La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 21150 dell’8 ottobre 2014, ha accolto il ricorso proposto dal contribuente, esercente la professione di avvocato, contro la pronuncia emessa dalla Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano con la quale era stata confermata la legittimità degli avvisi di accertamento ai fini Irap notificatigli per gli anni 2002 e 2003.
Il contribuente aveva, in primo luogo, eccepito che non sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’Irap nei casi in cui (come quello nel quale si trovava lui medesimo) il professionista svolgeva la propria attività all’interno di una struttura altrui.
Nella pronuncia di secondo grado, era stato affermato, invece, che il contribuente, nel dichiarare di utilizzare per il suo lavoro le strutture dello studio di un altro collega, aveva confermato che esisteva una struttura che ne supportava l’attività di libero professionista. E ciò rilevava ai fini dell’applicazione dell’imposta.
La Cassazione ha ricordato l’orientamento consolidato in materia secondo il quale è esclusa l’applicazione dell’Irap quando l’attività svolta non sia autonomamente organizzata.
Inoltre, ai fini della soggezione ad Irap dei proventi di un lavoratore autonomo, non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore medesimo, non solo ai fini operativi, ma anche sotto i profili organizzativi.
Non sono, quindi, soggetti ad Irap i proventi che un lavoratore autonomo percepisce come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata.
La Corte di Cassazione ha, pertanto, annullato la pronuncia impugnata dal contribuente ed ha rinviato ad altra sezione della Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano, la quale dovrà procedere ad un nuovo esame della controversia sulla base del principio di diritto suddetto.