La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 22674 del 24 ottobre 2014, ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate in una causa che la vedeva contrapposta ad un dottore commercialista che aveva impugnato una cartella di pagamento, emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione dei redditi, in relazione all’omesso versamento dell’Irap dovuta per l’anno d’imposta 2004.
La Suprema Corte ha ricordato la propria giurisprudenza secondo la quale è soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni riguardanti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, non rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente.
La decisione che è stata impugnata dal contribuente è, secondo la Cassazione, in linea con i principi enunciati nelle pronunce in materia, avendo i Giudici d’appello esaminato la realtà dei fatti ed avendo valutato che, nel caso concreto, il reddito è stato conseguito mediante l’impiego, non occasionale, di una organizzazione costituita da una società di servizi retribuita a percentuale, tanto da essere stati erogati alla stessa società, dal professionista, compensi pari, complessivamente, ad oltre 80.000 Euro, per l’anno 2004.
In particolare, tra le attività espletate dal professionista vi era la consulenza fiscale e societaria e l’attività affidata alla società di servizi esterna riguardava la tenuta della contabilità dei propri clienti, strettamente connessa a quella oggetto della professione svolta dal contribuente.
Secondo la Cassazione, i Giudici d’appello avevano correttamente argomentato che ciò che rileva, ai fini Irap, e che risulta idoneo a ricondurre il caso in esame alla giurisprudenza suddetta, è la sussistenza di un’organizzazione imprenditoriale, restando indifferente il mezzo giuridico con il quale quest’ultima viene attuata (dipendenti o società di servizi o associazione professionale) e che rende possibile lo svolgimento dell’attività complessa dei professionisti.