Nella Risoluzione n. 126 del 16 dicembre 2011, l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un quesito che le era stato posto da una confessione religiosa riconosciuta, composta da associazioni aventi finalità religiose e senza scopo di lucro, riguardo all’obbligo di tenuta, da parte delle associazioni medesime (enti non commerciali), sia ai fini Ires che ai fini Iva, delle scritture contabili e riguardo all’obbligo di redazione del rendiconto annuale e di quello previsto per le manifestazioni occasionali di raccolta fondi.
L’Agenzia ha affermato che, ai sensi dell’articolo 20, primo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, gli enti non commerciali sono obbligati alla tenuta delle scritture contabili, prescritte alle imprese commerciali, alle società ed agli enti equiparati, qualora esercitino attività commerciali, cioè attività produttive di reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 55 del TUIR, ai fini Ires, e che assumono rilevanza agli effetti dell’Iva, in quanto costituenti esercizio di attività d’impresa.
Ancora, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, come già affermato in diversi documenti di prassi, l’attività può dirsi esercitata con organizzazione in forma d’impresa quando, per lo svolgimento della stessa, viene predisposta un’organizzazione di mezzi e risorse funzionali all’ottenimento di un risultato economico. L’attività è commerciale quando è caratterizzata dai connotati della professionalità, sistematicità ed abitualità, anche se l’attività non è esercitata in via esclusiva.
Questi caratteri possono sussistere anche quando il soggetto preso in considerazione compie un unico affare, ma con rilevanza economica e caratterizzato dalla complessità delle operazioni nelle quali è articolato, che implicano la necessità di compiere una serie coordinata di atti economici.
Quindi, l’Agenzia è giunta ad affermare che le associazioni che aderiscono alla confessione religiosa istante, e più in generale, gli enti non commerciali, devono tenere le scritture contabili soltanto nel caso in cui svolgano attività d’impresa commerciale, eventualmente anche nella forma dell’unico affare, secondo le regole e i principi predetti.
Se l’attività commerciale, invece, è posta in essere dalle associazioni in via occasionale e non abituale, trattandosi di attività commerciale non abituale che rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 67, comma 1, lett. i), del TUIR, verrà prodotto non reddito d’impresa, ma reddito diverso, che, tra l’altro, ai fini Iva, non soddisfa il requisito del presupposto soggettivo.
Riguardo alla questione del rendiconto, l’Agenzia delle Entrate ha richiamato l’articolo 20, secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, che prevede, per gli enti non commerciali, la redazione di due distinti rendiconti: un rendiconto annuale economico e finanziario ed uno specifico rendiconto in relazione alle raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente in concomitanza di ricorrenze, celebrazioni e campagne di sensibilizzazione.
Il primo rendiconto deve essere predisposto a prescindere dalle modalità di gestione e di organizzazione dell’ente non commerciale ed indipendentemente dalla qualificazione giuridica dell’attività esercitata.
Il secondo rendiconto deve essere predisposto soltanto in occasione degli eventi predetti. Qualora l’ente non commerciale non abbia esercitato alcuna raccolta, non sarà tenuto alla redazione di questo specifico rendiconto.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.
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