La Corte di Cassazione, nell’Ordinanza n. 3152 del 17 febbraio 2015, ha riconosciuto la legittimità di un avviso di liquidazione per le imposte di registro, ipotecarie e catastali conseguente alla revoca dell’agevolazione prevista dall’articolo 5 della Legge n. 168 del 1982, revoca che era giustificata dal fatto che, nonostante il decorso di tre anni dalla data di acquisto dell’immobile, i lavori di recupero non erano stati effettuati.
La prima questione sottoposta all’attenzione della Cassazione riguardava l’applicabilità, all’agevolazione riconosciuta al contribuente, del termine decadenziale di tre anni previsto dalla disciplina contenuta nel D.P.R. n. 131 del 1986 ed assegnato all’Amministrazione finanziaria per emettere l’avviso di liquidazione in rettifica, o dell’ordinario termine decennale di prescrizione.
La Suprema Corte ha affermato che, in tema di agevolazioni tributarie, i benefici fiscali previsti dall’articolo 5 della Legge n. 168 del 22 aprile 1982, consistenti nella misura fissa delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in favore dell’acquirente dell’immobile inserito in un piano di recupero di iniziativa pubblica o privata convenzionato ed effettivamente attivato dal medesimo soggetto, possono essere conservati a condizione che il contribuente realizzi la finalità dichiarata nell’atto di acquisto entro il termine triennale di decadenza, stabilito per l’esercizio del potere di accertamento dell’Ufficio.
L’Agenzia delle Entrate, inoltre, in sede di impugnazione, aveva contestato la motivazione posta a fondamento della pronuncia di secondo grado secondo la quale era pienamente giustificato il ritardo nell’attuazione dei lavori di restauro.
La Cassazione ha ritenuto fondato tale motivo di impugnazione. I Giudici della Commissione Tributaria Regionale, infatti, non avevano identificato correttamente il concetto di forza maggiore idoneo a giustificare il superamento del termine decadenziale di legge (concetto che non deve consistere in una semplice mancanza di negligenza, ma deve consistere in un’energia esterna, idonea a costituire un impedimento forzoso della condotta imposta dalla legge). Inoltre, secondo la Cassazione, i Giudici di secondo grado avevano del tutto insufficientemente argomentato riguardo alle fonti probatorie dalle quali i Giudici medesimi avevano tratto il loro convincimento sulla fondatezza delle giustificazioni addotte dal contribuente.