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Saggi
18 Ottobre 2014

T.F.R. in busta paga.

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Gli effetti su imprese e lavoratori della proposta della Direzione PD

Premessa:

 

Le recenti notizie che appaiono in questi giorni su telegiornali, giornali e trasmissioni economiche stanno per stravolgere le abitudini di un’alta percentuale di lavoratori subordinati, qualora le stesse trovassero esecuzione in provvedimenti legislativi.

Stiamo parlando della proposta avanza dal PD di trasferire una quota significativa del T.f.r. in busta paga già a decorrere dal prossimo 2015.

Quali sono le reazioni di imprese, sindacati e lavoratori dipendenti?

Quali sarebbero i riflessi sull’economia ed in particolar modo sui consumi?

A queste domande, partendo dall’inquadramento e dalla definizione di T.f.r. cercheremo di dare una risposta nel corso del presente articolo.

 

Il T.F.R. – ratio istitutiva, caratteristiche e meccanismo

Innanzitutto partiamo dal definire correttamente il T.F.R.

Il T.F.R. (Trattamento di Fine Rapporto) è stato introdotto dal 01.01.1982 in sostituzione dell’indennità di anzianità.

E’ corrisposto a fine rapporto di lavoro ed è considerato una retribuzione “differita” in quanto pur maturando mensilmente a favore dei lavoratori subordinati, sarà corrisposta solo in occasione della cessazione, per qualsiasi causa, del rapporto di lavoro.

Nel corso del contratto, in particolari circostanze ben individuate, è possibile per il lavoratore dipendente richiedere al datore di lavoro un’anticipazione del T.F.R. fino a quel momento maturato.

Le condizioni per poter accedere a questo beneficio sono:

– almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro al quale si presenta la richiesta di anticipo;

– l’utilizzo di tali somme per:

a) acquisto o ristrutturazione dell’immobile da adibire ad abitazione principale per se o per il proprio nucleo familiare);

b) spese sanitarie, terapie e interventi straordinari;

c) congedi per astensioni facoltative per maternità, per formazione e per formazione continua;

d) anticipazione richiedibile una sola volta.

Nel caso di erogazione dell’anticipo l’importo massimo che sarà corrisposto sarà pari al 70% del T.F.R. maturato e sull’importo lordo il datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta, effettuerà una ritenuta del 23% a titolo di acconto.

Il T.F.R. è una prestazione inderogabile e rivalutata annualmente secondo l’indice Istat.

Fiscalmente è considerato un reddito a tassazione separata ovvero non concorre a determinare il reddito complessivo lordo nell’anno in cui lo stesso è stato percepito.

Al verificarsi dell’evento “fine lavoro” o in occasione dell’anticipazione l’importo da corrispondere potrà essere, a seconda dell’importo ed in accordo tra le parti corrisposto in rate.

Sull’importo lordo determinato in funzione dell’anzianità di servizio e delle rivalutazioni Istat ed al netto degli eventuali acconti, il datore di lavoro, in qualità di sostituto di imposta, effettuerà una ritenuta a titolo di acconto del 23%; l’imposta complessivamente dovuta del T.F.R. sarà conguagliata in sede di ricalcolo da parte dell’Agenzia delle Entrate dell’aliquota media di imposte applicabili sui redditi degli ultimi 5 anni.

Il T.F.R. rappresenta quindi un credito che il lavoratore matura nei confronti del proprio datore di lavoro.

Presenta i criteri della certezza e della liquidità ma non dell’esigibilità  se non al verificarsi delle condizioni previste (cessazione del rapporto o anticipazione).

In caso di insolvenza o di dichiarazione di fallimento del datore di lavoro interviene a tutela del lavoratore il Fondo di Garanzia per il pagamento del T.F.R..

Questo Fondo è istituito presso l’Inps.

E’ prevista la possibilità di rinuncia e di transazione.

La ratio istitutiva del T.F.R. è quindi quella di garantire al lavoratore che ha perso, per qualsiasi causa (licenziamento, dimissione, pensionamento), il proprio lavoro e conseguentemente la propria fonte di reddito, o che ha raggiunto l’età pensionabile di disporre di un “fondo” che gli consenta di far fronte alle proprie necessità economiche nelle more del ritrovamento del lavoro o della percezione della pensione.

 

Il T.F.R. ante proposta del P.D.:

Detto ciò fino alla proposta avanzata nei giorni scorsi dalla Direzione del P.D. il T.F.R. maturato a favore dei dipendenti poteva essere:

a) liquidato (calcolato) e accantonato (posta contabile) in azienda;

b) liquidato (calcolato) e versato al Fondo Pensione previsto dal Contratto Collettivo o al Fondo Inps;

c) liquidato (calcolato) e versato ai Fondi di Previdenza e Assistenza Integrativi scelti dal lavoratore.

Queste opzioni decorrono dal 01.01.2007 e la scelte deve essere esercitata dal dipendente ad ogni inizio di rapporto di lavoro e in caso di cambiamento di datore di lavoro.

 

La proposta del P.D.:

La proposta del P.D. è dettata dal desiderio di rilanciare i consumi che versano in una situazione di stagnazione se non di recessione.

Prevedendo la corresponsione del T.F.R. (nella misura minima del 50% della quota mensile maturata) in busta paga il dipendente godrebbe di una maggiore somma liquida disponibile che quindi potrebbe (nelle speranze del Governo) essere utilizzate dal lavoratore per gli acquisti a cui ora invece si vede costretto a rinunciare per mancanza di liquidità.

La proposta è contenuta in un documento sottoscritto dalla Direzione del P.D. relativo alla prossima Legge di Stabilità.

La proposta prevede che:

  • sia sottoscritto un accordo tra Abi, Confindustria e Governo;
  • l’erogazione in busta paga sia del 50% della quota maturata;
  • si attui per opzione esercitata dal lavoratore (opzione valida per 3 anni e sempre modificabile);
  • la decorrenza sia dal 01.01.2015;
  • la validità della norma sia temporanea (massimo 3 anni);
  • sia applicabile solo al settore privato, escludendo quindi, almeno temporaneamente, il settore pubblico;
  • esclusione, almeno per ora dei dipendenti che hanno optato per la destinazione del Fondo T.F.R. ad un Fondo Pensionistico Complementare;
  • finanziamento dell’operazione di anticipo da parte di un apposito “Fondo anticipo Tfr acceso dalle banche e dalla Cassa Depositi e Prestiti oppure solo dalle banche previo accordo con l’Abi (Associazione Istituti Bancari); ciò garantirebbe un impatto soft in capo alle aziende.

 

Gli effetti:

Cerchiamo di analizzare gli effetti per i soggetti interessati e per l’economia:

 

Imprese:

Gli effetti per le imprese del settore privato potrebbero essere devastanti; si stima la creazione di un buco di 5 miliardi e mezzo di euro.

E’ noto a tutti per esempio che laddove i dipendenti hanno optato per la destinazione del Fondo T.F.R. a favore dell’azienda, quest’ultima provvede ad accantonare tali somme virtualmente, contabilmente, utilizzandole concretamente per finanziarsi, per investire o quanto meno per ridurre la necessità di reperire all’esterno liquidità, con conseguente e benefica riduzione degli oneri finanziari.

Il Fondo T.F.R. diventa così per le aziende un debito verso i dipendenti ma un debito a “lungo termine” che consente quindi loro respiro evitando immediati esborsi di liquidità, elemento assai importante nella gestione dei flussi di cassa, in una situazione di crisi economica globale così rilevante.

 

Dipendenti (settore privato):

Gli effetti in capo ai lavoratori, del settore privato perché almeno in questa prima proposta solo a questo settore è diretta la novità) in prima battuta sarebbero rappresentati da poche decine di euro in più al mese (a tale proposito rinviamo ad un capitolo successivo l’analisi degli studi fatti), dando quindi un esiguo sollievo immediato.

Per contro però, visto la peculiarità di queste somme che per loro caratteristica dovrebbero consentire di superare le difficoltà economiche contingenti dettate dalla perdita del lavoro, nel momento in cui tale effetto negativo si verifica tali somme saranno state già utilizzate e pertanto non saranno più accessibili.

Altro non si otterrà a nostro parere che rinviare il blocco dei consumi.

Ancora, è importante considerare che per molti dipendenti il Fondo T.F.R. rappresenta l’unica forma di risparmio che, seppure in ragione di un obbligo, possono/devono permettersi di fare.

 

 

In busta paga:

  • operaio: con una retribuzione ordinaria mensile di € 1.544, l’incremento sarebbe di € 57,00 esentasse; l’imposizione fiscale scatterebbe in sede di conguaglio finale;
  • impiegato base: con una retribuzione mensile di € 1.765, l’incremento sarebbe di € 64,00 anche in questo caso esentasse;
  • impiegato livello più alto: con una retribuzione mensile di € 2.084 l’incremento sarebbe di € 77,00; in questo caso sarebbe al lordo della tassazione che scatta e che porterebbe pertanto ad un incremento netto di € 59,00;
  • quadro: incremento lordo di € 114,00 che al netto della tassazione comporta un incremento netto di € 88,00.

 

Alcuni pareri autorevoli (rilevate dalle interviste e dai commenti sui maggiori quotidiani e televisioni):

 

Renzi Matteo – Membro del P.D. e Presidente del Consiglio dei Ministri

“… per uno che guadagna 1.300 euro al mese vuol dire un altro centinaio di euro al mese … potrebbero rilanciare i consumi, la produzione e il mercato …”

 

Angeletti Luigi – leader della Uil

“… bisogna continuare a ridurre le tasse sul lavoro … capisco l’intenzione di dire che bisogna avere più soldi in tasa ma questa non è la strada giusta …”

 

Visco Ignazio: governatore di Bankitalia

in relazione all’ipotesi di sostegno da parte delle banche alle pmi: “… se questi strumenti spianano la strada alle Pmi che hanno bisogno di maggiori crediti per versare il T.F.R. nella busta paga dei lavoratori, non c’è nulla di male …”

 

Marchionne – Amministratore Delegato Fiat – Crysler

“… bisogna smetterla di dire di no, costi quel che costi e anche a Fiat, credo che la misura del governo vada nella direzione giusta … l’intenzione è quella di creare le condizioni per un rilancio dell’economia …”

 

Ballan Alberto – Leader della Piccola Industria di Confindustria

“… le piccole aziende sono in un momento di difficoltà di accesso alla liquidità e infierire o aggravare un sistema che in questo momento non è ancora stabilizzato ed è critico per le PMI è controproducente…”

 

Camusso Susanna – Segretaria della Cgil

“… nessuno dica che si stanno aumentando i salari dei lavoratori, quelli sono soldi dei lavoratori, non una elargizione di nessun governo, e non è un bonus se no, davvero siamo alla disinformazione …”

 

Squinzi Giorgio – Presidente di Confindustria

“… non accetteremo alcun tipo di soluzione che metta anche solo a possibile rischio la liquidità della piccola impresa italiana, che aumenti costi e la complessità burocratica se questa è la strada che si intende seguire la risposta è semplice: no…”

 

“… l’unica casa che abbiamo compreso è che l’ipotesi sul TFR fa sparire con un solo colpo di penna 10-12 miliardi per la PMI. Ho peraltro moltissimi dubbi che i lavoratori stessi aderirebbero a una simile proposta, se l’adesione fosse lasciata  alla volontarietà anche considerando la tassazione più elevata cui il TFR sarebbe assoggettato …”

 

Elena di Gregorio – segretaria Cgil Veneto

“… con questa misura ci condanniamo a una vecchiaia più povera con un danno alle future generazioni ma anche a chi lavora …”

 

Bortolussi Giuseppe – segretario Cgia Mestre

“… un costo aggiuntivo di cui pochi imprenditori sarebbero in grado di farsi carico …”

 

Gasparri Maurizio – vicepresidente di Forza Italia

“… TFR in busta paga? Una proposta molto scenica dietro la quale si può nascondere una truffa. Qualche centinaio di euro in più non rilanciano i consumi e anzi l’idea di non avere un gruzzoletto da investire dopo anni di lavoro può avere un effetto deprimente.

Senza considerare che per le piccole imprese sarebbe un salasso insostenibile…”.

 

L’argomento terrà sicuramente banco ancora nei prossimi giorni e le parti in causa avranno modo di confrontarsi sugli aspetti positivi e negativi di questa proposta; certo è che il Governo sta puntando tutto sulla “questione lavoro” per rilanciare l’immagine del Paese Italia, sarebbe importante però individuare i percorsi più corretti e quelli soprattutto che  maggiormente tengano conto della difficile situazione di ipossia della gran parte delle imprese italiane e conseguentemente dei propri lavoratori.

 

Secondo il Premier la capacità delle imprese e dei loro dipendenti di cambiare abitudini con maturità e responsabilità potrebbe essere la strada giusta da percorrere.

 

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