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Saggi
17 Aprile 2015

Jobs Act – Il nuovo contratto a tutele crescenti

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Concludiamo questo nostro primo viaggio attraverso le novità introdotte dal Jobs Act occupandoci proprio del nuovo contratto di lavoro.

Infatti, il contratto di lavoro subordinato, per operai, impiegati e quadri, cambia la sua immagine.

L’art. 1, comma 7 lettera c) della Legge n. 183/2014 prevede che l’attività legislativa del Governo si attivi nel rispetto delle seguenti direttive: “… previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro prevedendo un  indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento …”.

La delega al Governo ha lo “… scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti per le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva …”.

Ecco quindi che in un solo colpo la Riforma pone mano alle forme contrattuali e alle fattispecie di licenziamento limitando i casi in cui sia prevedibile il reintegro del lavoratore.

La risposta del Governo, che non ha perso tempo, è stata, tra l’altro per quanto oggetto di questo approfondimento, l’approvazione del Decreto Legislativo n. 23 del 04.03.2015 “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della Legge 10.12.2014 n. 183” – Pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 54 del 06.03.2015 ed entrato in vigore il 07.03.2015.

Partiamo dal presupposto che pur essendo presenti nel nostro ordinamento, almeno fino all’entrata in vigore del Jobs Act, diverse forme di contratto di lavoro quali:

  • contratto di lavoro a tempo determinato;
  • contratto di lavoro a tempo indeterminato;
  • contratti di collaborazioni a progetto.

Ciò malgrado dobbiamo sottolineare che il contratto per eccellenza è quello a tempo indeterminato, ovvero quel contratto sottoscritto tra due parti che non pongono, nel momento in cui sottoscrivono il contratto di lavoro, un termine dello stesso lasciandolo quindi alla decisione delle parti o al verificarsi di eventi non prevedibili.

Detto ciò, andando ad analizzare quanto previsto dal Jobs Act possiamo individuare due sole forme contrattuali applicabili dal 2015 ovvero il contratto a tempo determinato e quello a tempo indeterminato a tutele crescenti.

Con il termine “a tutele crescenti” si indica il nuovo contratto a tempo indeterminato stipulate dal 07 marzo che prevede un’escalation di tutele che il lavoratore maturerà mano a mano che trascorre l’anzianità di servizio del lavoratore presso la stessa azienda, seppure all’interno di un massimale determinato.

Le modalità di computo dell’anzianità lavorativa sono contenute nell’art. 7 e 8 del Decreto, precisando che l’art. 7 introduce il concetto di “anzianità convenzionale” nell’esecuzione dei contratti di appalto, ovvero prevede che l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendente dell’impresa che subentra nel contratto di appalto si debba determinare facendo riferimento all’intero periodo in cui il lavoratore è stato impiegato nell’attività appaltata, considerando quale datore di lavoro di per sé non la ditta ma la stazione appaltante – in senso fisico, qualunque essa sia.

Il nuovo contratto è di tipo aperto ovvero applicabile a tutti i lavoratori neo assunti a partire dal 07.03.2015; questo significa che ai vecchi contratti, stipulati ante 07.03.0215 continueranno ad essere applicate le tutele previste dall’art. 18 in caso di licenziamento illegittimo, mentre per i nuovi assunti varranno le tutele crescenti.

Sarà applicabile anche alla conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato e dei rapporti di apprendistato avvenuti in data successiva al 07.03.2015.

Queste garanzie crescenti infatti saranno maturate nei primi tre anni di servizio.

Questo contratto è destinato ad assorbire le oltre 40 forme contrattuali attualmente esistenti anche si i contratti di lavoro sottoscritti precedentemente alla data del 07.03.2015 saranno assoggettate alle normative previgenti.

Questa forma contrattuale in realtà la troviamo per la prima volta inserita nel Disegno di Legge 1428 “Jobs Act” nella sua prima versione del 03.04.2014.

Obiettivo di questo nuovo contratto è quello di incentivare l’occupazione, garantire limiti salariali a tutti i lavoratori, regolarizzare i versamenti contributivi e disincentivare l’uso non consono di tutte le altre forme contrattuali che troppo spesso, ancor più in questi ultimi anni di crisi economica in cui le aziende hanno cercato forme al limite del lecito per non soccombere, sono state adottate mascherando comunque rapporti di lavoro subordinato al solo fine di ridurre l’incidenza del costo del lavoro sul bilancio aziendale.

Il Jobs Act si pone come obiettivo quello di eliminare oltre 40 forme contrattuali, nate nel tempo allo scopo apparente di creare nuova occupazione ma di fatto concretizzatosi nella creazione di un mondo fatto di instabilità, di precariato e di “sfruttamento” delle risorse umane.

Ancora come possiamo leggere all’art. 7 della Legge 183/2014  l’obiettivo è quello di “… promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti…”.

Se guardiamo al passato, la precedente Riforma Fornero aveva già prestato particolare attenzione a quest’ultimo obiettivo, dichiarando guerra all’utilizzo delle partite iva false, ai contratti di collaborazione atipici che altro non hanno prodotto che un fossilizzarsi della situazione di precarietà in particolar modo nel mondo giovanile al primo approccio nel mondo del lavoro.

Ancora come possiamo leggere all’art. 7 della Legge 183/2014  l’obiettivo è quello di “… promuovere, in coerenza con le indicazioni europee, il contratto a tempo indeterminato come forma comune di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti…”.

Anche il contratto di lavoro a tempo determinato, già oggetto di modifiche rispetto alla sua riformulazione in sede di Legge Fornero, subirà ancora delle evoluzioni, diventando per  l’azienda meno allettante.

Ecco infatti che per incentivare le aziende ad assumere nuovi dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e a tutele crescenti stipulati dal 01.01.2015 al 31.12.2015 sono stati previsti sgravi contributivi per i primi 3 anni. Nel caso in cui però prima di questo termine l’azienda procedesse al licenziamento lo sgravio dovrà essere “restituito” .

Incentivi che escludono le assunzioni a tempo determinato ed in ogni caso saranno invece dovuti i contributi Inail.

L’importo massimo dello sgravio contributivo ammonta a € 8.060 annui da riproporzionare in base ai mesi effettivi nell’anno di riferimento (assunzione effettuata nel febbraio 2015 comporta uno sgravio per il 2015 pari a 11 mesi e quindi complessivamente a € 7.388).

Lo sgravio fiscale non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni di aliquote di finanziamento; non è applicabile ai contratti di apprendistato e di lavoro domestico.

Si stima, secondo uno studio Uil – servizio politiche territoriali, che il beneficio economico che potranno avere le aziende in caso di nuove assunzioni possa rappresentare il 26% del previgente assetto normativo in termini fiscali e previdenziali. Il beneficio massimo per le aziende è rilevabile per i contratti che prevedono retribuzioni fino a circo € 25.000.

Inoltre il nuovo contratto a tempo indeterminato e a tutele crescenti, a parità di retribuzione, costerà il 36,9% in meno rispetto ad un contratto a tempo determinato e il 22% in meno rispetto ad un contratto di collaborazione a progetto.

Queste norme non si applicano ai nuovi contratti per l’assunzione di personale del pubblico impiego.

Il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti somma in se due benefici:

  • gli sgravi contributivi Inps introdotti dalla Legge di Stabilità 2015 che consistono in un abbattimento totale dei contributi a carico dei datori di lavoro per 3 anni per ogni nuova assunzione a tempo indeterminato di un lavoratore disoccupato da sei mesi;
  • il completo scorporo del costo del lavoro dall’Imponibile Irap introdotto anch’esso con la Legge di Stabilità.

 

L’ambito di applicazione del D.L. del 24.12.2014 in attuazione alla L.D. n. 183/2014:

Come ha precisato anche la Fondazione Studi Consulenti del lavoro nella propria Circolare n. 1 del 07.01.2015 le novità introdotte dal Decreto Legge si applicano ai lavoratori che rivestono  la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla sua data di entrata in vigore.

Risultano quindi esclusi dall’applicazione delle nuove regole i rapporti a tempo determinato nonché i rapporti con qualifica dirigenziale; nel primo caso di troverà disciplina nell’art. 2119 del Codice Civile (recesso anticipato), nel secondo caso di troverà disciplina nella tutela contrattuale e nell’art. 18 comma 1 dello Statuto dei Lavoratori.

Le nuove regole trovano applicazione per le aziende che superano i 15 dipendenti nell’unità produttiva in ambito comunale o i 60 dipendenti complessivamente, nonché le aziende che mediante nuove assunzioni superano la soglia della tutela reale in quanto ad esso non sarà più applicabile l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Grande polemica, non ancora definitivamente pacificata, riguarda una lettura dell’ambito di applicazione del Decreto di attuazione che estende la nuova disciplina anche ai dipendenti del pubblico impiego.

Ciò comunque a nostro avviso non avrebbe dovuto risultare così inaspettato visto che la stessa Riforma Fornero del 2012 aveva previsto la necessità di uniformare e armonizzare le regole in materia di lavoro tra pubblico e privato.

Da qui la protesta e rivolta, con minaccia di scioperi, che ha costretto il Governo a dichiarare che i dipendenti pubblici saranno anch’essi oggetto di riforma ma che questa azione, volta soprattutto a smascherare i così definiti dal Premier “fannulloni” farà parte della Riforma Madia della Pubblica Amministrazione.

Il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti nel corso di una recentissima intervista a “Radio anch’io” ha affermato che i decreti in questione “… non sono applicabili al pubblico impiego …” soprattutto con riguardo alla modifica dell’art. 18. Ha infatti spiegato che affinché le nuove norme sui licenziamenti siano applicabili anche ai lavoratori della Pubblica Amministrazione sarebbero necessarie delle “… norme di raccordo …”.

Per quanto attiene alla lotta contro le dimissioni in bianco la Riforma recente del Jobs Act non ha attualmente previsto modifiche alle norme introdotte dalla Riforma Fornero; erano in realtà stati proposti numerosi emendamenti che avevano l’obiettivo di stringere ancora di più la corda limitando il ricorso fraudolento a questa attività ma per il momento non vi è stato l’accordo politico necessario. Il governo si è però impegnato a rafforzare le misure di contrasto introdotte dalla Riforma Fornero nell’ambito dei successivi Decreti di Attuazione.

 

Conclusioni:

Alla fine di questo nostro percorso vorremmo così chiudere con la consapevolezza che non sono certo le norme che creano occupazione ma che a farlo sia il contesto economico, la fiducia che le aziende devono ritrovare, la loro capacità di investire capitali, l’innovazione, un progetto produttivo e commerciale a medio – lungo termine.

Per arrivare a ciò si deve passare necessariamente per riforme strutturali che vadano a incentivare da una parte le aziende affinché assumano, gratificare e garantire stabilità ai lavoratori meritevoli ma anche la possibilità di “salutare” coloro che con poco senso di responsabilità per se e per gli altri non svolge correttamente, professionalmente e responsabilmente le proprie mansioni.

Gli effetti della recente riforma del lavoro si vedranno nel breve medio periodo; alcuni interventi infatti avranno decorrenza solo da maggio 2015; altri provvedimenti sono invece di natura sperimentale.

Rimodulare i contratti era sicuramente una priorità in particolar modo in un momento in cui il mercato del lavoro ha assunto l’immagine di precarietà, di incertezza, di occasionalità.

Dare stabilità e sicurezza ai lavoratori da una parte, incentivare le aziende a sottoscrivere contratti stabili, stimolare la formazione avranno sicuramente come effetto quello di vivacizzare l’economia e con essa portare anche ad una immagine più solida del nostro paese.

 

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