La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 3964 del 18 febbraio 2011, ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, riconoscendo l’obbligo di pagare l’imposta di successione in capo al soggetto (nel caso di specie una Parrocchia) che ha presentato la dichiarazione di successione al fine di stabilire la continuità delle trascrizioni relative ai beni immobili caduti in successione (ereditati da due sorelle eredi della proprietaria originaria degli immobili, per la successione della quale non era stata presentata la dichiarazione di successione).
Ciò anche se il soggetto medesimo non è erede nella successione per la quale doveva essere pagata l’imposta.
E ciò anche se sono scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione di successione e per l’accertamento d’ufficio.
La Suprema Corte afferma che il soggetto che ha presentato la denuncia non rientra tra quelli obbligati in base alla legge alla presentazione di essa, ma ciò non rileva ai fini fiscali nel caso in cui il soggetto si determini a presentare spontaneamente la dichiarazione per perseguire un effetto a sé favorevole, facendo valere ai fini della pubblicità legale un acquisto dei beni a titolo derivativo anziché originario. All’esibizione di tale titolo di acquisto consegue, infatti, quale effetto necessario, la sottoposizione al trattamento tributario previsto per tale forma di acquisizione del bene, ossia, nel caso in esame, l’obbligo del pagamento dell’imposta di successione.
a cura dell’Avv. Raffaella De Vico.
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