La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 19338 del 22 settembre 2011, respingendo le deduzioni della società contribuente, ha riconosciuto l’utilizzabilità delle risultanze dell’attività di accertamento svolta dall’Amministrazione finanziaria oltre i termini di permanenza prescritti dalla legge.
La Suprema Corte ha, in primo luogo, escluso che al caso di specie fosse applicabile l’articolo 12 dello Statuto del Contribuente in materia di durata delle verifiche, essendo l’ispezione iniziata in data anteriore all’entrata in vigore della norma.
Peraltro, è stato evidenziato che il legislatore non ha previsto, in caso di superamento del termine di durata delle operazioni di verifica, una norma sanzionatoria che renda invalidi gli atti compiuti, o che determini, in conseguenza dello scadere del termine, la sopravvenuta carenza di potere di accertamento ispettivo dell’Amministrazione finanziaria.
Inoltre, la norma contenuta nel Decreto ministeriale del 1993, relativa alla previsione di un termine di durata della verifica ed applicabile al caso di specie, assume, secondo la Suprema Corte, soltanto il carattere di “norma d’azione” finalizzata ad incrementare il numero dei controlli ed a renderli più rapidi.
Si tratta di linee guida che gli Uffici finanziari devono osservare nell’organizzare e programmare la propria attività di controllo e verifica. I termini di durata, quindi, previsti in queste norme, hanno natura sollecitatoria.
Il termine non potrebbe avere natura perentoria, tra l’altro, se si considera che il potere di accertamento di ufficio e di rettifica, in quanto esercizio di potestà autoritativa, è regolato da norme primarie, in conformità all’articolo 97 della Costituzione, e non può subire limitazioni da fonti normative gerarchicamente subordinate, come un regolamento ministeriale di organizzazione.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.
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