L’Agenzia delle entrate chiarisce i criteri di applicazione della Tassa etica per chi svolge attività considerate “sensibili”, precisando che l’obbligo riguarda anche i titolari di partita IVA che aderiscono al regime forfettario. La risposta ufficiale dell’Amministrazione finanziaria arriva con l’interpello n. 285 del 4 novembre 2025.
Che cos’è la Tassa etica
La cosiddetta Tassa etica è un’addizionale alle imposte sui redditi introdotta dall’articolo 1, comma 466, della legge 266/2005.
Colpisce una quota del reddito derivante da particolari attività considerate meritevoli di attenzione dal legislatore, tra cui:
- produzione, distribuzione e vendita di materiale pornografico;
- spettacoli o contenuti che incitano alla violenza;
- altre attività catalogate nella disciplina di riferimento come “eticamente sensibili”.
Tale addizionale si applica a prescindere dalla forma giuridica del contribuente: imprese individuali, liberi professionisti e società.
Il caso: un contribuente contesta l’obbligo per i forfettari
Il chiarimento dell’Agenzia è stato sollecitato da un contribuente in regime forfettario, che aveva ricevuto da una Direzione regionale l’indicazione di dover pagare la Tassa etica. Il contribuente ha contestato la posizione dell’ufficio sostenendo:
- lacune normative: la legge istitutiva parla genericamente di imprese e professionisti, senza distinguere tra regimi fiscali;
- assenza di prassi ufficiali: nessun documento aveva fino a quel momento esplicitato l’obbligo per i contribuenti forfettari;
- richiamo non pertinente alla risoluzione 107/2009 (che istituisce i codici tributo), perché questa menziona i contribuenti Irpef e Ires, non i regimi agevolati come “minimi” o “forfettari”.
In subordine, l’istante ha chiesto precise istruzioni su come calcolare e versare l’imposta nel caso in cui l’Agenzia confermasse comunque l’obbligo.
Perché la Tassa etica si applica anche ai forfettari
L’Agenzia delle entrate premette che il regime forfettario (art. 1, commi 54-89, legge 190/2014) è un regime agevolato dedicato alle persone fisiche titolari di partita IVA.
Esso prevede:
- determinazione forfettaria del reddito tramite coefficienti di redditività in base al codice Ateco;
- imposta sostitutiva del 15% (o 5% per i primi anni) che rimpiazza Irpef, addizionali e Irap.
Tuttavia, l’Amministrazione precisa che la Tassa etica non rientra tra le imposte sostituite dall’imposta sostitutiva forfettaria.
Di conseguenza, i forfettari risultano pienamente soggetti all’addizionale.
Come si calcola la Tassa etica nel regime forfettario
Per i contribuenti in regime agevolato, l’imposta si determina in modo coerente con la logica del regime stesso:
- Si considerano solo i ricavi/compensi riconducibili alle attività soggette alla Tassa etica.
- A tali ricavi si applica il coefficiente di redditività previsto per il codice Ateco dell’attività prevalente.
- Il risultato costituisce la base imponibile.
- Su questo importo si applica l’aliquota del 25%.
Dove indicarla in dichiarazione
L’importo imponibile deve essere riportato nel Modello Redditi PF, nel quadro RQ, rigo RQ49.
Codici tributo e modalità di versamento
Il pagamento della Tassa etica avviene con le stesse scadenze e modalità previste per l’Irpef.
Si utilizzano i codici tributo istituiti con la risoluzione n. 107/2009:
- 4003 – acconto, prima rata
- 4004 – acconto, seconda rata o acconto unico
- 4005 – saldo
Il versamento si effettua tramite modello F24.
Regole applicabili in assenza di disposizioni specifiche
L’Agenzia ribadisce che, qualora la normativa sulla Tassa etica non preveda regole particolari per i forfettari, si applicano in via residuale le norme generali sulle imposte sui redditi.
Questo comporta:
- stesse tempistiche di pagamento dell’Irpef;
- stessa modalità di calcolo degli acconti;
- medesimi criteri di rateazione.
Tassa etica e regime forfettario non esonerato
La risposta dell’Agenzia chiarisce definitivamente che il regime forfettario non esonera dal versamento della Tassa etica.
I professionisti e gli imprenditori che operano in settori considerati sensibili devono quindi verificare correttamente i propri ricavi e determinare l’imposta dovuta, inserendola nella dichiarazione dei redditi e versandola con i consueti codici F24.