Nella Sentenza n. 19709 dell’8 maggio 2013, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha affermato che, secondo il consolidato indirizzo interpretativo della Corte medesima, ai fini dell’accertamento dei reati tributari, non può farsi ricorso alle presunzioni operanti in materia tributaria e, in particolare, non possono considerarsi ricavi dell’azienda le somme accreditate a suo favore. Spetta, infatti, al Giudice penale accertare gli elementi probatori o anche indiziari, dai quali è possibile desumere che gli accrediti corrispondono effettivamente ad operazioni attive, non contabilizzate.
Secondo quanto riconosciuto dalla Corte di Cassazione, in linea con quanto sostenuto dagli imputati (l’amministratore di diritto e l’amministratore di fatto dell’azienda, accusati di avere utilizzato mezzi fraudolenti nelle dichiarazioni dei redditi al fine di non dichiarare ricavi), i Giudici di merito avrebbero erroneamente fatto ricorso soltanto alla presunzione tributaria, secondo la quale i versamenti effettuati dai soci o da altre società operanti sul mercato, dovevano considerarsi ricavi. Non sono stati, però, indicati gli ulteriori elementi di prova o indiziari dai quali sarebbe stato possibile desumere che si trattava effettivamente di operazioni attive, costituenti profitti della società, non contabilizzati.
Gli stessi imputati avevano sostenuto, nel proprio ricorso, che nella sostanza era stato utilizzato, per affermare la loro colpevolezza, il procedimento tipico del processo tributario nel quale l’organo accertatore presume ed il contribuente deve giustificare, mentre nel processo penale valgono regole opposte.
Nella pronuncia dei Giudici di legittimità, è stato fatto rilevare che non risulta essere stato eseguito alcun accertamento riguardo all’esistenza o inesistenza di operazioni alle quali questi versamenti siano riferibili, né riguardo al collegamento tra le società che hanno effettuato i versamenti e la società gestita dagli imputati.
La sentenza impugnata è stata, quindi, annullata, con rinvio ad altra sezione della medesima Corte d’Appello, per un nuovo giudizio che tenga conto dei principi enunciati dalla Suprema Corte.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.