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11 Ottobre 2010

Disciplina delle Controlled foreign companies. Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

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L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 51 del 6 ottobre 2010, composta da ben 60 pagine, ha fornito numerosi chiarimenti in merito al complesso regime da applicare alle Controlled foreign companies (le CFC), in particolare alla luce delle modifiche introdotte dal Decreto Legge n. 78/2009, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 102/2009.

In primo luogo, l’Agenzia ha ricordato che l’applicazione della disciplina in questione comporta la tassazione per trasparenza in capo al soggetto controllante residente nel territorio dello Stato dei redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato, residente o localizzato in uno dei Paesi che non rientra nella cosiddetta white list. 

L’Agenzia ha, poi, affrontato molteplici aspetti della disciplina. Riportiamo solo alcune delle considerazioni inserite nella Circolare.

Nel caso in cui tra il socio residente ed il soggetto estero partecipato intercorra un rapporto di controllo vero e proprio, i redditi della CFC sono determinati secondo le regole ordinariamente previste per la determinazione del reddito d’impresa.

Nel caso in cui tra il socio residente ed il soggetto estero partecipato intercorra un rapporto di collegamento in misura almeno pari alle percentuali di cui all’art. 168 del Tuir, i redditi della CFC sono determinati per un importo corrispondente al maggiore tra:

– l’utile prima delle imposte risultante dal bilancio redatto dalla società partecipata estera anche in assenza di un obbligo di legge,

– un reddito induttivamente determinato sulla base di coefficienti di rendimento riferiti alle categorie di beni che compongono l’attivo patrimoniale della società partecipata estera.

Il reddito della CFC, sia essa controllata o collegata, è assoggettato a tassazione separata dai soggetti partecipanti residenti, con l’aliquota media applicata sul reddito complessivo netto, e comunque non inferiore al 27 %. Il reddito medesimo, inoltre, incrementa il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione nell’impresa non residente.

La tassazione per trasparenza viene meno nel caso in cui il soggetto controllante residente chieda ed ottenga la disapplicazione della disciplina in questione.

La prima condizione in presenza della quale può operare la disapplicazione (prima esimente) è quella che si verifica se la società estera svolge un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato del territorio di insediamento. Nel caso in cui la società estera svolga un’attività bancaria, finanziaria o assicurativa, la condizione si intende soddisfatta se la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi originano nel territorio di insediamento.

La seconda condizione per la disapplicazione della disciplina della tassazione per trasparenza (seconda esimente) è quella che si verifica qualora il soggetto controllante residente dimostri che dal possesso delle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis del Tuir (cosiddetta white list).      

Il nuovo comma 5-bis dell’art. 167 del Tuir prevede, inoltre, che la prima esimente non può essere invocata, quando i proventi della società non residente, per più del 50 %, derivano dalla gestione, detenzione o investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie; dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria ed artistica; dalla prestazione di servizi infragruppo, compresi i servizi finanziari. In questi casi si presume che la società estera sia una società senza impresa, ossia una società che formalmente è autonoma, ma sostanzialmente svolge un’attività di mero sfruttamento passivo di asset che sono in grado di per sé di produrre reddito. La prova contraria va fornita preventivamente in sede di interpello.    

La disciplina delle CFC può essere applicata anche alle società controllate localizzate in Paesi o territori inclusi nella cosiddetta white list se ricorrono due condizioni, tra le quali ricordiamo, in particolare, quella che si verifica qualora la società partecipata estera paghi imposte nello Stato di insediamento per un importo pari a meno della metà del carico impositivo cui sarebbe stata sottoposta qualora fosse stata residente fiscalmente in Italia. Per la determinazione della tassazione deve considerarsi esclusivamente l’IRES e deve escludersi l’IRAP. La previsione di questa estensione della disciplina delle CFC è finalizzata all’applicazione della normativa in questione a tutti gli insediamenti esteri che siano espressione di fenomeni elusivi, indipendentemente dal territorio di insediamento.   

Nella Circolare vengono, inoltre, specificate le modalità di presentazione dell’interpello ai fini dell’applicazione del regime derogatorio rispetto a quello ordinario delle CFC.

L’Agenzia delle Entrate si è occupata, infine, nella parte conclusiva della Circolare, della disciplina dei dividendi provenienti dai Paesi della black list e dei costi sostenuti con tali Paesi.   

 

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