La Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 22716 del 2 novembre 2011, ha riconosciuto l’esistenza di un fenomeno di elusione fiscale nella donazione da parte di un contribuente della propria quota di un terreno edificabile in favore del coniuge e dei figli, e nella successiva rivendita, a brevissima distanza di tempo, del medesimo terreno. Ciò avrebbe permesso al contribuente, effettivo venditore, di evitare di dichiarare la plusvalenza patrimoniale da cessione di aree edificabili.
La Suprema Corte ha ricordato che la giurisprudenza comunitaria e nazionale hanno costantemente ritenuto che costituiscono abuso del diritto quelle pratiche che, pur formalmente rispettose del diritto interno o comunitario, siano mirate principalmente ad ottenere benefici fiscali contrastanti con la ratio delle norme che introducono il tributo.
La Corte ha, quindi, affermato che si può ritenere formata una clausola generale antielusiva, sia nell’ambito del diritto comunitario in relazione ai cosiddetti tributi “armonizzati” o comunitari come l’Iva, le accise ed i diritti doganali, sia in relazione ai tributi che esulano dalle imposte comunitarie, quali le imposte dirette. Il rango comunitario o costituzionale di tale principio comporta la necessità della sua applicazione d’ufficio, in base alla superiore giurisprudenza.
Si deve riconoscere l’esistenza dell’elusione fiscale laddove vi sia, come nel caso di specie, un serio quadro indiziario che faccia presumere che l’operazione o il complesso di operazioni hanno l’esclusivo scopo di risparmio d’imposta ed il contribuente non fornisca la prova contraria che le predette operazioni corrispondono ad un interesse economico non marginale.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.
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