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24 Novembre 2012

Nuova interpretazione del ‘reddito familiare’: per l’ammissione al gratuito patrocinio rileva anche il reddito della madre della compagna convivente.

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La Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 44121 del 13 novembre 2012, ha affermato un principio di particolare rilevanza in tutto il mondo del diritto, che riflette la nuova concezione giuridica della famiglia di fatto e del “reddito familiare”.

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte riguardava la revoca del provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio. La revoca era intervenuta, in particolare, a seguito alla determinazione del Giudice di cumulare il reddito del soggetto che chiedeva di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato con il reddito della madre della compagna, anch’essa convivente con l’istante, in quanto reddito da considerarsi familiare.

La Corte ha confermato il provvedimento di revoca, sulla base della propria giurisprudenza secondo la quale è legittimo computare, ai fini della determinazione del reddito complessivo dell’istante, ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. n. 115/2002, anche quello di una persona con lui convivente che non sia legata allo stesso da vincoli di parentela.

Nella Sentenza del 13 novembre 2012, la Corte di Cassazione fa riferimento alle proprie pronunce riguardanti la rilevanza del reddito del convivente “more uxorio” dell’istante. Il principio di diritto ricavabile da queste sentenze viene esteso anche al caso sottoposto all’esame della Corte.

Ancora, secondo la Cassazione, l’uso del termine “familiare”, nella materia in questione, ha una sua specifica pregnanza. Il legislatore, al fine di riconoscere il beneficio del gratuito patrocinio a colui che non può far fronte al costo economico della difesa in un procedimento penale, ha voluto tener conto della capacità economico-finanziaria di tutti coloro che, per legami giuridici o di fatto, comunque concorrono a formare il reddito familiare.

Non sarebbe conforme ai principi costituzionali di solidarietà, equa distribuzione e di partecipazione di ogni cittadino alla spesa comune attraverso il prelievo fiscale, il fatto che gravi sui contribuenti il costo della difesa di un cittadino che può fruire dell’apporto economico dei vari componenti del “nucleo familiare”, anche se il suo reddito personale gli consente di accedere al beneficio.

Appare, quindi, orientata costituzionalmente l’interpretazione del termine “familiare”, riferibile non soltanto a coloro che sono legati all’istante da vincoli di consanguineità o, comunque, giuridici, ma anche a coloro che convivono con lui e contribuiscono al “menage” familiare.

Secondo i Giudici della Suprema Corte, infatti, la giurisprudenza, confrontandosi con i cambiamenti della società moderna, ha ormai dato atto che il legislatore, in materia di rapporti interpersonali, considera la “famiglia di fatto” quale realtà sociale che, pur essendo al di fuori dello schema legale, esprime comunque dei caratteri e delle istanze analoghe a quelle della famiglia intesa in senso stretto.

a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.

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