propria abitazione invece che presso i locali dell’azienda. Nei costi stimati rientrano i consumi di energia elettrica per l’utilizzo del computer e per l’illuminazione ed i costi per l’utilizzo dei servizi igienici, oltre alle spese per il riscaldamento durante il periodo invernale. Il rimborso prospettato dall’istante è di 0,50 Euro per ogni giorno di lavoro in smart working.

La società, nella determinazione di tale rimborso spese, non ha preso in considerazione le spese per il vitto, i costi eventualmente sostenuti dal lavoratore per la climatizzazione durante il periodo estivo, i costi per la connessione ad internet ed anche altri costi fissi, come le spese di allaccio alla rete elettrica che sarebbero stati sostenuti dal lavoratore anche se avesse utilizzato l’abitazione nella quale ha svolto l’attività lavorativa esclusivamente ad uso privato.

Inoltre, secondo quanto precisato dall’istante, l’importo del rimborso giornaliero è comunque inferiore rispetto al costo giornaliero stimato ed a quello risparmiato dalla datrice di lavoro.

Il quesito posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda il corretto trattamento fiscale da applicare a tali somme erogate a titolo di rimborso spese ai lavoratori in smart working e, in particolare, se queste somme possano essere escluse dal reddito di lavoro dipendente.

L’Agenzia delle Entrate, nella Risposta n. 314 del 30 aprile 2021, ha dapprima richiamato la disposizione del Testo Unico delle Imposte sui Redditi secondo la quale tutte le somme ed i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, costituiscono reddito di lavoro dipendente.

Viene, pertanto, affermato il principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante. Questo comporta che tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per il lavoratore medesimo reddito di lavoro dipendente.

L’Agenzia delle Entrate ha, però, anche richiamato la propria Circolare del 1997 nella quale aveva precisato che possono essere esclusi da imposizione i rimborsi che riguardano spese diverse da quelle sostenute direttamente per produrre reddito che siano di competenza del datore di lavoro e che siano state anticipate dal lavoratore dipendente, come ad esempio i rimborsi riguardanti le spese per l’acquisto di beni di modico valore, come la carta utilizzata nello svolgimento dell’attività lavorativa per fare fotocopie o per stampare.

Si è, inoltre, chiarito in passato che non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore, come gli indennizzi ricevuti esclusivamente a titolo di reintegrazione patrimoniale, così come non sono fiscalmente rilevanti per il dipendente le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro. Vi rientrano, ad esempio, le somme erogate dal datore di lavoro al lavoratore per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici. Si tratta di somme da non assoggettare a tassazione perché sostenute dal telelavoratore soltanto per raggiungere le risorse informatiche dell’azienda e per poter così svolgere l’attività lavorativa. Le spese sostenute dal lavoratore sono di esclusivo interesse del datore di lavoro e sono anticipate dal lavoratore medesimo.

Altro aspetto da ricordare è che le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario dal datore di lavoro sono escluse dalla base imponibile soltanto nell’ipotesi in cui il legislatore abbia fissato un criterio per determinare la quota che, dovendo essere collegata all’interesse esclusivo del datore di lavoro, non deve essere assoggettata ad imposizione, come nel caso dell’uso promiscuo di un’autovettura. Qualora il legislatore non abbia indicato un criterio preciso ai fini della determinazione della quota da escludere dall’imposizione, i costi che sono sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere determinati sulla base di elementi oggettivi che siano accertabili per via documentale, affinché non concorrano alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

In particolare, nel caso specifico, l’istante ha rappresentato che il criterio per la determinazione della quota dei costi da rimborsare ai lavoratori in smart working si basa su dei parametri che fanno riferimento ai costi risparmiati dalla datrice di lavoro e sostenuti direttamente dal lavoratore dipendente. Si tratta, pertanto, di una quota dei costi, rimborsata al lavoratore, riferibile a consumi sostenuti nell’esclusivo interesse del datore di lavoro.

La conclusione espressa dall’Agenzia delle Entrate è, quindi, che le somme erogate a titolo di rimborso dei costi sostenuti dal dipendente, secondo le modalità rappresentate nell’istanza di interpello, non sono imponibili ai fini Irpef.

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