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Principi Contabili
Scritto da: Misterfisco

Titoli e partecipazioni Principi contabili | II. Partecipazioni immobilizzate

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1. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE

Sono partecipazioni immobilizzate quelle partecipazioni (azionarie o no) destinate per decisione degli amministratori ad investimento duraturo, finalizzato: al controllo, ovvero ad influenza dominante (partecipazioni in società controllate); oppure ad influenza notevole (partecipazioni in società collegate o equiparabili in relazione alla misura della partecipazione) sulla gestione della partecipata; oppure ancora soltanto con lo scopo di ottenere, mediante la partecipazione, vantaggi economici indiretti (partecipazioni in società non qualificate).

Le partecipazioni immobilizzate sono scomponibili in tre categorie: partecipazioni in società controllate e collegate, partecipazioni immobilizzate non qualificate.

1.1 Partecipazioni in società controllate e collegate e in società equiparabili alle collegate

Le partecipazioni in società controllate e collegate definite nell’art. 2359 c.c. Esse consentono di influire con peso differente (maggiore nel caso di partecipazioni in società controllate, minore in quelle collegate) sulla gestione dell’impresa in cui è detenuta la partecipazione.

Richiamata la disciplina civilistica per le partecipazioni in società controllate si considerano due fattispecie di controllo:

a) controllo «legale», originato dalla maggioranza dei diritti di voto;

b) controllo mediante «influenza dominante», a sua volta suddiviso nella fattispecie:

– influenza dominante originata da partecipazioni significative (es.: partecipazioni di minoranza qualificata in una situazione di proprietà frazionata o polverizzata);

– influenza dominante fondata su vincoli contrattuali.

Rientra nelle partecipazioni in società controllate anche la fattispecie del «controllo indiretto». Si ha controllo indiretto anche nella situazione in cui la società «A», che esercita un’influenza dominante su un’altra (società «X») in virtù della somma dei voti esercitabili nell’assemblea di quest’ultima attraverso una pluralità di controllate dalla prima (es.: società «B», «C», «D» ed «E»), ciascuna delle quali separatamente, per la modestia della propria partecipazione, non ha il controllo diretto.

Sono considerate società collegate, sempre secondo l’art. 2359 c.c., le società sottoposte ad influenza notevole.

Si presume (salvo che da circostanze di fatto risulti diversamente) esistente l’influenza notevole (quindi lo status di società collegata) quando la società partecipante può esercitare nell’assemblea ordinaria della partecipata almeno un quinto dei voti, ovvero un decimo se la partecipata è quotata in borsa.

La posizione di «influenza dominante», a cui è connessa la facoltà di nominare la maggioranza degli amministratori, assicura il controllo sulla gestione della partecipata; la posizione di «influenza notevole», pur recando con sé, ma non necessariamente, la facoltà di nomina di uno o più amministratori, non consente il controllo.

1.2 Partecipazioni immobilizzate non qualificate

Si considerano partecipazioni immobilizzate non qualificate le partecipazioni in altre imprese o società, nelle quali l’ammontare delle azioni o quote possedute non consente di esercitare un’influenza né dominante, né notevole sulla gestione dell’impresa stessa, ma che tuttavia costituiscono un investimento duraturo per scelta del soggetto economico, in quanto da esse possono derivare, oltreché vantaggi economici diretti, quali il dividendo, anche vantaggi indiretti, quali rapporti contrattuali con condizioni favorevoli di fornitura, collaborazioni aziendali sotto forma di integrazioni negli approvvigionamenti o nella rete distributiva.

2. ISCRIZIONE IN BILANCIO DELLE PARTECIPAZIONI IMMOBILIZZATE

Le partecipazioni in società controllate e collegate, le partecipazioni immobilizzate non qualificate, devono essere iscritte separatamente nello schema di stato patrimoniale previsto dall’art. 2424 c.c. nell’ambito del gruppo III – Immobilizzazioni finanziarie, nelle voci seguenti:

1) partecipazioni in:

a) imprese controllate

b) imprese collegate

c) imprese controllanti

d) altre imprese

I proventi dell’investimento, rappresentati dai dividendi, devono essere rilevati per competenza. Essa fissa il momento in cui sorge il diritto alla riscossione, in conseguenza della delibera assunta dalla assemblea dei soci della società partecipata di distribuire l’utile o eventualmente le riserve.

L’importo dei dividendi deve essere iscritto nello schema di conto economico previto dall’art. 2425 nel gruppo C) Proventi e oneri finanziari, voce 15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate.

Gli utili o le perdite che derivano dalla cessione di partecipazioni immobilizzate, quale differenza tra il valore contabile e il prezzo di cessione, sono iscritti nello schema di conto economico previsto dall’art. 2425 c.c., a seconda che siano attribuibili alla gestione ordinaria o straordinaria della impresa, rispettivamente:

a) nel primo caso, nel gruppo C) Proventi e oneri finanziari, e più precisamente, se componenti positivi, nella voce 15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate;

b) nel secondo caso, nel gruppo E) Proventi e oneri straordinari, e più precisamente: se componenti positivi, nella voce 20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni; se componenti negativi nella voce 21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da realizzo.

Il realizzo di partecipazioni immobilizzate è conseguente al cambiamento di destinazione economica del bene. Pertanto rappresenta normalmente un evento eccezionale della gestione.

L’utile o la perdita discendente dall’operazione deve essere rilevata tra i proventi o gli oneri straordinari, in quanto evento caratterizzato non solo da eccezionalità, ma anche da estraneità all’attività ordinaria della società.

Le spese relative alla cessione di partecipazioni (spese per bolli, registrazione ecc.) seguono la sorte, come rilevazione in bilancio, dell’iscrizione dell’utile o della perdita da realizzo delle partecipazioni.

La svalutazione di partecipazioni immobilizzate per effetto di durevole riduzione di valore rispetto al costo deve essere iscritto nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, conto 19) svalutazioni, voce b) di partecipazioni.

Il ripristino di valore, nel caso in cui sia venuta meno la ragione che aveva indotto gli amministratori a svalutare in precedenza una partecipazione immobilizzata, deve essere iscritto nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, conto 18) rivalutazioni, voce b) partecipazioni.

Per l’iscrizione in bilancio delle partecipazioni in società controllate e collegate valutate con il metodo del patrimonio netto si rinvia all’apposito Documento n. 21 relativo al Metodo del patrimonio netto.

3. LA VALUTAZIONE AL COSTO DELLE PARTECIPAZIONI IMMOBILIZZATE

3.1 Il criterio del costo e il suo significato

Per costo s’intende l’onere sostenuto per l’acquisto, indipendentemente dalle modalità di pagamento, comprensivo degli oneri accessori.

Gli oneri accessori sono costituiti di solito da costi di intermediazione bancaria e finanziaria, ossia commissioni e spese, imposte di bollo, ecc. Possono comprendere, nel caso d’acquisto di pacchetti significativi, costi di consulenza corrisposti a professionisti per la predisposizione di contratti e di studi di fattibilità e/o di convenienza all’acquisto. Eventuali interessi passivi corrisposti a fronte di una dilazione di pagamento non possono essere considerati oneri accessori.

3.2 Gli aumenti di capitale a pagamento e gratuiti, le riduzioni di capitale. I diritti d’opzione

Nel caso di incremento della partecipazione per aumento di capitale a pagamento sottoscritto e versato dalla partecipante, il valore di costo a cui è iscritta in bilancio la partecipazione immobilizzata deve essere aumentato dall’importo corrispondente al costo sostenuto per la sottoscrizione delle nuove azioni.

Il diritto di opzione rappresenta la facoltà di sottoscrivere nuovi titoli proporzionalmente a quanto già detenuto; esso può essere utilizzato direttamente, venduto o abbandonato. Nel caso di aumenti gratuiti del capitale della partecipata, questi non comportano alcun onere, né modificano la percentuale di partecipazione; conseguentemente non si deve procedere ad alcuna variazione nel valore della partecipazione.

Poiché le azioni gratuite, a costo zero, si sommano numericamente a quelle già in carico, il costo unitario medio si riduce.

Le azioni gratuite relative ad azioni classificabili come partecipazioni immobilizzate non vanno perciò rilevate come utile, in quanto esse aumentano il numero delle azioni senza modificare l’interessenza del percipiente.

Nella nota integrativa si deve dare informazione sull’operazione (ossia aumento del capitale e modalità, azioni o quote gratuite assegnate, modalità di iscrizione in bilancio).

Nel caso di riduzione del capitale sociale per perdite si deve procedere a corrispondente riduzione nel valore della partecipazione.

Nel caso di aumenti del capitale deliberati a seguito di riduzione del capitale per perdite, si deve procedere dapprima alla riduzione del valore della partecipazione, quindi al ripristino del valore della stessa partecipazione in misura corrispondente all’aumento del capitale eseguito.

Un metodo non inusuale con il quale si può realizzare un aumento di capitale in una partecipata è costituito dalla rinuncia ad un credito vantato dal socio nei confronti della partecipata. In questo caso la contropartita dell’annullamento, totale o parziale, del credito in capo al socio va ad aumentare il valore della partecipazione.

Se la rinuncia al credito costituisce versamento a fondo perduto, anziché aumento di capitale, non muta la sua contabilizzazione, ossia incremento della partecipazione in capo al socio ed accrescimento del patrimonio della partecipata.

La rinuncia al credito può, invece, essere originata dalla necessità di coprire perdite della partecipata. In questo caso si tratta, in sostanza, di un apporto di capitale che il percettore dovrebbe imputare ad incremento patrimoniale, da utilizzarsi, appunto, per neutralizzare le perdite sofferte. In capo al socio, la contropartita dell’annullamento del credito costituisce un costo d’esercizio, da classificarsi come svalutazione di partecipazione (voce B) 19) a) del conto economico). Questo trattamento contabile equivale a rilevare un incremento nel valore della partecipazione e alla contestuale svalutazione dello stesso; se ne ricorrono i motivi si deve operare ulteriore svalutazione per la perdita durevole nel valore residuo della partecipazione.

Qualora la rinuncia al credito sia superiore alle perdite sofferte dalla partecipata, essa costituisce aumento di capitale (o versamento a fondo perduto, secondo i casi) solo per la parte eccedente.

In tutti i casi sopra esposti, il nuovo valore contabile della partecipazione va assoggettato al processo di valutazione trattato nel seguito di questo documento.

I diritti d’opzione rappresentano un valore delle azioni o delle quote di una società acquistate in sede di aumento del capitale di partecipazioni immobilizzate; essi devono essere rilevati in contabilità e in bilancio al costo d’acquisto.

L’assegnazione del diritto gratuito di opzione non genera un utile per il percipiente.

Peraltro i diritti d’opzione costituiscono una parte del valore delle azioni; ne segue che, dopo la delibera di aumento del capitale sociale il valore di ogni azione, il quale incorpora gratuitamente uno o più diritti d’opzione, deve intendersi suddiviso tra valore dell’azione al netto del diritto d’opzione e valore del diritto medesimo.

La separazione del valore dell’investimento per attribuirne una parte ai diritti di opzione va effettuata in proporzione ai valori di mercato delle azioni e dei diritti di opzione alla data in cui i diritti sono ricevuti. In altri termini, il valore di borsa delle azioni deve essere quello determinatosi successivamente alla emissione dei diritti. La suddivisione all’interno del valore del titolo si effettua extracontabilmente.

Se il diritto di opzione viene venduto la differenza tra l’ammontare ricavato ed il costo in precedenza determinato rappresenta l’utile o la perdita che deve essere rilevato nel conto economico; se il diritto di opzione scade, il costo del diritto va rilevato (quale perdita) nel conto economico.

Nessun addebito o accredito va effettuato al conto economico nel caso di conversione in azioni di obbligazioni convertibili.

3.3 Il costo nella valutazione delle partecipazioni immobilizzate non qualificate

Il costo è il criterio di valutazione unico e, in linea di principio, costante nel tempo da adottare per le partecipazioni immobilizzate non qualificate.

Il costo sostenuto all’atto dell’acquisto di una partecipazione immobilizzata non qualificata deve essere mantenuto nei bilanci dei successivi esercizi, a meno che si verifichi una perdita durevole di valore, oppure venga deciso il cambiamento, in tutto o in parte, di destinazione economica e vi siano i presupposti per l’adozione di un valore minore.

Infatti nel primo caso, trattandosi di investimenti destinati a mantenere immutata per i periodi successivi la loro funzione economica, non v’è ragione di rettificare il costo, svalutando di conseguenza la partecipazione, a causa di un risultato negativo della partecipata ritenuto a carattere temporaneo.

3.4 Il costo nella valutazione delle partecipazioni in imprese controllate e collegate Le partecipazioni in società controllate e collegate possono essere valutate, secondo la disciplina civilistica, in via alternativa come segue:

– con il criterio del costo;

– con il metodo del patrimonio netto.

Il criterio del costo secondo i principi contabili è trattato in questo paragrafo, mentre per il metodo del patrimonio netto si rinvia all’apposito, separato, documento.

Il costo sostenuto all’atto dell’acquisto di una partecipazione in società controllata e/o collegata deve essere mantenuto, in linea di principio, nei bilanci dei successivi esercizi, a meno che si verifichi una perdita duratura di valore, oppure venga deciso il cambiamento di destinazione della partecipazione, ossia da immobilizzata a non immobilizzata, e vi siano i presupposti per rettificare in meno il costo, oppure venga deciso di adottare il metodo del patrimonio netto.

In ogni caso il criterio del costo deve essere posto, alla fine di ogni esercizio, a raffronto con il valore risultante dall’adozione alla medesima data del metodo del patrimonio netto, nell’ipotesi in cui l’impresa sia tenuta a redigere il bilancio consolidato, oppure al valore corrispondente alla frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa partecipata, qualora non vi sia l’obbligo di redigere il bilancio consolidato.

Nel caso in cui dal raffronto emerga che il valore della partecipazione è inferiore al costo, non v’è obbligo di svalutare la partecipazione, rettificando il valore di costo, se non si è verificata una perdita durevole di valore.

L’organo amministrativo della società partecipante deve tuttavia motivare la differenza nella nota integrativa, ossia deve indicare in modo preciso e puntuale: la ragione per cui la partecipazione è iscritta in bilancio al costo allorché questo esprime un valore superiore alla corrispondente frazione del patrimonio netto della partecipata (nel caso in cui la partecipante non sia obbligata a predisporre il bilancio consolidato), ovvero superiore a quello derivante dall’adozione del metodo del patrimonio netto (nel caso in cui la partecipante sia obbligata a redigere il bilancio consolidato), nonché l’ammontare della differenza tra il costo e il criterio di raffronto utilizzato.

Poiché la facoltà concessa dalla disciplina civilistica di utilizzare in modo costante il criterio del costo non deve portare l’organo amministrativo a comportamenti arbitrari, l’eccedenza del costo d’acquisto rispetto al valore netto contabile della partecipazione può essere motivata solo: o dalla esistenza nel bilancio della partecipata di beni con valori correnti delle immobilizzazioni materiali superiori a quelli contabili e/o di un avviamento basato su una ragionevole aspettativa di futuri sovraredditi, ossia da un capitale economico della partecipata superiore al capitale di funzionamento della stessa; oppure la perdita d’esercizio della partecipata ritenuta temporanea.

Se invece la differenza tra il costo d’acquisto e la quota di pertinenza del patrimonio netto contabile della partecipata dipendesse da un acquisto malaccorto o sbagliato, oppure i maggiori valori dei beni e/o l’avviamento risultassero nel frattempo ridotti o annullati, oppure si fosse in presenza di perdite durevoli di valore, si deve procedere alla svalutazione della partecipazione.

La svalutazione va rilevata in conto economico (voce D) 19) a).

3.5 I limiti del costo per le imprese controllate e collegate

Il criterio di valutazione per principio più corretto per le partecipazioni in società controllate e collegate è rappresentato dal metodo del patrimonio netto, in quanto queste partecipazioni sono possedute non solo allo scopo di trarre i frutti diretti dell’investimento (i dividendi), ma soprattutto, sul piano quantitativo, per la cointeressenza al risultato d’esercizio e alla consistenza patrimoniale della partecipata e, sul piano gestionale, per la possibilità di influire in modo dominante (società controllata), oppure in modo notevole (società collegata), sulle decisioni della partecipata.

Per queste partecipazioni il criterio del costo ha dei limiti ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico, in quanto reca con sé un valore svincolato dall’andamento della gestione della partecipata. Infatti il criterio del costo non consente di seguire la dinamica del valore della partecipazione in sincronia con la dinamica del patrimonio netto della partecipata.

Si raccomanda perciò di utilizzare per le partecipazioni in società controllate e collegate il metodo del patrimonio netto.

Il criterio del costo si applica invece, comunque, nei seguenti casi:

– se vi sono elementi che condizionano in modo rilevante la partecipazione (ad esempio il rimpatrio dei capitali investiti e dei dividendi), oppure situazioni di natura politica, che limitano di fatto l’influenza significativa nella gestione della partecipata;

– se il controllo effettivo, diretto o indiretto, da parte della partecipante è di fatto limitato da particolari situazioni, quali ad esempio il fallimento, l’amministrazione controllata o la liquidazione, ecc. In questi casi si pone altresì il problema se sia necessario svalutare il valore di carico della partecipazione.

3.6 La svalutazione rispetto al costo d’acquisto: la perdita durevole di valore

Se è prescelto per la valutazione delle partecipazioni immobilizzate (controllate e collegate, come pure partecipazioni non qualificate immobilizzate) il criterio del costo, questo non può essere mantenuto, a sensi dell’art. 2426 c.c. nell’ipotesi di perdita di valore della partecipazione con carattere durevole.

Né il testo della legge (art. 2426 c.c.) né la relazione che la accompagna forniscono compiute definizioni dei concetti di perdita di valore e di durevolezza. Poiché interpretazioni diverse di tali espressioni possono condurre a svalutare, o meno, il valore di carico di una partecipazione, considerata l’esigenza che i criteri di valutazione non siano arbitrari e siano al tempo stesso di uniforme applicazione – come si evince da più parti della relazione di accompagnamento dal D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127 – si ritiene necessaria una loro definizione.

Trattasi anzitutto di situazione che il compilatore del bilancio deve accertare in modo accurato, in quanto due sono i problemi ad essa connessi:

1) individuare il carattere duraturo della perdita di valore;

2) determinare quale deve essere il valore inferiore al costo, ovvero la misura della rettifica allo stesso.

Le ragioni originarie che inducono alla prima analisi sono da ascrivere alle condizioni economico-finanziarie della partecipata, ossia quando sulla base di riferimenti certi e costanti, sono accertate perdite d’esercizio non episodiche o temporanee, bensì strutturali tali cioè da intaccare la consistenza patrimoniale della partecipata.

Una perdita di valore, sovente, deriva da perdite d’esercizio significative riportate dalla partecipata, frequentemente accompagnate o provocate da situazioni negative interne all’impresa stessa o esterne ad essa, oppure da una combinazione di fattori interni ed esterni.

Esempi di situazioni interne all’impresa che possono condurre ad una perdita di valore possono essere: perdite operative divenute fisiologiche, derivanti da una struttura economica del ciclo costi/ricavi che cessa di essere remunerativa; eccesso di costi fissi, non riducibili nel breve periodo, rispetto al volume d’affari; obsolescenza tecnologica degli impianti o dei processi produttivi dell’impresa; un perdurante stato di tensione finanziaria al quale non si possa porre rimedio e che divenga eccessivamente oneroso per l’azienda.

Esempi di fattori esterni all’azienda possono invece essere: crisi del mercato in cui opera l’impresa con previsioni di assestamento dello stesso in direzione opposta a quella utile all’impresa; sostanziale ribasso dei prezzi di vendita dei prodotti non bilanciato dall’adeguamento dei costi di produzione e vendita; nuove leggi e regolamentazioni che incidono negativamente sulla redditività dell’impresa; perdita di quote di mercato a favore di imprese concorrenti; abbandono da parte del mercato dei prodotti dell’impresa a favore di prodotti alternativi.

Un ulteriore riferimento per l’applicazione della «perdita di valore» si ha allorché ci si rende conto che l’avviamento pagato in sede di acquisizione di azienda presenta un valore minore o, addirittura, si è azzerato.

In conclusione una perdita di valore è durevole quando fondatamente non si prevede che le ragioni che la hanno causata possono essere rimosse in un breve arco temporale, cioè in un periodo così breve da permettere di formulare previsioni attendibili e basate su fatti obiettivi e ragionevolmente riscontrabili. Quindi, una perdita di valore è durevole perché non è ragionevolmente dimostrabile che nel breve periodo la società partecipata possa sovvertirla mediante positivi risultati economici.

Se invece la partecipata ha predisposto piani e programmi tesi al recupero delle condizioni di equilibrio economico finanziario e di redditività, con caratteristiche tali da far fondatamente ritenere che la perdita ha carattere contingente, questa può definirsi non durevole. Affinché ciò sia ammissibile, tuttavia, per non violare il postulato della prudenza nella formazione del bilancio (si veda Documento n. 11 relativo a Bilancio d’esercizio – Finalità e postulati), i piani e programmi devono avere caratteristiche di:

– concretezza;

– ragionevole possibilità di realizzazione (tecnica, economica, finanziaria); – brevità di attuazione.

Inoltre si ritiene necessario che i piani e i programmi operativi presentino le seguenti caratteristiche: a) risultino da deliberazioni degli organi societari; b) siano analitici così da individuare con precisione gli elementi di intervento e i benefici (qualificati in termini economici) che da essi si attendono; c) definiscano in modo esplicito il tempo entro cui il recupero dell’equilibrio economico è atteso, che deve collocarsi comunque nell’arco di esercizi futuri molto ravvicinati. In particolare, l’elemento tempo è di grande importanza, in quanto la capacità di formulare previsioni attendibili diminuisce tanto più rapidamente quanto più esse si collocano nel futuro.

Se gli amministratori della partecipante, trovandosi nella possibilità sopra descritta, considerano la perdita di valore non durevole, debbono dare esplicita illustrazione nella nota integrativa, indicando gli elementi caratterizzanti dei piani/programmi che consentiranno il recupero della perdita di valore, ivi inclusa l’indicazione del tempo atteso per il recupero della perdita.

Non si ritiene ammissibile, al contrario, che la perdita di valore sofferta da una partecipazione sia considerata non durevole sulla semplice base di ipotesi generiche di recupero o di consistenza dei valori patrimoniali. Tale comportamento, nei fatti, è assimilabile ad un puro rinvio del riconoscimento della perdita che, per il richiamo postulato della prudenza e per quello della competenza, non è accettabile.

Per i titoli quotati non può essere considerato motivo di abbattimento del costo un improvviso e generalizzato ribasso del valore di borsa; questo può costituire peraltro un primo elemento segnaletico di un’eventuale perdita durevole di valore.

Il ribasso dei costi, ovvero un valore inferiore al valore di bilancio della partecipazione, non costituisce perciò tout court obbligo di svalutazione.

Infatti la disciplina civilistica per le partecipazioni immobilizzate, diversamente dalle partecipazioni appartenenti all’attivo circolante, per i quali è prevista l’adozione a fine esercizio del minore tra il costo d’acquisto e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, non prevede il richiamo a quest’ultimo principio [1]. L’unico riferimento per svalutare una partecipazione immobilizzata è rappresentato da una perdita permanente di valore; in tal caso incorre l’obbligo della riduzione di valore.

I riferimenti per considerare la perdita di valore durevole devono essere:

– per le partecipazioni immobilizzate quotate, un significativo ribasso nel listino che storicamente ha espresso un carattere di persistenza temporale, unito a negative condizioni economico-finanziarie della partecipata, che fanno fondatamente ritenere non possibile un’inversione di tendenza;

– per le partecipazioni immobilizzate non quotate, ovvero per quelle per le quali non è disponibile un valore di mercato, vanno utilizzati tutti i dati e le informazioni di cui si può venire a conoscenza allo scopo di accertare il deterioramento delle condizioni economico-patrimoniali della società emittente attraverso risultati d’esercizio negativi della società partecipata.

Gli anzidetti accertamenti devono essere effettuati anche per le partecipazioni quotate.

Nel caso in cui la partecipazione immobilizzata sia acquisita in sede di costituzione di questa, oppure in sede di inizio di attività, e tale società nella fase di avvio relativo al primo esercizio consegua perdite, anche consistenti, è possibile non svalutare la partecipazione, in quanto la perdita non è da ritenere con carattere permanente, se dall’esercizio successivo si possano trarre indicazioni di positivo cambiamento in misura tale da ripianare le perdite precedenti e, comunque, i risultati e lo sviluppo dell’attività confermino i piani e i programmi aziendali.

Accertata in sede di formazione del bilancio la perdita durevole di valore della partecipazione, questo deve essere ridotto rettificando il costo storico per allinearlo al patrimonio netto della partecipata.

Se si ritenesse che il patrimonio netto non esprima appropriatamente la perdita durevole di valore della partecipazione, questa deve essere iscritta ad un valore ulteriormente inferiore, fino addirittura ad azzerarla.

In quest’ultimo caso può rendersi necessario un accantonamento al passivo (voce B) 3) per poter far fronte per la quota di competenza alla copertura del deficit patrimoniale della partecipata. Tale accantonamento non è necessario se la società partecipante che non sia unico azionista ha l’intenzione ed è in grado di rinunciare alla partecipazione.

La riduzione di valore rispetto al costo deve essere iscritta, come già precisato, in conto economico nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, punto 19) svalutazioni, voce b) di partecipazioni.

L’anzidetta rettifica di valore deve essere interamente imputata all’esercizio in cui è accertata.

Se, pur in presenza di perdita d’esercizio della partecipata, non si ritenga che ciò configuri una perdita durevole di valore della partecipata, si mantiene in bilancio il costo storico della partecipata. Nel caso in cui, per clausole contrattuali fra i soci o per altri motivi, la partecipante sia impegnata a ripianare le perdite sofferte dalla partecipata, si dovrà procedere a rilevare per competenza il relativo onere, con contropartita al Fondo per rischi e oneri (voce B) 3) dello stato patrimoniale). Si sottolinea che, in questa fattispecie, le valutazioni degli amministratori circa l’esistenza o meno di una perdita durevole di valore devono essere particolarmente accurate, prudenti e motivate.

Nonostante il Codice Civile non disponga specifiche informazioni sull’argomento si raccomanda che nella nota integrativa siano indicati:

– le ragioni per cui, nonostante il corso di borsa della partecipazione quotata sia sceso in misura consistente, oppure nel caso di partecipazione non quotata questa abbia conseguito una perdita d’esercizio, la società partecipante non ha svalutato la partecipazione;

– le ragioni, nel caso di perdite permanenti di valore, della adozione del valore inferiore al costo;

– l’ammontare della svalutazione;

– gli elementi che hanno costituito base o riferimento per l’adozione del valore minore.

Poiché la partecipazione, dopo l’intervenuta svalutazione è iscritta in bilancio al netto della rettifica, per comodità si suggerisce di annotare contabilmente o in via extracontabile la rettifica, quale dato di memoria, nel caso in cui si dovesse in seguito procedere a rivalutare il titolo in precedenza svalutato. Diversamente si perde anche la ricostruzione dei valori, utile per le indicazioni da riportare nella nota integrativa.

3.7 Il ripristino di valore

Nel caso in cui vengano meno le ragioni che avevano indotto l’organo amministrativo ad abbandonare il criterio del costo per assumere nella valutazione delle partecipazioni immobilizzate un valore inferiore, si deve procedere alla rivalutazione del titolo fino alla concorrenza, al massimo, del costo originario.

Più precisamente, se l’impresa in un determinato esercizio ha svalutato una partecipazione immobilizzata, e se già nell’esercizio successivo sono cessate, in tutto o in parte, le cause della svalutazione, la medesima impresa in sede di formazione del bilancio deve ripristinare, in tutto o in parte, il valore iscritto in precedenza [2].

Il ripristino di valore può essere perciò parziale o totale rispetto al valore contabile precedente, con la conseguenza che, qualora le ragioni dell’originaria svalutazione vengano meno, anziché per intero in un unico momento, gradualmente in più esercizi successivi, il ripristino di valore dovrà essere attuato per l’ammontare corrispondente.

In ogni caso il processo di ripristino di valore non può superare il costo originario e può essere attuato solo in funzione del riassorbimento di svalutazioni effettuate obbligatoriamente in precedenza.

Il ripristino di valore deve essere iscritto, come già precisato, nel conto economico nel gruppo D) Rettifiche di valore di attività finanziarie, punto 18) rivalutazioni, voce a) di partecipazioni.

3.8 Il cambiamento di destinazione

Le partecipazioni immobilizzate (partecipazioni in società controllate e collegate e partecipazioni in altre imprese immobilizzate) possono essere soggette durante il periodo di possesso da parte dell’impresa ad una destinazione economica, in tutto o in parte, diversa rispetto a quella attribuita in precedenza dall’organo di amministrazione; nel senso che una partecipazione, iscritta nel bilancio relativo al precedente esercizio tra le immobilizzazioni finanziarie, viene rilevata in sede di redazione del bilancio tra le attività non immobilizzate; oppure, al contrario, una partecipazione in precedenza classificata tra le attività finanziarie non immobilizzate viene iscritta tra le attività finanziarie immobilizzate.

Iniziamo dalla prima ipotesi.

Poiché la partecipazione è destinata alla negoziazione, deve essere valutata nello stesso esercizio in cui si procede al cambiamento di classificazione, con il criterio previsto per le attività finanziarie non immobilizzate.

Qualora, in corrispondenza al cambiamento di destinazione, il valore desumibile dell’andamento del mercato sia superiore al costo, deve essere mantenuto il valore di costo.

La seconda ipotesi, più rara, è rappresentata dal cambiamento di destinazione da partecipazione appartenente all’attivo circolante a partecipazione immobilizzata.

Ciò deriva da decisione presa dall’organo d’amministrazione di non negoziabilità futura della partecipazione, ovvero di mantenimento nel portafoglio dell’azienda detentrice; il cambiamento di destinazione non può in ogni caso costituire motivo per politiche di bilancio finalizzate ad obiettivi legati al risultato d’esercizio.

Quanto alla valutazione, poiché per effetto del cambiamento di destinazione, la partecipazione ha assunto la caratteristica di immobilizzazione finanziaria (per la quale il criterio di valutazione è il costo di acquisto, rettificato in diminuzione nell’ipotesi di perdita durevole di valore), il criterio da utilizzare è il costo.

In presenza di perdita durevole di valore si deve procedere alla svalutazione della partecipazione.

I differenti criteri di valutazione e di classificazione adottati per effetto dell’intervenuto cambiamento di destinazione del titolo devono essere indicati nella nota integrativa. Si richiamano in proposito i punti l) e m) del successivo paragrafo 5 .

4. LE RIVALUTAZIONI DELLE PARTECIPAZIONI IMMOBILIZZATE

Le rivalutazioni trattate nel precedente paragrafo 3.7 consistono, come detto, nella «ripresa di valore», ossia nella ricostituzione, totale o parziale, del valore storico (costo o valore contabile) svalutato in precedenza.

Queste non vanno confuse con il processo di rivalutazione, ossia con una «nuova valutazione di carattere eccezionale» riguardante un bene o più beni o l’intero sistema dei valori di bilancio, che reca con sé l’abbandono del valore contabile o storico per iscrivere un valore diverso, più aggiornato, ossia un valore corrente.

Nel presente documento sono trattate solo le rivalutazioni nel bilancio d’esercizio. In particolare sono trattate le uniche rivalutazioni consentite dalla legge, ossia quelle previste e disciplinate da disposizioni normative, a carattere speciale (rivalutazioni monetarie).

Non sono trattate le rivalutazioni nell’ambito di bilanci straordinari redatti in occasione di operazioni straordinarie (es. fusioni, conferimenti, cessioni d’azienda o di rami d’azienda).

4.1 Le rivalutazioni previste da leggi speciali: le rivalutazioni monetarie

Riguardano le rivalutazioni previste e disciplinate da leggi specifiche, emanate allo scopo di consentire o obbligare le imprese a rivedere, ovvero ad aggiornare, i valori relativi ad alcune poste contabili, divenuti non espressivi per effetto della perdita di valore della moneta in misura consistente.

Queste rivalutazioni, chiamate appunto rivalutazioni monetarie, possono essere eseguite solo in virtù di apposita legge speciale.

Nel caso di rivalutazione monetaria delle partecipazioni immobilizzate bisogna distinguere tra:

a) rivalutazione di partecipazione immobilizzata eseguita a seguito della rivalutazione monetaria di beni da parte della società partecipata;

b) rivalutazione di partecipazione immobilizzata eseguita in assenza di rivalutazione di beni da parte della società partecipata.

Nel caso a) la rivalutazione effettuata dalla partecipata riguarda in genere in via prevalente le immobilizzazioni materiali, avvalendosi di perizie di esperti indipendenti [3].

Il valore rivalutato tende ad allinearsi al valore corrente dei beni, ma non può in ogni caso superare il valore d’uso degli stessi, come definito nel Documento n. 16 relativo a Le immobilizzazioni materiali tenuto conto degli effetti fiscali.

Per quanto riguarda la partecipazione, la rivalutazione può effettuarsi nei limiti della frazione del maggior valore del patrimonio netto della partecipata di spettanza della partecipante.

Nel caso b) la rivalutazione della partecipazione prevista dalle leggi speciali non è conseguente alla rivalutazione prevista da medesime leggi per i beni della società partecipata. La fattispecie in oggetto configura la situazione in cui il valore della partecipazione, dopo la rivalutazione, è superiore al valore del patrimonio netto contabile della partecipata.

In questa circostanza la rivalutazione della partecipazione è eseguibile per un importo non superiore alla frazione del maggior valore del patrimonio netto della partecipata che sarebbe derivato nel caso in cui la società partecipante avesse eseguito rivalutazione su beni rivalutabili a sensi della legge speciale. Nessun’altra ragione, ivi compresi eventuali maggiori corsi di borsa delle azioni, può giustificare l’anzidetto limite superiore.

L’eseguita rivalutazione deve avere contropartita contabile nella «riserva da rivalutazione monetaria»; inoltre l’effetto della rivalutazione deve essere evidenziato nella nota integrativa.

Nel caso in cui le leggi di rivalutazione prevedano la facoltà di mantenere la relativa riserva di rivalutazione in condizioni di sospensione d’imposta, se questa non viene distribuita e la tassazione è indipendente dall’alienazione dei cespiti a cui la rivalutazione si riferisce, le imposte sulla rivalutazione possono non essere stanziate nel bilancio della partecipata se gli amministratori prevedono che tale tassazione verrà posticipata indefinitamente. Qualora si verifichi un cambiamento di circostanze che modificano i piani originari e che determinano il pagamento delle imposte, esse vanno immediatamente stanziate in bilancio. Di tutto ciò bisogna dare evidenza nella nota integrativa della partecipante.

La riserva di rivalutazione può essere utilizzata per la copertura di perdite d’esercizio; come pure, qualora i beni oggetto di rivalutazione partecipino ancora al processo della produzione economica dell’azienda, per aumenti gratuiti di capitale.

4.2. Le rivalutazioni economiche

Le rivalutazioni economiche per principio generale sono vietate dalla disciplina civilistica.

Infatti il D.Lgs. n. 127/1991 di recepimento della IV Direttiva Comunitaria in Italia, non ha esercitato la facoltà concessa dall’art. 33 , punto c), in base alla quale le immobilizzazioni finanziarie nella formazione del bilancio d’esercizio possono essere iscritte al valore corrente.

5. LE INFORMAZIONI (COMPLEMENTARI) DA INSERIRE NELLA NOTA INTEGRATIVA

Le informazioni richieste negli artt. 2426 e 2427 c.c. devono essere integrate sul piano della tecnica, in applicazione di corretti principi contabili.

In tal senso la nota integrativa deve fornire le seguenti informazioni:

a) il criterio di valutazione adottato per le partecipazioni immobilizzate;

b) l’elenco delle partecipazioni (immobilizzate), possedute direttamente o per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, in imprese controllate e collegate, indicando per ciascuna la denominazione, la sede, il capitale, l’importo del patrimonio netto, l’utile o la perdita dell’ultimo esercizio, la quota posseduta, il valore attribuito in bilancio o il corrispondente credito, l’ammontare delle riserve di utili o di capitale soggetto a restituzioni o vincoli o in sospensione d’imposta;

c) i movimenti delle partecipazioni immobilizzate, specificando: il costo, le precedenti svalutazioni e rivalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenute nell’esercizio; le svalutazioni o le rivalutazioni effettuate nell’esercizio;

d) la composizione delle voci «proventi straordinari» e «oneri straordinari» del conto economico, quando il loro ammontare sia apprezzabile nel caso in cui tra queste siano compresi valori generati da partecipazioni immobilizzate;

e) l’ammontare dei proventi da partecipazioni (immobilizzate) di cui alla voce 15) del conto economico, diversi da dividendi;

f) gli ammontari significativi dei saldi e delle operazioni compiute con consociate;

g) l’eventuale restrizione alla disponibilità di partecipazioni (immobilizzate);

h) l’esistenza di diritti d’opzione, privilegi, ecc. …, su partecipazioni (immobilizzate);

i) la ragione per cui la partecipazione è iscritta in bilancio al costo allorché questo esprima un valore superiore alla corrispondente frazione del patrimonio netto della partecipata (nel caso in cui la partecipante non sia obbligata a redigere il bilancio consolidato), ovvero superiore a quello derivante dall’adozione del metodo del patrimonio netto (nel caso in cui la partecipante sia obbligata a redigere il bilancio consolidato), nonché la differenza tra il costo e il criterio di raffronto utilizzato;

l) le partecipazioni, con il relativo importo, che hanno costituito oggetto di cambiamento di destinazione e le relative ragioni;

m) se il cambiamento nella classificazione ha comportato, di riflesso, l’adozione di un criterio di valutazione diverso rispetto all’esercizio precedente, deve essere indicata l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico, ossia la differenza quantitativa originata dal cambiamento nella valutazione;

n) nel caso di «ripristino di valore» occorre indicare l’ammontare della ripresa di valore e la ragione;

o) nel caso di «perdita durevole» di valore della partecipazione (immobilizzata) le ragioni dell’adozione del valore inferiore al costo o al valore contabile precedente e gli elementi che hanno costituito base o riferimento per l’adozione del valore minore;

p) nel caso di eseguita rivalutazione monetaria su partecipazioni (immobilizzate) occorre indicare la legge relativa, l’ammontare della rivalutazione, il trattamento contabile della riserva da rivalutazione, i suoi utilizzi e le eventuali restrizioni all’utilizzo. Se la tassazione della riserva di rivalutazione è soggetta alla condizione sospensiva della sua distribuzione e la tassazione di tale riserva sia indipendente dall’alienazione dei cespiti ai quali la rivalutazione si riferisce, qualora non siano accantonate imposte, gli amministratori debbono dichiarare che la distribuzione sarà differita a tempo indefinito;

q) informazioni su operazioni di aumento di capitale (a pagamento o gratuito) deliberate dalla società partecipata, sue modalità, decisioni e conseguenze per la partecipante;

r) la indisponibilità, o meno, della riserva per azioni proprie in portafoglio e le relative ragioni;

s) l’ammontare degli utili o delle perdite derivanti da alienazione di azioni proprie e i conti nei quali questi sono rilevati.

6. INFORMAZIONI DA INSERIRE NELLA RELAZIONE SULLA GESTIONE

La relazione sulla gestione, in conformità al disposto dell’art. 2428 c.c., deve contenere le seguenti informazioni riguardanti le partecipazioni (immobilizzate):

a) l’andamento della società con riferimento all’attività svolta attraverso le società controllate, indicando i dati più significativi relativi agli investimenti, ai costi, ai prezzi;

b) i rapporti, in termini qualitativi e quantitativi (patrimoniali, finanziari ed economici), che si siano riflessi nel bilancio in modo esplicito, o meno, con le società controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime; in sintesi i rapporti con le società del «gruppo»;

c) informazioni concernenti le azioni proprie e/o della controllante acquistate o vendute, con l’indicazione dei corrispettivi e delle ragioni dell’acquisto o della vendita;

d) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie, sia delle azioni o quote di società controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente;

e) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie, sia delle azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell’esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni.

Sommario Principi contabili

Fonte: Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti

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