L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 110 del 22 ottobre 2010, si è espressa riguardo alla non impugnabilità delle comunicazioni al contribuente, recapitate ai sensi dell’art. 36-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54-bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, ossia dei cosiddetti “avvisi bonari”.
La conclusione alla quale è giunta l’Agenzia delle Entrate riflette l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza (sentenze Sezioni Unite della Cassazione del 2007, sentenze della Sezione Tributaria della Cassazione n. 25699 del 9 dicembre 2009 e n. 14373 del 15 giugno 2010) riguardo alla necessità, ai fini dell’impugnabilità degli atti di fronte alle Commissioni tributarie, della presenza in essi di una pretesa tributaria definita, pretesa che non è rinvenibile negli avvisi bonari.
Le comunicazioni in questione si presentano, infatti, quali meri inviti al contribuente a fornire, in via preventiva, chiarimenti riguardo ad anomalie riscontrate in sede di liquidazione automatizzata della dichiarazione.
In più, rileva la circostanza che la comunicazione di irregolarità non è formalmente ricompresa nell’elencazione degli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, elencazione che deve ritenersi tassativa.
L’Agenzia, quindi, dà indicazione agli uffici dell’Amministrazione finanziaria affinché, nella gestione dei ricorsi avverso gli avvisi bonari, sollevino la questione pregiudiziale di inammissibilità.
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