La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 24793 del 20 novembre 2014, ha accolto il ricorso proposto dai contribuenti, i quali erano stati destinatari di un avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni per imposta di registro, ipotecaria e catastale dovute a seguito e per effetto della revoca dei benefici “prima casa”.
I contribuenti avevano contestato che l’atto impositivo era stato motivato con la sola apodittica affermazione che l’immobile acquistato era da considerarsi di lusso. Vi era, inoltre, un rinvio a dei controlli effettuati presso la competente Agenzia del Territorio e veniva allegata una nota che costituiva il risultato di tali controlli e nella quale si diceva soltanto che l’immobile in questione possedeva le caratteristiche della casa di lusso.
Secondo i contribuenti, un atto impositivo di tal genere doveva essere ritenuto nullo, perché privo di idonea motivazione. In particolare, non venivano riportate le valutazioni tecnico-oggettive che erano poste a fondamento dell’affermazione che l’immobile acquistato possedeva le caratteristiche del bene di lusso.
La Cassazione ha ritenuto fondati i motivi di impugnazione indicati dai contribuenti. In particolare, la Suprema Corte ha ricordato la normativa secondo la quale gli atti dell’Amministrazione finanziaria devono essere motivati, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione.
La valutazione riguardo all’adeguatezza della motivazione del provvedimento impositivo non può essere desunta “a posteriori”, sulla base della condotta successiva dei destinatari del provvedimento, ma deve essere desunta dalla stessa intrinseca corrispondenza della motivazione ai canoni normativamente fissati. In virtù di ciò, nel provvedimento devono essere indicate le ragioni sufficienti a definire la materia del contendere e sufficienti ad assicurare la conoscenza della pretesa fiscale e l’esercizio del diritto di difesa, con l’uso della normale diligenza.
La pronuncia impugnata è stata, pertanto, cassata e la causa è stata rinviata alla medesima Commissione Tributaria affinché possa riesaminare le questioni alla stregua dei corretti principi enunciati nell’Ordinanza della Cassazione.