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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Il Bilancio consolidato 10 Determinazione e trattamento della differenza risultante dal consolidamento delle partecipazioni | Trattamento contabile della differenza risultante dal consolidamento

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Ai fini della redazione del bilancio consolidato, il bilancio della partecipata deve essere rettificato per riflettere il costo dell’investimento sostenuto dalla partecipante. Pertanto, i valori che risultano dalla distribuzione del costo della partecipazione sulle attività e passività in base ai valori correnti alla data di acquisto della partecipazione e la differenza residua costituiscono per la partecipante i valori di partenza da iscrivere nel bilancio consolidato. Ad esempio, se il valore corrente delle immobilizzazioni tecniche è superiore al valore iscritto nel bilancio della partecipata, si rende necessario riflettere nel bilancio consolidato il maggior valore delle immobilizzazioni tecniche, tenendo conto dei relativi effetti fiscali, e successivamente assoggettare ad ammortamento tale maggior valore. In conclusione, nel bilancio consolidato si espone il valore corrente delle immobilizzazioni tecniche che fu pagato al momento dell’acquisto della partecipazione e non il valore contabilizzato dalla partecipata e, quindi, l’ammortamento di tali beni va calcolato ai fini dei bilanci consolidati in base al loro valore corrente, tenendo conto degli effetti fiscali e del numero residuo di anni di vita utile a partire dalla data di acquisizione.

(a) Valore residuo positivo: eccedenza del costo di acquisizione rispetto al valore di patrimonio netto

(i) Definizione di avviamento positivo ovvero «differenza da consolidamento», così come indicata dall’art. 31 del D.Lgs. n. 127/1991

L’avviamento, in linea generale, emerge dalla differenza tra il corrispettivo pagato per tutto il, o parte del, patrimonio aziendale acquistato ed il netto (o parte del netto) tra il valore corrente delle attività e passività della società partecipata. In altri termini, esso è l’eccedenza del prezzo pagato rispetto al valore corrente della quota acquistata del patrimonio netto dell’impresa. Il valore di avviamento va considerato come attivo nello stato patrimoniale consolidato solo se derivante dal trasferimento a titolo oneroso della proprietà dell’impresa [1] e sempre che non rappresenti un’eccedenza di costo imputabile ad un «cattivo affare».

L’impiego della terminologia «differenza da consolidamento», rispetto a quella di cui all’art. 2426 , punto 6 del Codice Civile (che parla di avviamento), nonostante venga prescritto l’identico criterio di ammortamento, è una scelta del legislatore mirante a distinguere nettamente l’avviamento iscritto nei bilanci d’esercizio delle imprese che vengono consolidate da quello che emerge in sede di consolidamento. Ne consegue che anche i gruppi che ancora indicano come avviamento quello emergente dal consolidamento debbono modificare la terminologia adottata per uniformarsi alla normativa.

Il terzo comma dell’art. 33 del D.Lgs. n. 127/1991 , nel prevedere che l’eccedenza del costo di acquisizione rispetto al valore corrente del patrimonio netto vada «iscritto in una voce dell’attivo denominata “differenza da consolidamento”», ha anche considerato che la stessa possa essere portata «esplicitamente in detrazione della riserva di consolidamento fino a concorrenza della medesima». Sembrerebbe che la norma permetta una scelta discrezionale, ma così non deve essere interpretata. Infatti quando l’eccedenza rappresenta un effettivo maggior valore della partecipata, recuperabile tramite i redditi futuri dalla stessa generati, essa deve essere iscritta nella voce dell’attivo «differenza da consolidamento». Mentre quando l’eccedenza non corrisponde ad un reale maggior valore della partecipata, ma è dovuta ad un «cattivo affare» oppure a decisioni non direttamente correlabili con l’andamento reddituale della partecipata (ad esempio l’eliminazione di un concorrente dal mercato), essa deve essere iscritta in detrazione della «riserva di consolidamento» oppure addebitata al conto economico consolidato.

(ii) Trattamento contabile dell’avviamento

La residua differenza derivante dal consolidamento, se di segno positivo, va iscritta alla voce dell’attivo «differenza da consolidamento». Tale voce, che rappresenta l’avviamento [2] deve essere ammortizzata in un periodo non superiore a cinque anni, ovvero, in casi particolari in un periodo più lungo, che in ogni caso non può superare i venti anni, a condizione che ne sussistano fondati e comprovati motivi.

L’avviamento iscritto all’attivo del bilancio consolidato va sistematicamente ammortizzato ed il relativo ammortamento va esposto nel conto economico consolidato alla voce «Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali». L’eventuale adozione di un periodo di ammortamento che ecceda il limite di cinque anni deve essere espressamente illustrata nella nota integrativa, unitamente alle ragioni specifiche che hanno indotto a tale comportamento. L’ammortamento sistematico si realizza normalmente attraverso il metodo a quote costanti ovvero, ove raramente appropriato, a quote decrescenti.

Per quanto riguarda la durata dell’ammortamento dell’avviamento, si ritiene che il periodo indicato dalla norma di cinque anni (oppure periodo limitato di durata superiore, purché giustificato) sia ragionevole. Va, peraltro osservato che lo IASC nel documento «Business Combination», ha eliminato la possibilità di imputare direttamente a patrimonio netto (l’imputazione diretta a conto economico non era di già consentita dallo stesso IASC) l’avviamento positivo nascente dal consolidamento.

Le condizioni, che possono giustificare l’adozione di un periodo superiore ai cinque anni per l’ammortamento dell’avviamento, debbono essere specifiche e ricollegabili direttamente alla realtà e tipologia dell’impresa cui l’avviamento si riferisce (ad esempio, imprese la cui attività necessita di lunghi periodi di tempo per essere portata a regime, ovvero imprese i cui cicli naturali siano di lungo periodo, come anche imprese operanti in settori in cui non si prevedano rapidi o improvvisi mutamenti tecnologici o produttivi e che – quindi – si assuma possano conservare per lungo tempo le posizioni di vantaggio da esse acquisite sul mercato), nonché essere coerenti con le assunzioni prese a base al momento dell’acquisizione, come possono risultare documentate dagli atti d’acquisto e da altra documentazione inerente.

Se il periodo di utilità dell’avviamento viene ad essere ridotto da circostanze o eventi nuovi, l’ammontare ancora da ammortizzare va ripartito sul minor periodo residuo di utilità.

(iii) Recuperabilità dell’avviamento

La quota non ancora ammortizzata dell’avviamento iscritto nell’attivo del bilancio consolidato va periodicamente riesaminata per accertare se essa sia tuttora recuperabile. L’ammontare residuo da ammortizzare non deve, infatti, aver subito perdite di valore e deve costituire un’attività che possa essere realizzata in futuro tramite l’ammortamento; ossia, i futuri flussi di reddito generati dalla partecipata devono essere tali da assicurare un’adeguata remunerazione del capitale investito, incluso l’ammortamento dell’avviamento. Situazioni di dissesto della partecipata cui l’avviamento si riferisce, perdite ricorrenti della partecipata, l’eliminazione di un prodotto significativo dal mercato e l’introduzione sul mercato di prodotti concorrenziali sono esempi che fanno nascere dubbi circa la perdita di valore dell’avviamento. La svalutazione dell’avviamento va addebitata a conto economico.

Se tutta od una parte dell’azienda acquistata viene ceduta o posta in liquidazione e ad essa sia relativo un valore di avviamento ovvero un maggior valore non ancora ammortizzato attribuito ai beni della partecipata alla data di acquisizione, questi valori o la loro parte relativa alla quota ceduta o liquidata vanno inclusi nel costo delle attività vendute, al fine di rilevare la effettiva plusvalenza o minusvalenza nel bilancio consolidato.

(b) Valore residuo negativo: eccedenza del patrimonio netto rispetto al costo di acquisizione

Se il prezzo pagato per la partecipazione è inferiore al patrimonio netto a valori correnti al netto degli effetti fiscali (valore residuo negativo), si debbono ridurre proporzionalmente i valori, determinati come indicato al paragrafo 10.2(d), delle attività immobilizzate, salvo quelle di inequivocabile valore e di rapido realizzo, come ad esempio i titoli. Se, dopo aver ridotto i valori delle attività immobilizzate, sussiste un’ulteriore eccedenza del patrimonio netto a valori correnti rispetto al prezzo pagato e la società acquirente prevede che la società acquistata sosterrà perdite negli esercizi immediatamente successivi all’acquisto, prima cioè che la nuova gestione sia in grado di invertire la tendenza e conseguire utili, tale ulteriore eccedenza va accreditata alla voce del passivo «Fondo di consolidamento per rischi ed oneri futuri». Tale fondo va utilizzato negli esercizi immediatamente successivi per fronteggiare le perdite che si sosterranno, ovvero, nel caso in cui le originarie previsioni di perdita non abbiano più a verificarsi, sarà riaccreditato a conto economico. Tale accredito deve avvenire in modo da realizzare l’effettiva correlazione con le perdite previste. Non è conforme ai principi generali di bilancio l’utilizzo del fondo in modo totalmente soggettivo, ovvero per attuare politiche di bilancio.

Infine, se dopo aver ridotto i valori delle attività immobilizzate ed aver costituito il «Fondo di consolidamento per rischi ed oneri futuri», permane un ulteriore ammontare, esso va accreditato al patrimonio netto consolidato alla voce «Riserva di consolidamento». Se, invece, la differenza indicata è dovuta non alla previsione di perdite, bensì al compimento di un «buon affare» essa va interamente riconosciuta alla Riserva di consolidamento.

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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